mercoledì 16 gennaio 2013

Agevolazioni prima casa: vendita dell'immobile prima del quinquennio


Se un contribuente ha acquistato un immobile con le agevolazioni "prima casa", lo ha rivenduto prima del decorso del termine di 5 anni e ha deciso di non riacquistarne un anno entro un anno, può richiedere, prima della scadenza di tale ultimo termine, la riliquidazione dell'imposta tramite apposita istanza da presentare all'Ufficio presso il quale è stato registrato l'atto di vendita dell'immobile per il quale si sia beneficiato delle agevolazioni in questione.

In tale istanza, in particolare, il contribuente dovrà manifestare espressamente la propria intenzione di non voler procedere all'acquisto di un nuovo immobile entro i 12 mesi, richiedendo appunto la riliquidazione dell'imposta assolta in sede di registrazione.


In questo caso, dovrà versare in particolare la differenza tra l'imposta pagata e quella dovuta e il relativi interessi, dopo che l'Ufficio avrà riliquidato l'atto di compravendita e avrà notificato appunto l'avviso di liquidazione dell'imposta dovuta e degli interessi calcolati a decorrere dalla stipula dell'atto di compravendita dell'immobile acquistato con l'agevolazione.

Non sarà, tuttavia, dovuta la sanzione del 30% delle imposte di registro e ipocatastali di cui alla Nota II-bis), art. 1, Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 26.4.1986, n. 131, proprio perché la dichiarazione del contribuente è stata presentata prima del decorso del termine di 12 mesi.

Se invece, la decadenza dalle agevolazioni "prima casa" sia avvenuto a causa dell'alienazione dell'immobile prima dei 5 anni senza riacquisto di un nuovo immobile entro 12 mesi e tale ultimo termine sia scaduto senza che il contribuente abbia presentato l'istanza di cui sopra, egli potrà comunque avvalersi del ravvedimento operoso di cui all'art. 13, D.Lgs. 18.12.1997, n. 472 con le modalità indicate dalla R.M. 31.10.2011, n. 105/E, ossia presentando apposita istanza all'Ufficio dell'Agenzia presso il quale è stato registrato l'atto di vendita dell'immobile, con la quale dichiara l'intervenuta decadenza dall'agevolazione e richiede la riliquidazione dell'imposta e l'applicazione delle sanzioni in misura ridotta.

(Risoluzione Agenzia Entrate 27.12.2012, n. 112)


Fonte: Il Sole 24 Ore

Le novità della nuova legge del condominio


LE PARTI COMUNI

Il nuovo art.1117 c.c. introduce una nuova elencazione delle parti comuni, che tiene conto anche dell'evoluzione tecnologica intervenuta dal 1942 a oggi.

Viene ora usata l'espressione “singole unità immobiliari” invece di “diversi piani o porzione di piano”o “se non risulta il contrario dal titolo” anziché l'espressione “se il contrario non risulta dal titolo” .

Inoltre – con riferimento ai “proprietari delle singole unità immobiliari” introduce la specificazione “anche se aventi diritto a godimento periodico”, con apparente implicito riferimento alle ipotesi della cosiddette multiproprietà immobiliare (cfr. art. 69 ss. D.Lgs. n. 206/2005, cosiddetto “Codice del consumo”, e succ. mod.).

Rimane invariata la struttura dell'articolo.

La novità è rappresentata dall'inserimento tra le parti comuni dei “pilastri”, ”travi portanti”, “facciate”.

Tali indicazioni sono indiscutibili, infatti i muri perimetrali delimitano esternamente il caseggiato, mentre la funzione portante è esercitata dai pilastri e dalle travi in conglomerato cementizio.

Al n. 2) viene compresa nell'elenco dei beni comuni l'ipotesi dei “sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune”: si tratta di una riproduzione di indicazioni già da tempo elaborati dalla giurisprudenza.

Per quanto concerne il punto 3) dell'art. 1117, da un lato viene modificata la dicitura di alcuni beni comuni (“gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento anziché gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e simili) e dall'altro vengono aggiunti gli impianti per “il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo anche da satellite o via cavo”.

IL SUPERCONDOMINIO

La nuova disciplina sul condominio viene estesa anche ai condomini complessi o supercondomini e ai condomini condomini orizzontali (ma non si aggiunge nulla di sostanziale rispetto ai risultati già acquisiti dalla giurisprudenza).

In particolare, seguendo la definizione normativa, la disciplina condominiale riformata si applica nelle seguenti combinazioni: più unità immobiliari autonome, per esempio villette o garage; più edifici condominiali; più gruppi di unità immobiliari autonome aventi ciascuno un'organizzazione condominiale, definiti condominii di unità immobiliari; più gruppi di edifici condominiali, definiti condominii di edifici.

Si deve però precisare che nei supercondomini quando i partecipanti sono complessivamente meno o pari a sessanta, come per il condominio, l'assemblea rappresenta l'organo sovrano di questa organizzazione ed è costituita dall'insieme dei condomini.

Al contrario, se in totale i condomini interessati sono più di sessanta, detto principio, per effetto della legge di riforma del condominio, non vale per l'assemblea relativa alla gestione delle parti comuni a più edifici o a più edifici condominiali: in tali casi, occorre che il singolo condominio, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell'edificio, designi il proprio rappresentante all'assemblea convocata per la gestione delle parti comuni e per la nomina dell'amministratore.

In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio.

Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine.

La diffida e il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.

LE MODIFICAZIONI DELLA DESTINAZIONE D'USO (ART. 1117-TER C.C. )

Nella nozione di innovazione rientra non solo l'opera nuova ma anche il mutamento della destinazione originaria di un bene comune.

Così per esempio la delibera assembleare di destinazione di aree condominiali scoperte in parte a parcheggio autovetture dei singoli condomini e in parte a parco giochi ha a oggetto un'innovazione diretta al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento della cosa comune.

Tale situazione deve essere tenuta distinta da quella disciplinata dall'art. 1117-ter (Modificazioni delle destinazioni d'uso) che sembra ammettere la possibilità che un bene/impianto comune possa essere “trasformato” fino a consentirne un uso completamente estraneo rispetto alla sua originaria destinazione oggettiva e strutturale.

Si tratta di situazioni in cui alcuni condomini possono subire diminuzioni dei loro diritti: ad esempio nel caso del condominio con accesso dal giardino che a seguito di delibera viene trasformato in piscina o campo da tennis.

Sembra si possa ritenere che la legge di riforma nell'art. 1117-ter si sia voluta riferire a diversi e maggiori interventi rispetto alle innovazioni di cui al comma 1 dell'art. 1120.

Questo viene confermato dalla maggioranza richiesta per approvare detti interventi (quattro quinti del valore dell'edificio, cioè, 800/1000, oltre a identica quantità di “teste”), così elevata da apparire “normalmente” irraggiungibile (quanto meno rispetto alle “presenze” ottenibili solitamente in assemblea).

LA TUTELA DELLE DESTINAZIONI D'USO (ART. 1117 QUATER C.C.)

La norma, di nuova introduzione (e collegata con il precedente ter), considera illegittime le attività dannose e/o pregiudizievoli sulla destinazione d'uso delle parti comuni e ne consente una tutela, azionabile dal singolo o dall'amministratore, tramite la convocazione dell'assemblea condominiale, al fine dell'adozione di una deliberazione inerente alla proposizione di un'eventuale azione giudiziaria a difesa degli interessi condominiali.

I DIRITTI DEI PARTECIPANTI SULLE PARTI COMUNI (ART. 1118 C.C.)

La nuova formulazione dell'art. 1118 conferma che nel condominio la disciplina delle parti comuni si fonda sul principio dell'indivisibilità e della loro inseparabilità.

In ogni caso si precisa che l'invariabilità dal dovere di partecipare ai costi di gestione si conserva anche nel caso di mutamento della destinazione d'uso.

Infine si ammette il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato alle seguenti condizioni:

1) il distacco non deve determinare squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.

2) il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese di manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

Al contrario il condomino rinunciante è esonerato, dal dover sostenere le spese per l'uso del servizio centralizzato.

Il legislatore della riforma quindi aderisce, all'interpretazione giurisprudenziale ormai consolidata che ammette tale distacco unilaterale, in via autonoma e diretta da parte del singolo, rimanendo inalterato l'obbligo di contribuire alla conservazione dell'impianto che rimane di comproprietà comune.

LE INNOVAZIONI (ART. 1120 C.C.)

La legge di riforma prevede, da un lato quorum meno severi sia per l'approvazione delle innovazioni in genere (maggioranza degli intervenuti all'assemblea e almeno i due terzi del valore dell'edificio) ammesse con solo limite posto dal successivo art. 1121 (non modificato), sia per le innovazioni d'interesse “sociale” (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio) riguardanti interventi diretti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, per l'eliminazione di barriere architettoniche (in modifica dell'art. 2, comma 1 legge n. 13/1989), per il contenimento del consumo energetico (in modifica dell'art. 26, comma 5 legge n.10/1991), per la realizzazione di impianti “verdi” (in modifica dell'art. 26,comma 2 legge n. 10/1991 per la realizzazione dei parcheggi pertinenziali (in modifica dell'art. 9, comma 3 legge n. 122/1989) e per l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva (in modifica dell'articolo 2-bis, comma 13 D.L. 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66 ) e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo.

Per le innovazioni di interesse sociale è prevista una particolare procedura di approvazione: infatti, l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato che deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti.

In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.

LE OPERE SULLE PARTI ESCLUSIVE (ARTT. 1122 – 1122-BIS – 1122-TER C.C.)

L'art. 1122 c.c. nella nuova formulazione conferma il divieto riferibile al singolo di porre in essere opere sulla proprietà esclusiva che determinino danni sulle parti comuni.

Viene però corretta la “rubrica” dell'art. 1122 c.c.
(che nel codice, prima della riforma era “opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune”) anche se, già da tempo la giurisprudenza aveva chiarito che tale articolo disciplina opere effettuate dal singolo condomino sulle parti esclusive.


L'art. 1122-bis, alla luce della legislazione vigente e dei chiarimenti dei giudici, riconosce il diritto individuale del condomino alla ricezione radio-TV con impianti individuali satellitari o via cavo e ne conferma la libera realizzazione, senza previo voto dell'assemblea, precisando l'obbligo di arrecare il minor pregiudizio possibile alle parti comuni e agli immobili di proprietà di altri condomini e prevedendo che, per la progettazione e l'esecuzione dell'impianto, i condomini siano comunque costretti a lasciare libero accesso alle loro proprietà individuali.

In ogni caso, deve essere rispettato il decoro architettonico dell'edificio.

L'art. 1122-bis aggiunge che è consentita anche l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato.

Per entrambe le ipotesi, sono previste anche alcune “protezioni” a favore degli altri condomini (quali, per esempio, la comunicazione all'amministratore delle modalità del realizzando intervento; la possibilità che l'assemblea “prescriva” alternative e/o “imponga” cautele “a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio”, e anche pretenda idonee garanzie per gli eventuali danni).

LA VIDEOSORVEGLIANZA (ART. 1122-TER C.C.)

La legge di riforma che togliendo ogni dubbio conferma come le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono possibili e possono essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

L'assemblea quindi può certamente deliberare di introdurre nuovi impianti volti a garantire i beni (comuni e individuali) della collettività condominiali (ma anche l'incolumità degli stessi condomini o loro familiari).

Ma, l'amministratore di condominio, munito della previa deliberazione assembleare, dovrà adottare tutte le cautele previste dal provvedimento generale del Garante della privacy in materia di videosorveglianza dell'8 aprile 2010 (Gazzetta Ufficiale 22 aprile 2010, n. 99).

In particolare gli adempimenti sono i seguenti:
- cartello informativo,
- stabilire tempi minimi di conservazione delle immagini (massimo 24 ore),
- individuare il personale che può visionare le immagini con atto di nomina di responsabile e incaricato del trattamento,
- chiedere al garante la verifica preliminare al garante nei casi previsti dal provvedimento generale.

IL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO

Per quanto riguarda il regolamento, le modifiche introdotte sono minimali e riguardano alcune integrazioni di semplice coordinamento con le altre “nuove” norme.

La legge di riforma si propone di risolvere le problematiche connesse alla pubblicità dei fatti condominiali, mai attuata, in parte per il venire meno dell'ordinamento corporativo su cui era imperniata, in parte per il difficile raccordo tra gli istituti condominiali e quelli inerenti i diritti reali.

Così è stato previsto che il regolamento approvato dall'assemblea la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (invariata) ed è allegato al registro indicato dal numero 7) dell'art. 1130, cioè al registro dei verbali delle assemblee.

In ogni caso è stato confermato un principio già espresso dalla giurisprudenza secondo cui il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto nei regolamenti condominiali assembleari approvati a maggioranza, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva.

Per le infrazioni al regolamento di condominio è possibile, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a 200 euro e, in caso di recidiva, fino a 800 euro (in precedenza euro 0,052).

LE TABELLE MILLESIMALI

Con la riforma arriva anche la semplificazione della revisione delle tabelle millesimali che di norma possono essere cambiate solo all'unanimità.

Tuttavia possono essere modificate a maggioranza semplice (maggioranza dei votanti e almeno 500 millesimi) nei seguenti casi:
- siano frutto di un errore;
- quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino.

Se si rende necessario un giudizio, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell'amministratore, il quale è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.

L'amministratore che non adempie a detto obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.

In ogni caso si chiarisce che dette disposizioni valgono per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali.

La legge di riforma della disciplina condominiale regolamenta in modo più specifico e accurato la figura dell'amministratore condominiale, anche se resta confermato che anche nuovo art. 1129 c.c. evidenzia espressamente come per la disciplina del rapporto contrattuale tra condominio e amministratore debba farsi riferimento alle norme sul mandato (Sezione I, Capo IX, Titolo III, Libro IV del Codice Civile).

Importanti le diverse innovazioni introdotte (che riguardano la riforma degli artt. 1129 e 1130 c.c., nonché l'introduzione del nuovo art. 1130-bis c.c. riguardante il “rendiconto e dell'art 71-bis disp. att.), relativamente all'amministratore di condominio, considerato che la disciplina del nuovo art. 1129 c.c. riguarda anche agli amministratori degli edifici di alloggi di edilizia popolare ed economica, realizzati o recuperati da enti pubblici a totale partecipazione pubblica o con il concorso dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni, nonché di quelli realizzati da enti pubblici non economici o società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica.

LA NOMINA

Secondo il nuovo art. 1129 c.c. l'obbligo della nomina dell'amministratore (che può essere svolta anche in forma societaria con l'indicazione in questo caso della denominazione sociale e della sede legale della società), superando la vecchia soglia numerica di quattro condomini di cui alla precedente versione dell'art. 1129 c.c., scatta soltanto alla presenza di più di otto condomini.

Ove manchi l'iniziativa dell'assemblea, la nomina dell'amministratore deve essere operata dall'autorità giudiziaria su ricorso anche di un solo condomino oppure dell'amministratore uscente.

Tuttavia, contestualmente all'accettazione della nomina e a ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore deve comunicare i propri dati (anagrafici, professionali, fiscali, o, se si tratta di società, la sede legale e la denominazione) e specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta.

Inoltre, deve precisare il luogo dove si trova i registri (dell'anagrafe condominiale, registro dei verbali dell'assemblea, registro di nomina e revoca dell'amministratore, registro di contabilità), nonché dei giorni e delle ore nelle quali ciascun condomino interessato può accedere a detti locali ed estrarre copia (firmata dall'amministratore) dei predetti documenti (previa richiesta a quest'ultimo e con rimborso della spesa).

L'assemblea, inoltre, potrà subordinare la nomina dell'amministratore alla presentazione di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del mandato (e se nel periodo del suo incarico l'assemblea deliberi lavori straordinari vi dovrà essere, contestualmente all'inizio dei lavori, l'adeguamento dei massimali che non deve essere inferiore all'importo di spesa deliberato).

Infine, per la sua nomina resteranno le regole attualmente previste, ossia la necessità che venga deliberata con il voto a favore della maggioranza dei partecipanti all'assemblea e almeno 500 millesimi.

I REQUISITI

Nel caso di necessità dell'amministratore necessario, sono previsti dalla legge di riforma nuovi requisiti di carattere personale (godimento dei diritti civili), requisiti morali (che non siano stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive ecc.), requisiti di carattere professionale (diploma di scuola superiore e aggiornamento professionale continuo).

Qualora l'amministratore venga nominato tra i condomini non occorre però né il diploma di scuola secondaria di secondo grado, né aver frequentato un corso di formazione iniziale, né svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

In ogni caso, per gli amministratori già nominati e operativi da almeno un anno nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della riforma della disciplina condominiale, sarà consentito lo svolgimento dell'attività di amministratore, anche in mancanza il diploma di scuola secondaria di secondo grado e corso di formazione iniziale (ma resta salvo l'obbligo di formazione periodica).

LA DURATA DELL'INCARICO

La durata del mandato dell'amministratore sarà di un anno, e la carica si intende automaticamente rinnovata per la stessa durata, se l'assemblea non decide altrimenti. L'amministratore resta comunque obbligato a presentarsi di fronte ai condomini ogni anno per avere la conferma del mandato.

GLI OBBLIGHI DELL'AMMINISTRATORE

Nel nuovo art. 1129 c.c. vengono introdotti una serie di nuovi e importanti obblighi (che si aggiungono a quelli sopra visti in occasione della nomina) in capo all'amministratore condominiale, che vanno quindi a integrare il contenuto base del contratto di mandato. In particolare si deve menzionare:
- Obbligo di affiggere le generalità dell'amministratore condominiale in un luogo di pubblico accesso o (in assenza dell'amministratore) il nome del condomino che si assume, volontariamente o su incarico degli altri comproprietari, l'onere di coordinare le attività necessarie alla gestione delle parti comuni: si tratta di dati utili per le emergenze sia in relazione alla Pubblica Autorità sia in relazione al terzo.
- Obbligo di aprire un conto corrente condominiale e di far transitare esclusivamente su quest'ultimo le entrate e le uscite condominiali: questa disposizione risponde a un'esigenza di elementare trasparenza nell'amministrazione delle somme di denaro di proprietà altrui. A detto conto corrente, che potrà essere sia bancario sia postale, avranno ovviamente diritto di accesso tutti i condomini (ma l'accesso dovrà comunque essere intermediato dall'amministratore.
- Obbligo di consegna della documentazione condominiale o di singoli condomini alla cessazione dell'incarico: viene ulteriormente ribadito, anche in sede normativa, l'obbligo dell'amministratore di passaggio delle consegne alla cessazione dell'incarico. Viene poi ulteriormente specificato che l'amministratore dimissionario resta comunque tenuto ad adottare eventuali interventi urgenti nell'interesse delle parti comuni anche dopo la cessazione dell'incarico, qualora non possa utilmente attivarsi il nuovo amministratore (ad esempio perché non ancora nominato dall'assemblea), senza diritto a ulteriore compenso.
- Obbligo di riscuotere le somme dovute dai condomini morosi: viene altresì introdotto l'obbligo dell'amministratore di riscuotere quanto dovuto dai condomini alle casse comuni entro il termine di sei mesi dalla chiusura dell'esercizio contabile nel quale è compreso il credito vantato (e in attesa che l'iter giudiziario faccia il suo corso, in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può intanto sospendere il condomino non in regola con i pagamenti dall'uso dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.
Detto obbligo va altresì correlato a quanto specificamente previsto in tema di morosità condominiale dall'art. 63 disp. att. c.c..

Nel caso in cui la morosità riguardi i rapporti con i fornitori (es. nel caso del mancato pagamento di una bolletta per il servizio di riscaldamento, o di una bolletta per i lavori straordinari), l'amministratore può comunicare direttamente ai creditori interessati che ne facciano richiesta, le generalità di chi non è in regola con i pagamenti.

I creditori in questo caso non possono agire nei confronti dei condomini in regola con i versamenti, ovvero sospendere il servizio fino al saldo delle fatture, ma sono prima tenuti a recuperare il credito, anche tramite decreto ingiuntivo, direttamente dai singoli condomini morosi.

LA REVOCA O CESSAZIONE DELL'INCARICO

Le legge di riforma ammette la revoca senza “giusta causa” dell'amministratore condominiale (cioè senza che sia necessaria alcuna motivazione (ma che obbliga al risarcimento del danno al professionista per interruzione del mandato) che può essere deliberata dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio.

Le novità riguardano però la revoca per “gravi irregolarità” che vengono ampiamente precisate in numerosi casi “tipici” (elencati nel “corposo” comma 12 del nuovo art. 1130 c.c.).

Occorre rilevare che nell'ambito delle gravi irregolarità rientrano non solo comportamenti dolosi da parte del professionista ma anche casi di semplice “colpa” : in queste ipotesi, l'amministratore non ha diritto al risarcimento e talvolta, al contrario, deve pagarlo lui.

A questo si deve aggiungere che per gravi irregolarità fiscali e per la mancata apertura o uso del conto corrente condominiale, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore; in caso di mancata revoca da parte dell'assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all'autorità giudiziaria e in caso di accoglimento della domanda per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.

Inoltre, importante l'integrazione consistente nel divieto per l'assemblea di procedere alla reiterazione della nomina di un amministratore già revocato dall'Autorità Giudiziaria.

Si rileva infine che la perdita dei requisiti civili e morali comporta la cessazione dall'incarico: in tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore.

LE ATTRIBUZIONI

Tra le attribuzioni dell'amministratore ex art. 1130 si può evidenziare l'obbligo di convocazione annuale dell'assemblea per la presentazione del rendiconto ed il dovere per l'amministratore di eseguire gli adempimenti fiscali.

Richiederà un particolare impegno l'obbligo di curare il registro dell'anagrafe dei condomini, con specificazione del relativo contenuto e previsione di obblighi a carico dei condomini finalizzati ad un continuo aggiornamento dei dati trattati;

allo stesso modo comporterà un incremento di attività la cura della tenuta del registro dei verbali, contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale, residenza o domicilio, dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza; ogni variazione di tali dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni: in caso contrario l'amministratore richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie e decorsi trenta giorni, nel silenzio dell'interessato, acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili.

Infine, sono da segnalare:

- la previsione della tenuta di alcuni registri, indicati in quello della “nomina e revoca dell'amministratore”, e in quello di “contabilità” (relativo, quest'ultimo, ai “movimenti” giornalieri, con possibilità dell'adozione di modalità informatizzate);

- l'obbligo di conservazione di tutta la documentazione inerente alla gestione del condominio, comprensiva di quella attestante le condizioni tecnico/amministrative dell'edificio;

- il dovere di fornire al singolo condomino che ne faccia richiesta le opportune “attestazioni” in ordine allo stato dei pagamenti e delle pendenze giudiziali;

- la previsione del termine di 180 giorni per la prestazione del rendiconto annuale.

IL RENDICONTO CONDOMINIALE (ART. 1130-BIS C.C.)

L'art. 1130-bis c.c., nel prevedere finalmente una disciplina specifica per la rendicontazione dell'amministratore di condominio, prevede ora un rendiconto condominiale annuale che dovrà contenere una serie di specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell'amministratore da parte di ogni condomino. In particolare, si prevedono come elementi imprescindibili del rendiconto: il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e una relazione accompagnatoria, esplicativa della gestione annuale, con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.

L'assemblea, inoltre, potrà, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio.

La nuova disposizione codicistica specifica che i condomini e i titolari di diritti di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese.

Le scritture e i documenti giustificativi devono quindi essere conservati dall'amministratore per dieci anni dalla data della relativa registrazione.

IL CONSIGLIO DI CONDOMINIO

Viene confermato quanto spesso previsto nei regolamenti condominiali e cioè la possibilità per l'assemblea condominiale di nominare a fini consultivi e di controllo contabile un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini (se le unità immobiliari sono più di dodici).

L'ARTICOLO 1131 C.C.: UN PROBLEMA ANCORA APERTO

Il legislatore ha lasciato invariato l'art. 1131 c.c., sottraendosi così a un necessario chiarimento sul funzionamento della cosiddetta legittimazione processuale (attiva e/o passiva) attribuita all'amministratore.

L'ASSEMBLEA CONDOMINIALE

Le attribuzioni e il funzionamento di tale “organo” rimangono sostanzialmente gli stessi.

Con la riforma diventa possibile ex art 66 disp att. c.c. la convocazione (che deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione) anche via fax o tramite posta elettronica certificata (oltre che con posta raccomandata o consegna a mano) purché arrivi almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione: in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile su istanza dei dissenzienti o assenti (non ritualmente convocati).

Vengono comunque risolte due questioni da sempre molto controverse, vale a dire la possibilità di delega data all'amministratore, e il numero massimo di deleghe ammesse per ciascun partecipante all'assemblea.

Nel primo caso viene esclusa espressamente la possibilità di delega all'amministratore da parte di un condomino, qualunque sia l'argomento all'ordine del giorno.

Per quel che riguarda invece la seconda questione, viene stabilito un tetto massimo quando i condomini sono più di venti; in questa situazione ciascun delegato non potrà singolarmente rappresentare più di un quinto dei condomini e dei millesimi.

I QUORUM PER LA VALIDITÀ (ART. 1136 C.C.)

Il quorum costitutivo previsto per l'assemblea in prima convocazione, in base al vecchio testo dell'art. 1136, comma 1, c.c., era di due terzi del valore dell'intero edificio e di due terzi dei partecipanti al condominio.

La nuova formulazione del comma 1 del nuovo art. 1136, pur mantenendo il requisito dei due terzi del valore dell'intero edificio, ha invece abbassato il secondo quorum richiesto che è quello della maggioranza dei partecipanti al condominio.

Nulla prevedeva, invece, l'art. 1136 c.c. in merito al quorum costitutivo necessario per l'assemblea in seconda convocazione e per le altre ipotesi previste nei commi successivi del medesimo articolo.

Il nuovo art. 1136 c.c. specifica ora in modo espresso che il quorum costitutivo dell'assemblea in seconda convocazione è pari a un terzo del valore dell'intero edificio e a un terzo dei partecipanti al condominio.

Il legislatore ha poi modificato anche il quorum deliberativo dell'assemblea in seconda convocazione.

Fino a oggi una deliberazione assunta in seconda convocazione sarebbe stata valida solo ove avesse riporto un numero di voti che rappresentasse il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio, d'ora in avanti la stessa potrà essere approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio.

Ampliato il novero delle materie per le quali il comma 4 dell'art. 1136 c.c. prevede un quorum deliberativo speciale (nomina e revoca dell'amministratore, liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore, deliberazioni concernenti la ricostruzione dell'edificio e le riparazioni straordinarie di notevole entità, deliberazioni di cui agli artt.1117-quater c.c. (tutela delle destinazioni d'uso), 1120,comma 2 c.c. (innovazioni di interesse sociale, eliminazione barriere architettoniche, parcheggi, impianti “verdi” ecc.), 1122-ter c.c. (impianti di video sorveglianza sulle parti comuni) e 1135, comma 3 c.c. (lavori di manutenzione straordinaria), per le quali continua ad applicarsi il quorum deliberativo di cui al comma 2 dell'art. 1136 c.c. (sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio).

Abbassati i quorum deliberativi per quanto riguarda tutte le altre tipologie di innovazioni (artt. 1120 e 1122-bis c.c. nel nuovo testo introdotto dalla riforma della disciplina del condominio), richiedendo l'approvazione dell'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti (e non più la maggioranza dei partecipanti al condominio) e almeno i due terzi del valore dell'edificio.

L'IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI (ART. 1137 C.C.)

L'art. 1137 c.c. relativo alla disciplina dell'impugnazione davanti all'Autorità Giudiziaria delle decisioni assembleari da parte del singolo condomino che ne assume l'invalidità è stato leggermente modificato.

In particolare, la riforma estende tale facoltà di contestazione, oltre al dissenziente e all'assente, anche al condomino che, presente alla riunione, si è semplicemente “astenuto” (omettendo di esprimere sia un voto favorevole, sia contrario), precisando che, per quest'ultimo soggetto, il termine decadenziale (sempre di trenta giorni) decorre, ovviamente, dal momento della riunione.

In relazione a questo un'ulteriore integrazione alla normativa già vigente è contenuta nell'ultimo comma del nuovo testo ove viene precisato che “l'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione” e che per detta richiesta di “sospensione” si applicano le norme relativi ai procedimenti cautelari (libro IV, titolo I, capo III, sezione I, codice di procedura civile), con implicito riferimento alla giurisprudenza che da tempo ne aveva affermato un'identica natura.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Sì agli animali domestici in condominio



La legge 220/2012, di riforma del condominio, distingue tra animali domestici ed esotici, affermando la piena libertà di possedere o detenere (per conto di altri) i primi come i gatti, i cani, i criceti, i conigli ecc., estromettendo di fatto la previsione di poter tenere in appartamento i secondi come i serpenti e anche i felini. Rimane la piena responsabilità del proprietario relativamente al controllo e alla custodia del proprio animale soprattutto nelle parti comuni.


L'art. 1138 cod. civ., riformulato

La norma, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 dicembre 2012 entrerà effettivamente in vigore il 18 giugno 2013, quindi da quella data il regolamento condominiale non potrà più vietare di possedere o detenere animali domestici in condominio.

Una famiglia su quattro in Italia possiede un animale domestico. Gli animali che vivono in appartamento nel nostro Paese sono circa 45 milioni, dei quali la maggior parte sono cani, seguiti subito dopo dai gatti, poi dai volatili, pesci e roditori.

Il termine domestico ha preso il posto del termine da compagnia inizialmente adottato dal Senato prima degli emendamenti e della sua riformulazione alla Camera, in quanto questa ultima definizione veniva considerata “a rischio”, ovvero un po' troppo ampia, per cui vi era il rischio che per l'appunto il serpente, l'iguana oppure il felino potessero rientrare in questa categoria.

Ma il problema non è stato completamente risolto.

Infatti anche la definizione di animale domestico non trova corrispondenza nei libri o nei trattati giuridici e, quindi, per comune sentire, anche il porcellino o la gallina potrebbero essere considerati tali e, quindi, detenuti legittimamente in condominio.

La ripercussione della norma sui regolamenti esistenti

Questa nuova previsione normativa è stata inserita in base al principio che non deve essere limitato il diritto del proprietario di disporre come crede del proprio bene. Ma è pur vero che un regolamento di natura contrattuale, ovvero approvato con il consenso unanime di tutti i condomini o accettato, sottoscritto e allegato ai singoli atti di compravendita, può imporre vincoli anche sull'uso della proprietà individuale.

In mancanza di una norma transitoria che disciplini i rapporti in essere, la nuova disposizione legislativa trova applicazione solo dal momento in cui entra in vigore, lasciando immutato tutto quanto a essa preesistente. In sintesi, in relazione all'efficacia della legge nel tempo, vige il principio della irretroattività della legge, ossia «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo» (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile) per cui i rapporti sorti anteriormente alla riforma continuano a mantenere validità ed efficacia.

Ciò significa che un regolamento di natura contrattuale che sia stato redatto ante riforma e che preveda il divieto di possedere animali in condominio continuerà a essere valido ed efficace nei confronti dei condomini anche successivamente all'entrata in vigore della nuova legge, a meno che non venga modificato col consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio.

Diversa considerazione pare, invece, avere il divieto contenuto in un regolamento di natura assembleare.

Se, infatti, i proprietari possono prevedere, in applicazione delle facoltà derivanti dal generale principio di “autonomia contrattuale” ex art. 1322 cod. civ., delle regole in grado di comprimere i diritti dei singoli sulle parti di loro esclusiva proprietà ( regolamento contrattuale), lo stesso non può dirsi per quei regolamenti di natura assembleare, ovvero codicistici che, come tali, devono rispettare i dettami contenuti dall'art. 1138 cod. civ., ovvero limitarsi a disciplinare l'uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese, la gestione e la tutela del decoro architettonico dell'edificio e dell'amministrazione dello stabile.

Un regolamento di siffatta natura potrà quindi disciplinare e regolare la gestione del fabbricato e l'utilizzazione dei suoi beni e degli impianti comuni in esso ricompresi, ma non può disporre delle regole che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai singoli condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà.

Quanto sopra espresso ha trovato pieno accoglimento nella giurisprudenza sia di merito che di legittimità (cfr. Cass. civ., sent. n. 3705/2011; sent. n. 13164/2001 e sent. n. 12028/1993) che, nel corso di questi anni, proprio per le ragioni appena esposte, hanno negato validità al divieto di detenere o possedere animali domestici contenuti nei regolamenti di natura assembleare.

In ogni caso, il regolamento di natura assembleare può essere modificato con la maggioranza stabilita dell'art. 1136, comma 2, cod. civ., ovvero con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Sembra proprio che la nuova disposizione che impone il divieto di vietare (consentite il gioco di parole) di possedere un animale domestico in condominio sia stata decisa in virtù del fatto che, nel tempo, il cane o il gatto hanno assunto un ruolo fondamentale nella vita di relazione e di realizzazione dell'essere umano, inteso anche come qualità della vita, riconoscendo agli stessi un preciso valore per la società. Questo diritto a possedere un animale diventa ora un diritto costituzionalmente garantito e, come tale, inviolabile.

Resta comunque il problema della tutela della salute dei condomini che soffrono di allergie o magari di gravi forme di asma provocate dalla vicinanza o dal contatto con gli animali di proprietà dei condomini ai quali la legge consente ora la piena detenzione senza più alcun divieto.

Pur con l'ingresso di questa nuova previsione legislativa, chi possiede un animale continuerà probabilmente a non avere vita facile in condominio.


Fonte: Il Sole 24 Ore