giovedì 13 gennaio 2011

Fisco municipale: le modifiche

Doppia aliquota per la cedolare secca ed altre novità

Cedolare secca al 23% per gli affitti a prezzi di mercato. Miniquoziente per le famiglie con figli a carico. Tassa di registrazione al 10% per chi accatasta in ritardo le case fantasma. Garanzie che sia lo stato a ripianare le perdite di gettito prodotte dalla cedolare secca.
Sono le modifiche principali, insieme all'introduzione di una compartecipazione Irpef da 4 miliardi e alla promessa di rimettere mano con un futuro provvedimento alla diatriba Tarsu/Tia, che il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, è pronto a introdurre al decreto attuativo sul fisco municipale. Ma vediamole in dettaglio.

La cedolare secca. Prima ancora di nascere l'imposta sugli affitti rischia di vedere duplicate le proprie aliquote. Per i contratti a canone concordato la soglia con cui tassare i redditi Irpef da locazione resterebbe al 20%; per quelli a canone libero passerebbe al 23 per cento. Un innalzamento che, tecnicamente, conta di limitare le possibili perdite di gettito. Quel 3% in più servirebbe a finanziare le detrazioni per gli inquilini con figli a carico. Per ragioni di progressività Calderoli ha proposto, inoltre, che il reddito da locazione tassato al 20 o 23% entri nel calcolo del reddito lordo Irpef da utilizzare per l'accesso agli altri sgravi fiscali.

Le altre novità. Regolarizzare le case fantasma oltre i termini o non farlo ed essere scovati costerà di più. Per incentivare i proprietari di immobili sconosciuti al fisco a far emergere il "nero" entro il termine del 31 marzo, è prevista per i ritardatari una tassa di registrazione del 10 per cento. Che si sommerà alle sanzioni inasprite dalla manovra estiva per gli inadempienti. Più avanti potrebbe arrivare il superamento dell'alternativa Tarsu/Tia attraverso una nuova tassa sui rifiuti basata sulla rendita catastale e non più sulla superficie.

Un confronto tra i sistemi vecchio e nuovo. Gli effetti dell'introduzione della cedolare secca sembrano favorire i titolari di redditi più alti a discapito di chi, invece, ha redditi più bassi.
Oggi, infatti, l'Irpef si paga sull'85% del canone in caso di contratto a libero mercato e sul 60,5% in caso di contratto "concordato". La cedolare secca, invece, benché più bassa e uguale per tutti, si paga sul 100% dei canoni. È quindi evidente che la cedolare secca avvantaggerebbe i redditi più alti, dove il vantaggio dell'abbattimento d'imponibile verrebbe comunque superato dall'abbassamento dell'aliquota.
Ecco, quindi, che che con il 27% di Irpef (redditi da 15mila a 28mila euro) il proprietario a canone libero va praticamente in pari, mentre chi ha un "concordato" ci perde. Ma il problema sparisce a partire dai redditi superiori ai 28mila euro (aliquota Irpef del 38 per cento).
Alzando l'aliquota della cedolare al 23% per i contratti a libero mercato si è reso più interessante il canone concordato (per i quali l'aliquota resta al 20%) che altrimenti nessuno avrebbe più scelto, dato che la convenienza fiscale sarebbe rimasta sempre e comunque a favore del "libero".
Un regime speciale è previsto per l'imposta di registro sui canoni di locazione: attualmente è del 2%, da dividersi a metà tra proprietario e inquilino. Il decreto sul federalismo prevede che continuerà a essere applicata sul contratti a libro mercato sino al 2014 mentre su quelli concordati sparirebbe da subito.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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