giovedì 21 luglio 2011

Allarme Istat: la povertà aumenta "Otto milioni di italiani in bilico"


Situazione allarmante che rischia di peggiorare : i dati ISTAT si riferiscono al 2010

il 13,6% della popolazione vive con 900 euro mensili (per due persone) e sale al 4,6% la percentuale delle famiglie che non hanno più i mezzi per assicurarsi beni e servizi essenziali per vivere dignitosamente. Il Sud più in difficoltà con Basilicata, Sicilia e Calabria.

Sono 8 milioni e 272.000 le persone povere in Italia, il 13,8% dell'intera popolazione. 

E' quanto fa sapere l'Istat, aggiungendo che nel 2010 le famiglie in condizione di povertà relativa erano 2 milioni e 734 mila, l'11% delle famiglie residenti. 

L'Istituto spiega che si tratta di quelle famiglie che sono cadute al di sotto della linea di povertà relativa, che per un nucleo di due componenti è pari ad una spesa mensile di 992,46 euro. 

Nel complesso, il 18,6% dei nuclei familiari italiani sono poveri (11%) o quasi poveri (7,6%).

Il dato che più fa paura è comunque quello che riguarda le famiglie che risultano in condizioni di povertà assoluta: sono un milione e 156.000, il 4,6% di quelle residenti nel paese, per un totale di 3 milioni e 129.000 persone, il 5,2% della popolazione.

L'Istat spiega che sono considerate assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore a quella minima necessaria per acquisire l'insieme di beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. Si tratta, quindi, spiega l'Istituto dei "più poveri tra i poveri".

Anche tra le famiglie non povere esistono poi gruppi a rischio di povertà; si tratta delle famiglie con spesa per consumi equivalente superiore, ma molto prossima, alla linea di povertà: il 3,8% delle famiglie residenti presenta valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre il 10%, ma questa quota che sale al 6,7% nel Mezzogiorno. 

Le famiglie "sicuramente" non povere, infine, sono l'81,4% del totale, con percentuali che passano dal 90,2% del Nord, all'87,9% del Centro e al 64,1% del Mezzogiorno.

L'Istat rileva una sostanziale stabilità del fenomeno, sia relativo che assoluto, a rispetto al 2009, ma anche un peggioramento per alcune fasce della popolazione. 

Al Sud, ad esempio, quasi una famiglia numerosa su due è povera. I dati indicano infatti che la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), specie se i figli sono piccoli; tra quelle con membri aggregati, ad esempio quelle dove c'è un anziano che vive con la famiglia del figlio (dal 18,2% al 23%), e di monogenitori (dall'11,8% al 14,1%). 

E la condizione delle famiglie con membri aggregati peggiora anche rispetto alla povertà assoluta (dal 6,6% al 10,4%). In particolare, fa notare l'Istituto, nel Mezzogiorno l'incidenza di povertà relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010 tra le famiglie con tre o più figli minori. Quindi, quasi la metà di questi nuclei vive in povertà relativa.

Dal punto di vista geografico, le regioni più povere sono Basilicata (28,3%), Sicilia (27%) e Calabria (26%). 
Nel Mezzogiorno, il fenomeno ha un'intensità del 21,5% e la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere scende a 779 euro. 
Nel Nord e nel Centro i valori sono più alti - 809,85 e 793,06 euro rispettivamente - nonostante l'aumento dell'intensità osservato tra il 2009 e il 2010 (dal 17,5% al 18,4% nel Nord e dal 17,4% al 20,1% nel Centro) a causa della recessione. 
La Lombardia e l'Emilia Romagna sono le regioni con i valori più bassi dell'incidenza di povertà, pari al 4,0% e al 4,5% rispettivamente. 
Si collocano su valori dell'incidenza di povertà inferiori al 6% l'Umbria, il Piemonte, il Veneto, la Toscana, il Friuli Venezia Giulia e la provincia di Trento.

Lo studio conferma il legame della povertà con il basso livello di istruzione e con la presenza (e la qualità) dell'occupazione: la diffusione della povertà tra le famiglie con a capo un operaio o assimilato (15,1%) è decisamente superiore a quella osservata tra le famiglie di lavoratori autonomi (7,8%) e, in particolare, di imprenditori e liberi professionisti (3,7%).

Fonte : Istat, La Repubblica.it

Rischio IRPEF sulla prima casa dal 2014

Rischiano di pagare di nuovo l'Irpef prima casa 24 milioni di italiani 

Da dieci anni il tributo era stato cancellato. Vediamo allora da Milano a Palermo come rinascerà l'imposta. 

I costi aggiuntivi raggiungono anche i cento euro e potrebbero ulteriormente salire se aumenteranno gli estimi catastali .

Per 24 milioni gli italiani rischia di scattare il ritorno dell'Irpef sulla prima casa. 



Una manovra poco gradita ai più che ha provocato anche una decisa presa di posizione da parte di alcuni parlamentari che hanno giudicato l'Irpef sull'abitazione principale "iniqua e regressiva" e che hanno puntato l'indice anche sugli altri appesantimenti della norma taglia-agevolazioni fiscali a cominciare dalla tassazione dei contributi pensionistici e sociali obbligatori che rischierebbero di essere oggetto di una doppia imposizione.

Contestazioni sull'appesantimento della tassazione sulla casa, che costringerà i proprietari a pagare le tasse sul 20 per cento del valore catastale, anche da Confedilizia e Sunia. 



"La manovra è un massacro", denuncia il sindacato degli inquilini che, oltre a temere per il ritorno dell'Irpef sulla prima casa, evidenzia i rischi per le agevolazioni fiscali previste per chi vive in affitto.

Così ora tutti guardano con timore alla cosiddetta "clausola di salvaguardia" contenuta nella manovra da 48 miliardi varata nei giorni scorsi che prevede un taglio delle agevolazioni fiscali, detrazioni e deduzioni, del 5 per cento nel 2013 e fino al 20 per cento nel 2014.



Il meccanismo  è già legge dello Stato ed entrerà in vigore se non sarà varata la riforma del meccanismo delle agevolazioni.

Tra le agevolazioni, quella più in vista è probabilmente proprio la deduzione integrale della rendita catastale dell'"unità immobiliare adibita ad abitazione principale", ovvero della prima casa, e delle relative pertinenze. 

Oggi, grazie ad una norma del 2001, la rendita catastale relativa (tariffa d'estimo della zona relativa per numero dei vani rivalutata del 5 per cento) non concorre a formare l'imponibile Irpef. 


Ma ritornerà nel 2014. Forse.

E proprio in vista del 2014 si fanno i primi conti sulla futura spesa sulla casa che torna dopo dieci anni e che potrebbe essere ancora più pesante se alcuni Comuni aumenteranno gli estimi catastali. 



Per fare un esempio il signor Rossi, che vive a Roma, in una abitazione media e ha un reddito medio di 50 mila euro, il costo della maggiore imposta sarà di 82,8 euro ogni anno.

Il signor Bianchi invece, che vive a Milano ed ha lo stesso reddito verserà all'erario un assegno di poco inferiore, pari a 78,3 euro. 



Solo al Sud l'impatto sarà minore: infatti il cittadino, signor Verdi, che guadagna lo stesso reddito dei suoi colleghi del Centro Nord, e vive a Palermo, dovrà pagare solo 37,6 euro di Irpef in più.

Da Nord a Sud comunque, la maggior spesa si farà sentire anche per le fasce per le fasce di reddito più contenute. 



Un proprietario di un appartamento medio di Torino ad esempio, che percepisce un reddito lordo di 25 mila euro l'anno, dovrà dovrà pagare 39 euro. Un  impiegato o piccolo artigiano invece, di Genova, pagherà 61 euro, mentre a Bologna lo stesso contribuente spenderà 69,4 euro. 
Tutte per l'Irpef sulla prima casa. 


Al sud infine, per le stesse fasce di reddito, l'incidenza sarà minore. A Napoli infatti, il proprietario medio pagherà 33,8 euro in più, a Bari 43,8 euro in più e a Palermo 26,7 euro.


Fonte : La Repubblica.it


mercoledì 20 luglio 2011

Inchiesta di Altroconsumo sulle agenzie immobiliari


Inchiesta "poco veritiera" di Altroconsumo sulle agenzie immobiliari in Italia

E' di questi giorni l'inchiesta che ha coinvolto 170 agenzie immobiliari e che Altroconsumo pretende di spacciare come una realtà valida a livello nazionale. Dopo le proteste delle tre Federazioni di agenti immobiliari FIAIP, FIMAA e ANAMA vi dico anche la mia.

E' molto facile fare una inchiesta, necessariamente parziale, e spacciarla per verità assoluta come la fotografia di un intero settore di professionisti. come in tutti i settori ci sono i professionisti bravi e seri e quelli non bravi, non seri e tanto meno affidabili.

Il problema dei costi e degli incarichi è un falso problema in quanto se un cliente è stato servito bene se è una persona seria, non andrà poi a contestare né l'incarico che ha firmato né la provvigione che ha pagato.
Certo è che le clausole degli incarichi, così come le provvigioni, possono essere trattati e concordati tra le parti.
Piuttosto il problema secondo me è quello dell'abusivismo che dilaga ormai da tempo in questo come in altri settori.
Sempre più spesso infatti il cliente rischia di trattare con gente o totalmente irregolare oppure con gente che lavora in agenzia ma non ha la minima abilitazione a svolgere questo lavoro.
E' come farsi seguire una causa da una segretaria dello studio legale oppure farsi operare di calcoli da un'inserviente, lo fareste voi?
No? 

Bene, allora pretendete sempre di trattare con un "vero" agente immobiliare, facendovi mostrare le sue credenziali o iscrizioni in CCIAA. 

Chi comunque ha fatto il corso e passato l'esame ha comunque un attestato e spesso ancora il famoso "patentino".
Nelle agenzie più grandi o nei franchising chiedete sempre di essere seguiti personalmente dai titolari e trattate sempre e solo con loro se non c'è altro personale abilitato.
Parlate con più agenzie e confrontate le cose che vi vengono dette, non fermativi solo davanti alla vetrina del "più ricco e famoso" oppure quello che ha l'"ufficio più bello" spesso sono solo specchietti per le allodole e non garanzie di una maggiore professionalità.
Per controllare chi "sa" fare il suo mestiere chiedete la stessa cosa (dubbi tecnici, legali o altro) a più agenti immobiliari e vedete le risposte che vi danno...
Con un pò di buona volontà non è difficile capire chi conosce il suo mestiere e chi "fa finta di conoscerlo"...
Le inchieste, come sempre, lasciano il tempo che trovano ma scoprire quali sono i professionisti seri sulla piazza si può e si "deve" per salvaguardare i professionisti seri.
Piuttosto vorrei rivolgere un invito ad Altroconsumo che pensa sempre di fare scoop puntando il dito contro questo o quello: visto che vi atteggiate tanto a difesa del consumatore finale adoperatevi per fare in modo che vi siano maggiori controlli e tutele per l'accesso alla professione.
Dite no alle liberalizzazioni che consentirebbero di fare l'agente immobiliare a cani e porci portando in Italia ciò che è successo in Spagna: abusivismo, truffe e cause legali a non finire.
E' molto facile lanciare il sasso e ritirare la mano ma l'lItalia e gli italiani non hanno bisogno di questo ma di tutele e garanzie e queste si ottengono solo facendo leggi più severe non blaterando contro la provvigione o gli incarichi in esclusiva.
Il cliente ha sempre una possibilità di scelta!


martedì 19 luglio 2011

L'80% per cento circa delle famiglie italiane possiede la casa in cui vive

Il rapporto Immobili in Italia presentato ieri a Roma

Gli immobili in affitto d
iminuiscono di 140mila unità, mentre aumentano di un milione quelli «a disposizione». E inoltre: un quarto del valore totale delle abitazioni in Italia è in mano al 5% dei proprietari «più ricchi», mentre il 50% dei «più poveri» possiede solo il 18,7% del valore immobiliare. Quest sono alcuni dati che emergono dal rapporto «Gli immobili in Italia», giunto alla sua seconda edizione e presentato ieri a Roma da Gabriella Alemanno, direttore dell'agenzia del Territorio, e Fabrizia Lapecorella, direttore generale delle Finanze, il cui dipartimento ha collaborato allo studio (con la partecipazione di Sogei).

Il 79,1% delle famiglie è proprietaria dell'abitazione in cui vive
Gli italiani credono 
ancora nel mattone. Le famiglie risultano infatti proprietarie dell'abitazione in cui risiedono nel 79,1% dei casi. Una percentuale che schizza all'85% al Sud; in linea con il dato nazionale il Centro (79%) e più in basso il Nord (75,6%). I dati dipendono, secondo il dossier, alla maggiore presenza nel Meridione e nelle Isole di seconde case di villeggiatura, non necessariamente di proprietà di famiglie meridionali. I proprietari sono inoltre quasi tutti adulti: solo il 4% degli under 30 ha infatti un immobile intestato. 
lo spazio a disposizione è in media di 60 metri quadri a testa, mentre l'abitazione tipo ha una superficie di 115 metri quadri.


Dimiuiscono le case in affitto ma aumentano quelle a disposizione
Il rapporto, che si riferisce all'anno di imposta 2009, evidenzia che sono solo il 9,6% del totale gli immobili locati: il 5% in meno rispetto alla rilevazione dello scorso anno (sul 2008), corrispondente a un calo di circa 140mila unità. Sono aumentati invece di quasi un milione quelli "a disposizione", dalle "seconde case" a quelle sfitte. 
Per quanto riguarda le abitazioni, risultano affittate quasi 2,6 milioni di unità, mentre nel complesso sono 4,5 milioni i soggetti (persone fisiche) che risultano titolari di un contratto di locazione. 
Inoltre solo il 10% dei canoni più elevati supera i mille euro al mese, mentre il 50% di quelli più bassi è al di sotto dei 350 euro mensili.

Sono oltre 59 milioni gli immobili censiti
Gli immobli censiti sono stati oltre 59 milioni, con una rendita catastale attribuita di circa 33,5 miliardi di euro. Il 56% sono abitazioni, alle quali si aggiunge un 36,2% di pertinenze residenziali (cantine, locali di deposito, box e posti auto). Il valore complessivo del patrimonio residenziale (tra abitazioni e pertinenze) di proprietà di persone fisiche, enti e società, è invece fissato in 6.335 miliardi di euro. Solo il 7,9% inoltre, non appartiene al settore residenziale, una quota alla quale però corrisponde il 47,2% della rendita complessiva. Da notare che un quarto del valore delle abitazioni, secondo lo studio, è in mano a un 5% di proprietari "più ricchi", mentre il 50% dei "più poveri" possiede solo il 18,7% del valore delle case.

Avanti con l'integrazione delle banche dati
"Il progetto di banca dati integrata immobiliare – ha detto Lapecorella - ha assunto un ruolo centrale nel sistema di gestione della fiscalità, arricchendo e valorizzando l'enorme patrimonio informativo dell'amministrazione finanziaria". Sulla stessa linea Alemanno, che ha sottolineato come le analisi svolte "incidano in modo significativo sul miglioramento dell'informazione economica relativa al mercato immobiliare" e come l'agenzia del Territorio si muova verso "l'attivazione dell'Anagrafe immobiliare integrata e la creazione di servizi a maggiore fruibilità".

Fonte: Agenzia del Territorio, Il Sole 24 Ore

lunedì 18 luglio 2011

L'Italia è morta W l'Italia

Come distruggere l'Italia facendo finta di salvarla


Da ragazzina ero molto contenta di essere italiana.
Il mio paese mi piaceva molto e rispetto agli altri paesi era decisamente migliore : aveva più storia, più arte, città più belle, cucina più buona, spiagge più belle e così via.
Poi sono cresciuta ed ho cominciato a vedere e capire che il "Bel Paese" in realtà non era poi così bello e che, sicuramente, le cose negative superavano quelle positive.


Ora ho cinquant'anni suonati, una laurea in Economia e Commercio ed oltre 25 anni di lavoro sulle spalle, durante i quali pensavo di aver visto il peggio di questo Paese.


Mi sbagliavo.


Il peggio doveva ancora venire.


Mi riferisco all'episodio più recente, ma non unico sicuramente, che dimostra quanto ormai questo Paese sia allo sbando ed in mano a persone prive di qualunque capacità a svolgere il proprio lavoro.


Il Decreto Sviluppo recentemente varato dal Governo avrebbe, secondo me, dovuto chiamarsi, più precisamente Decreto Distruzione.


Tutta Italia si rende conto, laureati e non naturalmente, che gli italiani non hanno più soldi. Ogni giorno chiudono i battenti nuove aziende e sempre più persone si ritrovano disoccupate dall'oggi al domani e a momenti senza neanche più soldi per mangiare.


Tutti vedono gli extracomunitari davanti ai supermercato che allungano il cappello spesso in modo anche arrogante. Perché vogliono soldi, e lo fanno da sempre perché gli hanno detto che in Italia si può vivere alle spalle degli altri senza lavorare, e tutti poi dicono "Oh poverini quanto fanno pena!".
Ma quelle stesse persone, così compassionevoli, perché poi fanno finta di non vedere nei negozi di alimentari, o di frutta e verdura, i pensionati che passano la sera a cercare prodotti in scadenza o in rimanenza per risparmiare qualcosa perché non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese?


Io lavoro nel settore immobiliare da diversi anni e da molto tempo ormai vedo il mercato sempre più asfittico ed ingessato. 
E precisamente dall'inizio del 2007, chissà com'è!, ma forse la data vi ricorda qualcosa...
I giovani hanno sempre più spesso lavori precari e senza soldi non riescono né a comprare la casa né ad affittarla. 
Le banche finanziano solo, bontà loro, chi non ha bisogno di soldi. 
I genitori che a volte utilizzavano la liquidazione per dare una mano ai figli ora non riescono più neanche ad andare in pensione figuriamoci se possono pensare di utilizzare la liquidazione!


E' calato quindi, dovunque e per chiunque, tranne i famosi ricchi che se ne fregano delle crisi, il potere di acquisto degli italiani. 


Ed in questa situazione il nostro governo cosa fa? Aumenta le tasse, toglie le agevolazioni, aumenta i bolli, ripristina i ticket e via discorrendo. In una parola cerca di prendere soldi da chi già non ne può più.


In pratica quelli che sono già poveri, ed aumentano di giorno in giorno, diventeranno sempre più poveri e presto quelli che vivono di pensione minima in Italia, non riusciranno più neanche a comprarsi il pane ed il latte.


Chiunque, tranne il nostro governo a quanto pare, è in grado di capire che se uno i soldi non li ha e gli aumenti le spese o gli togli le poche agevolazioni rimaste (solo fiscali e su uno stipendio regolarmente percepito e soprattutto sudato, niente a che vedere con le auto blu o simili) si ritrova con sempre meno soldi in mano.


Le nostre aziende sono in crisi, ma perché sono in crisi? Perché la gente non compra. Già ma come fa a comprare senza soldi?


Ci sono illustri esempi in Europa, ma anche nel resto del mondo, dove per combattere crisi economiche di questo genere, si cerca di incentivare i consumi in tutti i modi: agevolando gli acquisti, concedendo sgravi fiscali per particolari tipologie di acquisto e così via. Solo così, la gente può essere invogliata ad acquistare ed il sistema economico può ripartire.


Se la gente compra le aziende non vanno in crisi, non licenziano i dipendenti, non usano la Cassa Integrazione, producono, vendono e pagano le tasse. I dipendenti a loro volta lavorano, prendono uno stipendio, pagano le tasse, hanno soldi da spendere, comprano ed il giro ricomincia.


Si riduce la disoccupazione, le banche concedono prestiti, le persone posso fare investimenti ecc... ecc...


E' così difficile da capire per il nostro Governo questo semplice giro virtuoso dell'economia?


Cercano soluzioni assurde che non servono a niente tipo la liberalizzazione delle professioni che ci renderebbe solo simili ad un paese del terzo mondo, se ancora esistono... 


A tutti  è capitato, me per prima, di incontrare avvocati, notai, medici e altri professionisti incapaci di fare il loro lavoro. E tutti ci siamo arrabbiati...


Eppure oggi le professioni sono regolamentate da Ordini Professionali nei quali si possono iscrivere solo persone con un titolo di studio adeguato, una abilitazione professionale specifica e precisi requisiti morali che servono a dare una tutela quanto meno sulla qualità minima del professionista. 


Nonostante questo esiste l'abusivismo in ogni professione. 


E spesso leggiamo sui giornali di medici che operano o aprono studi professionali senza alcuna abilitazione. 


O di sensali che aspettano, al mercato del sabato, di incontrare un "pollo" a cui "appioppare" quella casetta semi-diroccata in cima alla collina, totalmente abusiva e, naturalmente, mai accatastata, che non vuole nessuno. 


Però naturalmente hanno il coraggio di richiedere la provvigione...


La categoria dei medici e degli agenti immobiliari sono probabilmente le più gettonate da questo punto di vista. 


Eliminando gli Ordini, esami e quant'altro (in questo periodo si sentono anche proposte molto demenziali e da parte di persone che la testa invece dovrebbero aver imparato ad usarla), non si fa altro che togliere quelle poche tutele che ad oggi ci sono. 


La liberalizzazione delle professioni, casomai qualcuno non l'avesse capito, non ha niente a che vedere né con l'eliminazione dl numero chiuso che esiste per alcune professioni né con l'eliminazione del tariffario minimo, anche questo esiste solo per alcune professioni.


Se il problema sono i costi elevati di certi professionisti basta rendere libere le tariffe, se un certo numero di professionisti sembra troppo esiguo per un certo numero di abitanti basta togliere il numero chiuso ma


LIBERALIZZARE UNA PROFESSIONE SIGNIFICA TOGLIERE TUTTE LE TUTELE CHE OGGI GLI ORDINI PROFESSIONALI GARANTISCONO




Vorreste che il vostro fruttivendolo, bravissimo a consigliarvi il miglior prodotto sul mercato (è solo un esempio naturalmente) vi curasse, già che c'è, magari mentre pesa le zucchine, anche l'ulcera perforata o magari vi risolvesse quel problema dell'immobile che vi è arrivato in donazione da vostro nonno?


O magari vorreste che il vostro carrozziere (bravissimo a far sembrare la vostra macchina come appena uscita dalla fabbrica), vi operasse anche di calcoli al fegato o vi facesse il progetto per la costruzione di una abitazione?


Purtroppo, se non lo avete capito, è questa la cosa a cui mira il "nostro" Governo. 


Ma poi possiamo ancora considerarlo "nostro" questo Governo che, ormai da tempo, non fa più leggi per il Paese, tranne quelle a sfavore naturalmente e legifera sempre più spesso a proprio esclusivo vantaggio?


In pochi anni l'Italia è diventata lo zimbello d'Europa e del mondo intero (e non solo per i bunga-bunga che di fatto hanno solo reso nota al mondo intero una situazione di sfacelo generale, crisi dei valori ed inaffidabilità dell'Italia sotto tutti i punti di vista).


Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti : basta saper leggere i giornali e saper ascoltare la televisione (di qualunque tendenza).


Leggi anticostituzionali e contrarie a norme o leggi comunitarie. 
Ma i nostri parlamentari, in gran parte avvocati, sanno leggere e scrivere? Capiscono una legge quando la leggono? Conoscono la Costituzione? A quanto pare no!


Prodotti spesso scadenti ed inaffidabili (è finita l'era del made in Italy anche perché oggi fanno quasi tutto in Cina!).


Prezzi mediamente più alti che in tutto il resto dell'Europa.


Viaggio spesso per lavoro soprattutto in Francia e Germania.


Soprattutto in Germania il costo della vita è notevolmente inferiore (alimentazione, abbigliamento, mobili, auto e così via). 


E costano molto meno le abitazioni : a Berlino si trovano anche immobili interno ai 30.000 Euro (mono o bilocali a volte anche arredati), a Jesi (40.000 abitanti in provincia di Ancona), dove vivo, con 30.000 Euro si compra tutt'al più un garage !!  E' un semplicissimo controllo che chiunque può fare: basta un computer collegato a Internet...


Jesi: "Caput Mundi"? e l'Italia Caput di che cosa?


L'unica cosa che ci resta (ma non so per quanto ancora...) è la libertà di parola...




N.B. sarei curiosa di sapere cosa ne pensate voi che leggete













venerdì 15 luglio 2011

Registrazione contratti d'affitto


Nuovo modello Iris per le registrazioni on-line

Le registrazioni dei contratti di affitto, sia normali che con cedolare secca, viaggiano ormai tutte online. 
Dopo il modello Siria, per le registrazioni di chi opta per la nuova modalità di tassazione, per tutti gli altri arriva Iris, software semplificato per i contratti di locazione degli immobili a uso abitativo grazie al quale diventa possibile effettuare, direttamente da casa con un semplice clic, la richiesta di registrazione e il pagamento delle imposte di registro e di bollo.
La novità è contenuta nel provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate di ieri con cui è stato approvato il modello semplificato da usare quando il locatore non sceglie la cedolare secca e, quindi, è necessario il pagamento delle imposte di registro e di bollo. In alternativa, i contribuenti possono comunque sempre avvalersi dell'intervento degli intermediari (professionisti, Caf) come avviene per le dichiarazioni dei redditi.

Il nuovo modello semplificato è dedicato a tutti i contratti di locazione che rispettano la regola del tre, come previsto per Siria. Sia i locatori sia i conduttori non devono essere più di tre; deve trattarsi di una sola unità abitativa con non più di tre pertinenze; tutti gli immobili presenti nel contratto devono essere censiti con attribuzione di rendita; il contratto deve disciplinare esclusivamente il rapporto di locazione; il contratto deve essere stipulato tra persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di un'impresa, arte o professione; il contratto non deve dare diritto ad agevolazioni per l'applicazione dell'imposta di registro, come nel caso di contratti a canone concordato nei Comuni ad elevata tensione abitativa.
Come per Siria, poi, anche con Iris il contratto di locazione non deve essere allegato al modello ma va conservato dalle parti insieme alla ricevuta di avvenuta presentazione rilasciata dal servizio telematico, ed esibito in caso di richiesta da parte del fisco.
Nella nota di presentazione l'agenzia delle Entrate precisa che chi non rientra nella regola del 3 può sempre utilizzare le altre applicazioni – Locazioni Web o Contratti di locazione – che consentono sia di compilare e registrare il contratto sia di versare le imposte. 
Resta comunque ferma la possibilità di presentare a mano agli uffici dell'Agenzia il modello 69 (cartaceo), dopo avere effettuato il pagamento dell'imposta di registro con il modello F23.
Tre passi da fareIl modello Iris è composto da due pagine da compilare, e permette di concludere le operazioni di registrazione e pagamento in tre passaggi.
Primo passo: inserire nella pagina iniziale i dati dei locatori e conduttori. 
Secondo passo: indicare nella seconda pagina i dati dell'immobile oggetto della locazione, incluse le relative pertinenze, aggiungendo alcune informazioni riguardanti il contratto, tra le quali la tipologia, l'importo del canone e la frequenza del pagamento. 
Terzo passo: pagare le imposte di registro e di bollo che il software calcola automaticamente in base ai dati indicati dal contribuente.
A questo punto il contribuente deve solo indicare le proprie coordinate bancarie e inviare il modello, ottenendo, a conferma del buon esito della registrazione del contratto e dell'avvenuto pagamento delle imposte, apposite comunicazioni tramite il servizio telematico. Queste comunicazioni conterranno inoltre anche i dati relativi alle imposte assolte per la registrazione.
La tempistica
Il modello Iris deve essere inviato all'agenzia delle Entrate esclusivamente per via telematica entro 30 giorni dalla stipula del contratto. Il canale telematico  sarà aperto a partire dal 18 luglio 2011 e dal 27 sarà disponibile anche la versione Web che consente di effettuare tutte le operazioni senza scaricare il software.

Fonte: Agenzia delle Entrate, Il Sole 24 Ore

martedì 12 luglio 2011

22.000 Agenti immobiliari abusivi in Italia


22.000 agenti immobiliari abusivi in Italia

Le truffe non sono soltanto un fenomeno italiano, tanto che negli Stati Uniti il problema è gestito direttamente dall'Fbi. 

Nel suo "Mortgage fraud report" dello scorso anno si parla di una crescita del 71% del fenomeno, con 14 miliardi di dollari in mutui fraudolenti erogati dalle banche. Le denunce per truffa sono decuplicate nell'arco di cinque anni, passando dalle 6.936 del 2003 alle 63.173 del 2008.

E il trend indica una crescita annua del 70 per cento. Interessante notare come l'Fbi metta in relazione la crescita del fenomeno all'affidamento a intermediari non qualificati. Un punto sul quale tutte le organizzazioni professionali stanno intervenendo. Per gli agenti immobiliari, le associazioni, anche italiane, sono chiare: evitare di comprare da sedicenti agenti, non in regola con le autorizzazioni. 

"Chi esercita la professione senza averne titolo – spiega Paolo Righi, presidente nazionale di Fiaip – oltre a non aver diritto alla provvigione per la mediazione, espone il cliente a grossi rischi. Il più evidente è la mancanza di una polizza d'assicurazione per i rischi professionali che invece è obbligatoria per i professionisti e tutela il cliente in caso di errori dell'agente durante la sua attività".

È un pericolo molto reale, visto che a fronte di 32mila agenzie immobiliari in attività si calcola che operino 22mila agenti abusivi. Meglio quindi verificare se esiste l'iscrizione presso la locale camera di commercio. I casi più frequenti di truffe immobiliari riguardano proprietà che nei fatti sono invendibili. E questo caso si può manifestare con furto d'identità del reale proprietario ma anche nei casi di eredità in cui non si ha il pieno possesso del bene, oppure in caso di comunione dei beni in cui il singolo coniuge non ha titolo per vendere l'immobile. Un caso molto frequente che comporta la nullità dell'atto preliminare.

«I tempi delle truffe alla Totò che trattava la vendita della fontana di Trevi sono passati – spiega l'avvocato Biagio Giancola, consulente dell'Appi, Associazione piccoli proprietari immobiliari –. Oggi si sono raffinate condotte particolarmente insidiose e apparentemente normali, proprio per questo particolarmente pericolose. Bisogna avere l'accortezza di adottare alcune semplici regole ispirate al buon senso. In primo luogo affidarsi a interlocutori noti e affidabili, diffidando degli operatori improvvisati».

Inoltre prima di sottoscrivere qualsiasi tipo di contratto o impegno avvalersi sempre della preventiva consulenza di un professionista del settore. 

Per le nuove costruzioni è meglio rinunciare all'acquisto se il venditore rifiuta di rilasciare la fideiussione obbligatoria. Infine si consiglia di non firmare mai la proposta irrevocabile all'acquisto sulla quale gli agenti spingono molto, ancorché subordinata all'accettazione del venditore senza aver prima verificato la sua affidabilità, l'esatta individuazione e consistenza del bene, la conformità urbanistica, l'assenza di pesi e vincoli sulla proprietà. 

Fonte : Il Sole 24 Ore


Locazioni : miglioramenti e addizioni

Quando il conduttore ha diritto all'indennità


Si definiscono addizioni le opere che, pur unite ed incorporate alla cosa, non si uniscono con questa, ma conservano una propria individualità, apportando un incremento in termini quantitativi o di estensione della cosa (ad esempio, impianti elettrici o di riscaldamento). I miglioramenti, invece, sono costituiti da opere che si fondono con la cosa, apportando un aumento di valore e di qualità.

In definitiva, i miglioramenti di differenziano dalle addizioni perché i primi "comportano un incremento della coda locata derivante dalla sostituzione di una parte con un’altra migliore o dalla unione di elementi ulteriori che si fondono con la cosa originale" (Cass. civ. n. 13070/04), mentre i secondi prevedono l’aggiunta di una cosa accessoria a quella principale, senza perdita di individualità.

Il Codice civile disciplina distintamente i miglioramenti e le addizioni apportati alla cosa concessa in locazione.

Ai sensi dell’art. 1592 c.c., salvo disposizioni particolari di legge o degli usi, il conduttore non ha diritto ad ottenere un’indennità da parte del proprietario per i miglioramenti apportati alla cosa locata, eccezion fatta per il caso in cui vi sia stato il consenso del locatore.

La prova del consenso del proprietario ai miglioramenti apportati grava sul conduttore, il quale, tuttavia, non può limitarsi a sostenere la mera conoscenza o la mancata opposizione del locatore.

Occorre, al contrario, la sussistenza di un consenso espresso fondato su una serie di atti o comportamenti specifici del locatore, costituenti chiara ed inequivoca manifestazione di volontà diretta ad approvare le innovazioni eseguite: la mera tolleranza non costituisce consenso, come ha più volte chiarito la giurisprudenza: "nel contratto di locazione, il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell’art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore, e tale consenso, importando cognizione dell’entità, anche economica, e della convenienza delle opere, non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà, volta ad approvare il consenso (o la mancata opposizione) del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta dell’indennizzo" (Cass. civ. n. 2492/2009).

Una volta dimostrato il consenso, il locatario avrà diritto a ricevere un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa sostenuta ed il valore del risultato utile ottenuto al momento della riconsegna della cosa.

In ogni caso – anche in assenza del consenso del locatore – i miglioramenti possono essere d’utilità al conduttore, poiché questi può pretendere che gli stessi vengano accettati dal locatario a titolo di compenso per eventuali deterioramenti della cosa locata non dovuti a colpa grave del conduttore stesso.

Attenzione: sono regolate dalla disciplina sui miglioramenti solo quei lavori d'innovazione che lascino integra la struttura fondamentale della cosa locata, e non anche quando vi siano alterazioni strutturali profonde che trasformino anche solo una parte dell'immobile locato.
L’art. 1593 c.c. stabilisce che il conduttore che il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza arrecare danno alla cosa medesima, salvo che il proprietario preferisca trattenere per sé le addizioni stesse.

In quest’ultimo caso, il proprietario dove pagare al conduttore un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.

Se le addizioni eseguite non sono separabili senza nocumento della cosa locata e ne costituiscono un miglioramento, si osservano la disciplina di cui all’art. 1592 c.c., sopra descritta.

Le disposizioni relative a miglioramenti ed addizioni possono comunque essere derogate o modificate dalle parti con apposite clausole inserite nel contratto di locazione. Così, ad esempio, se nel contratto è stato inserito il divieto di apportare modifiche all’appartamento senza una diversa ed esplicita autorizzazione del proprietario, il conduttore dovrà dimostrare di aver avuto tale esplicito permesso all’esecuzione dei miglioramenti effettuati.
Il altri casi specifici può accadere che opere qualificabili come addizioni siano da considerarsi giuridicamente inseparabili per disposizione di legge o per vincolo amministrativo: in tal caso, il consenso del locatore non è necessario in quanto sostituito dalla volontà di legge.

Fonte: Consulenza legale condominio

Case rurali: nuovi adempimenti dal Decreto Sviluppo

Per il requisito della ruralità nuovo accatastamento entro il prossimo 30 Settembre

In base all'art. 7 del Dl 70/2011 (Decreto Sviluppo) approvato il 7 Luglio u.s., i fabbricati che rispettano i requisiti della ruralità di cui all'articolo 9 del Dl 557/1993 dovranno essere iscritti nelle categorie catastali individuate dalla Cassazione, ovvero A/6 e D/10, entro il 30 settembre prossimo. 

Passa in secondo piano, quindi, la norma contenuta nel Ddl sulla montagna che introduceva un'ulteriore interpretazione dell'articolo 5 del Dl 504/92 (Ici) secondo la quale, più semplicemente, i fabbricati rurali, qualora rispettassero i requisiti di cui all'articolo 9 del Dl 557/93 indipendentemente dalla classificazione catastale loro attribuita, erano comunque esclusi dall'imposta comunale.
Invece, l'articolo 7, commi 2bis-2quater, del decreto Sviluppo prevede un nuovo adempimento e cioè una comunicazione da presentare all'agenzia del Territorio corredata da un'autocertificazione nella quale il richiedente attesti che il fabbricato rurale rispetta ininterrottamente da almeno cinque anni i requisiti di cui al Dl 557/93. 

Entro il 20 novembre l'agenzia del Territorio dovrà poi, previa verifica dei requisiti, convalidare le autocertificazioni presentate e attribuire la categoria A6 o D10. 

Tuttavia, l'Agenzia può rifiutare la domanda predisposta dal contribuente entro il 20 novembre 2012, mediante provvedimento motivato, e in tal caso il contribuente dovrà versare le imposte dovute nonché gli interessi e le sanzioni raddoppiate.
Con l'introduzione di questo "riaccatastamento" il legislatore conferma l'orientamento restrittivo della Corte di cassazione che vuole la ruralità vincolata anche alla categoria catastale, anche se la norma di legge istitutiva (articolo 9 del Dl 557/93) non lo prevedeva affatto.

A questo punto, per individuare le costruzioni destinatarie di questa disposizione, è necessario dividere i fabbricati rurali in due categorie:
1) quelli segnalati in mappa nel catasto terreni per i quali non scatta l'obbligo di farli transitare nel catasto fabbricati; per queste costruzioni probabilmente non si deve fare nulla in quanto nessuna norma di legge prevede l'obbligo dell'iscrizione al catasto fabbricati (si veda l'articolo 2, comma 36 del Dl 262/06);
2) i fabbricati rurali già iscritti nel catasto fabbricati, che, a loro volta, devono essere scomposti in due categorie: quelli accatastati nelle categorie A6 e D10 per i quali nulla deve essere fatto, e i fabbricati classificati in altre categorie per i quali invece è opportuna la domanda di variazione di categoria catastale.
I casi di costruzioni rurali iscritte in catasto in categorie diverse da A6 e D10 sono ovviamente numerosi. Infatti le abitazioni nuove (anche a seguito di ristrutturazioni) sono state generalmente iscritte nella categoria A3 e certamente non nell'A6 inutilizzata da molto tempo dalla agenzia del Territorio. Così pure per i fabbricati strumentali che sono iscritti nella categorie D7 e D8, relativi alle attività di allevamento; in qualche caso vi è la categoria C per i depositi e più recentemente la categoria D1 per gli impianti fotovoltaici di produzione dell'energia. Tutti questi casi vanno regolarizzati chiedendo la nuova classificazione catastale. Si ritiene, al riguardo, che l'attribuzione della categoria catastale A6 o D10 prescinda dalle caratteristiche tecniche del fabbricato e sia conseguente soltanto al rispetto dei requisiti di cui al citato articolo 9 del Dl 557/93.

La nuova norma che impone alle costruzioni rurali una classificazione adeguata, e a loro riservata, ha effetti per tutte le imposte e non soltanto per l'Ici. Infatti la norma fa riferimento ai requisiti della ruralità di cui al citato articolo 9 del Dl 557/93. Quindi una costruzione rurale, se iscritta in catasto e non classificata in A6 o D10, non può usufruire nemmeno dell'esenzione ai fini delle imposte sul reddito, l'esclusione dagli oneri di urbanizzazione e così via. Inoltre, la sussistenza da almeno un quinquennio dei requisiti sembra avere il significato di fornire effetto retroattivo alla classificazione catastale rurale, con abbandono quindi delle controversie pendenti in materia di recupero dell'imposta comunale.

I requisiti
ABITAZIONI
I requisiti oggettivi per essere inseriti nella categoria A6: 
- i fabbricati devono essere utilizzati come abitazione dal proprietario o dall'affittuario conduttori del terreno al quale il fabbricato è asservito; 
- oppure utilizzati da familiari a carico o da coadiuvanti dei soggetti di cui al punto precedente, o anche dai titolari di pensione maturata in agricoltura; 
- oppure utilizzati da un socio o amministratore imprenditore agricolo professionale.
Il terreno coltivabile asservito all'abitazione deve avere una superficie minima di un ettaro (3mila metri quadrati in caso di colture specializzate o di terreni montani) ed il volume d'affari Iva deve superare la metà del reddito complessivo del conduttore del fondo
STRUMENTALI
Fabbricati strumentali che possono ottenere la categoria A10: 
- costruzioni che devono essere strumentali all'esercizio delle attività agricole; 
- abitazioni dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato o determinato per almeno 101 giornate annue; 
- fabbricati utilizzati come uffici dell'azienda agricola; 
- fabbricati utilizzati per le attività di trasformazione di prodotti agricoli effettuate da imprese o cooperative agricole.

Fonte : Il Sole 24 Ore



giovedì 7 luglio 2011

Tasso BCE sale all'1,5 %

Nuovo aumento del tasso BCE
La Banca Centrale Europea ha aumentato oggi il tasso ufficiale di riferimento dall' 1,25 all' 1,5 per cento. 
E' la seconda manovra restrittiva del 2011, dopo quella dello scorso aprile. Aumentati rispettivamente allo 0,75% e al 2,25% anche il tasso sui depositi e quello marginale. È la seconda volta quest'anno che la BCE rialza i tassi. 

La decisione era attesa dai mercati da quando lo stesso presidente della BCE, Jean-Claude Trichet, nel direttivo di inizio giugno, aveva lasciato intendere un imminente nuovo ritocco all'insù dei tassi per arginare l'inflazione che viaggia, nell'Unione Europea, abbondantemente al di sopra della soglia d'attenzione del 2 per cento.

Non è imminente un nuovo rialzo
Anche con il nuovo aumento all'1,5%, i tassi di interesse dell'area euro restano "accomodanti", secondo la Banca Centrale Europea, e, tuttavia, secondo quanto indicato da Trichet, potrebbe esserci una pausa sulle manovre di aumento del costo del danaro. 

- Monitoreremo con molta attenzione i rischi sui prezzi - ha affermato infatti durante la conferenza stampa a seguito del Consiglio direttivo, utilizzando una frase generica che non sembra indicare un imminente nuovo incremento.
Per il futuro il Presidente della BCE non si è però sbilanciato: - prenderemo le decisioni giuste al momento opportuno -.

Inflazione prevista sopra il 2%
- Il rialzo attuale - , ha detto Trichet, è - giustificato dai rischi al rialzo sulla stabilità dei prezzi -, stabilità che la BCE ha ribadito di voler garantire. L'inflazione nell'Eurozona resterà - nettamente sopra il 2% - (considerata la soglia di vigilanza) - anche nei prossimi mesi - ha detto il presidente della BCE, Jean-Claude Trichet. Ad influire sull'inflazione saranno soprattutto i prezzi dell'energia e delle materie prime - .
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Fonte: Il Sole 24 Ore

martedì 5 luglio 2011

Euribor in aumento : crescono le rate dei mutui

A breve un nuovo aumento del tasso BCE
Quasi ogni giorno le notizie ci ricordano che l'Euribor viaggia ai massimi ormai da oltre due anni. Ed in effetti il tasso interbancario a 3 mesi valeva alla fine di giugno l'1,54% (1,32% per la scadenza a un mese), livelli che non si vedevano dal marzo 2009. Ma questa non è di certo una buona notizia per le famiglie con un mutuo a tasso variabile, che proprio in questi giorni (in concomitanza con la fine del mese, del trimestre o addirittura del semestre) si sono viste addebitare rate più elevate del 5-7% rispetto a un anno fa. Chi ha il prestito indicizzato invece può in parte consolarsi: i rincari per i prossimi 12 mesi saranno probabilmente meno accentuati rispetto a quanto si poteva temere la scorsa primavera.

L'Euribor segue infatti le mosse sul costo del denaro della Banca centrale europea (Bce), che ha aumentato i tassi dall'1% all'1,25% in aprile e si appresta a effettuare (salvo imprevedibili sorprese) una stretta di pari misura nella riunione di giovedì prossimo. Ma oltre questo appuntamento potrebbero non essercene altri per alcuni mesi: prova ne sia che gli analisti si attendono in media un solo ulteriore incremento (sempre di 25 punti base, fino all'1,75%) per i tassi europei entro fine anno quando qualche mese fa ne prevedevano due.


Colpa (o merito, a seconda dei punti di vista) soprattutto delle difficoltà della Grecia e delle possibili ripercussioni sulla stabilità dell'intero sistema finanziario europeo, non particolarmente florido come dimostrano le altre misure straordinarie (l'asta di finanziamento ad ammontare illimitato, per esempio) tuttora in vigore come rete di protezione per le banche.

Fonte : Il Sole 24 Ore

Mercato immobiliare italiano 2011 - 2012: è ancora crisi

Previsioni ANCE 2011 - 2012 : mercato ancora in crisi

L'Ance pubblica le previsioni semestrali sul mercato dell'edilizia e conferma un quadro congiunturale negativo non solo per il 2011, ma anche per il 2012. 

«Con l'ulteriore caduta del mercato del 4% nel 2011 e del 3,2% nel 2012, l'anno prossimo torneremo ai livelli di produzione edilizia del 1994. Ci mangiamo 18 anni di crescita in questo modo», dice il presidente dell'associazione dei costruttori, Paolo Buzzetti, che nei giorni scorsi ha presentato l'Osservatorio congiunturale insieme al vicedirettore generale e responsabile dell'ufficio studi, Antonio Gennari.
La prospettiva del settore a breve e medio termine è drammatica, con 230mila posti di lavoro già persi e altri 120mila dell'indotto. La cassa integrazione è cresciuta dai 40 milioni di ore annue del 2008 ai 100 milioni del 2010 e ha segnato un'ulteriore crescita del 10,8% nei primi quattro mesi del 2011. Molte imprese sono messe in ginocchio dal "credit crunch di settore", con il 40,2% degli imprenditori che denuncia difficoltà di accesso al credito nell'aprile 2011 contro il 34,2% del settembre 2010 e il 38% dell'aprile 2010. Ad aggravare la situazione il ritardato pagamento delle pubbliche amministrazioni che ormai saldano i loro debiti con una media di 114 giorni e punte di 18-24 mesi. «L'82% delle imprese subisce ritardi di pagamento» dice l'Osservatorio.
Quest'anno l'unico segno positivo sarà quello delle manutenzioni straordinarie per le abitazioni che segneranno uno 0,5% di crescita, grazie anche al consolidamento degli incentivi 36% e 55%, l'unica vera politica per il settore attuata in dieci anni. E che l'Ance chiede sia rinnovata e potenziata. Bisogna uscire dall'ambito abitativo e guardare alla riqualificazione della città. «Il decreto sviluppo comincia una politica che abbiamo apprezzato sulla riqualificazione urbana ma ora occorre consolidarla», dice Buzzetti.

Per gli altri settori anche il 2011, come è già da tre anni, sarà un disastro: - 5,9% per le nuove abitazioni, - 4,3% per il non residenziale privato, - 9,7% per le opere pubbliche. Dal 2008 al 2011 il mercato del nuovo residenziale ha perso il 35,5% degli investimenti, le opere pubbliche il 28,7 per cento. A pesare sono anche la riduzione degli stanziamenti per le infrastrutture e il persistere del blocco del piano Cipe, con un terzo dei finanziamenti assegnati due anni fa, pari a 3,7 miliardi, che deve ancora concretizzarsi , mentre degli altri 7,6 miliardi solo 1,3 si sono trasformati in bandi di gara. 

«Questa politica di rinvii è insostenibile – ha detto Buzzetti – e preferiremmo che ci si dicesse chiaramente se quelle risorse non ci sono». Nel 2012 è prevista un'altra botta: - 7,2% nelle opere pubbliche e - 5,3% nel mercato del nuovo residenziale.

Sulla manovra all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri, Buzzetti sposa la linea confindustriale del «rigore e sviluppo» e si augura di limitare i danni in termini di ulteriori tagli. «Anche le ipotesi sull'aumento dell'Iva per noi sono inaccettabili», ha detto Buzzetti.
L'unica misura positiva che ci si può aspettare è un allentamento del patto di stabilità in favore dei Comuni virtuosi, «come chiede Bossi», ha detto Buzzetti. «La situazione è drammatica – ha detto Gennari – perché dal 2008 i Comuni hanno smesso di pagare a settembre, quest'anno hanno già smesso ad aprile».

Fonte: Il Sole 24 Ore

Affitto in coabitazione: vantaggi e svantaggi

Una delle tipologie di appartamenti più richiesti : due camere per coabitazione

Circa un terzo dei mutui prima casa è oggi richiesto da single. Spesso però, i giovani proprietari non vanno a vivere da soli. 

La cessione temporanea di una stanza infatti, oltre a essere un buon rimedio alla solitudine, specie nelle grandi città, diventa una scelta obbligata per rendere più sostenibile la rata.

I contratti di locazione transitoria, però, nascondono alcune insidie per chi affitta.
Giovani manager, professionisti e studenti scelgono la coabitazione come stile di vita. La flessibilità delle nuove generazioni impone ai proprietari di casa di optare sempre più spesso per affitti temporanei e brevi. Minimo di un mese, massimo 18 mesi. L'importante è non vincolarsi a un contratto 4+4, e riservarsi la possibilità di tornare a vivere da soli, senza troppi problemi, alla prima necessità. 

«Si tratta di una locazione parziale dell'immobile», dice Aldo Rossi, avvocato del Sunia (il sindacato degli inquilini). La normativa da applicare è la stessa che si usa per le locazioni di unità immobiliari intere, ma la breve durata di questo tipo di affitti si scontra con le incertezze della transitorietà. «Il punto debole di questi contratti – afferma il commercialista Giovanni Valcarenghi – è legato proprio alla necessità di motivare la durata temporanea. E possono diventare pericolosi perché, in caso di contestazione da parte del coinquilino, possono tradursi automaticamente in un 4+4».
Il rischio quindi è di trovarsi una stanza occupata per anni da una persona indesiderata.
Dentro il contratto, previsto dalla legge 431 del 1998, vanno specificati i motivi della transitorietà allegando la documentazione come prova (un rapporto di lavoro a termine, la mobilità lavorativa, un master eccetera). I motivi possono essere legati a necessità dell'inquilino oppure del proprietario. Se però non vengono rispettate le condizioni pattuite, la controparte potrebbe opporsi per vie legali, chiedendo la trasformazione dell'affitto in uno di quattro anni.

È bene comunque riportare chiaramente l'esigenza temporanea nel contratto e quest'ultima, in caso di rinnovo (non oltre i 18 mesi), deve permanere e dev'essere confermata a ridosso della scadenza tramite lettera raccomandata a/r. Se questa non viene inviata, o in caso di dichiarazioni non veritiere, l'affittuario o il proprietario della stanza potrebbe chiedere un risarcimento. Per tutelarsi, è meglio utilizzare dei modelli-tipo di contratto (allegati C e D del Dm 30/12/02), ponendo particolare attenzione nella fase di stesura, in particolare nella parte dedicata alla descrizione dell'immobile: qui è necessario definire (anche allegando una piantina dell'abitazione) nel dettaglio i confini della stanza affittata. Il locatore poi si riserverà l'utilizzo degli altri spazi comuni, definirà spese e modalità della coabitazione.

I contratti di natura transitoria sono a canone libero tranne che in alcuni capoluoghi di provincia e nei comuni limitrofi alle 11 grandi città italiane dove sono stati stipulati degli accordi territoriali e qui il canone massimo richiedibile non può essere superiore del 20% rispetto a quello del canone concordato. A Bologna, ad esempio, per una stanza di 20 mq in pieno centro storico non si può chiedere più di 280 euro, ben lontano dagli oltre 400 richiesti sul mercato (ad esempio sulle bacheche online) per un posto letto in singola. 

Fonte : Il Sole 24 Ore