mercoledì 30 marzo 2011

Le donazioni di immobili e le garanzie sull'acquisto

Vendere un immobile donato

È sempre molto difficile la vendita di immobili che in passato siano stati oggetto di donazione. Allo stesso modo, le banche che concedono mutui sono assai insofferenti a ricevere in ipoteca immobili donati: ne è la riprova la sentenza n. 228 del 24 febbraio 2011 del Tribunale di Mantova, con la quale è stata dichiarata la nullità della fideiussione rilasciata alla banca a garanzia, tra l'altro, di un mutuo con ipoteca iscritta su un bene oggetto appunto di precedente donazione, perché la fideiussione è stata considerata lesiva del diritto degli stretti familiari del donante a non subire restrizioni circa il conseguimento della quota di eredità loro spettante nella successione del donante.

La ragione di questi problemi è che gli immobili oggetto di donazione possono essere al centro di pretese ereditarie da parte degli eredi legittimari del donante, e cioè di coloro che hanno un inalienabile diritto a ricevere una rilevante quota del patrimonio del donante che sia poi defunto (vale a dire, principalmente, il coniuge superstite, i suoi figli e i discendenti dei figli).

Infatti, se un legittimario chiama in causa il donatario perché la donazione lede la quota di legittima spettante al legittimario stesso e se il patrimonio del donatario convenuto in giudizio non è sufficiente a soddisfare le ragioni del legittimario (si pensi al caso che l'immobile donato sia stato venduto e poi sia stato scialacquato il denaro ricevuto come prezzo), allora ne può far le spese colui che in quel momento si trova a essere proprietario dell'immobile in questione, anche se non c'entra nulla con la famiglia del donante e con la donazione intervenuta in passato e riguardante l'immobile che poi gli è stato venduto: quell'immobile, infatti, gli può essere chiesto in restituzione, con la quasi certezza che l'acquirente non avrà alcun ristoro economico rispetto a questa "spoliazione".

Il Codice civile tratta questa materia essenzialmente negli articoli 561 e 563, che disciplinano appunto la «riduzione» delle donazioni immobiliari lesive della legittima e la «restituzione» degli immobili donati: se i donatari contro i quali è stata pronunciata la riduzione della donazione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario – premessa l'escussione dei beni del donatario – può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili in questione, liberi da qualsiasi gravame (ad esempio, da ipoteche). Il terzo acquirente può peraltro liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.

Ora, visto che le donazioni di immobili sono assai frequenti (anche perché il loro costo fiscale è assai contenuto a seguito della detassazione disposta a partire dalla legge 18 ottobre 2001 n. 383) e che quindi non è difficile imbattersi in trattative immobiliari nelle quali un soggetto intende rendersi acquirente di un bene che in passato è stato oggetto di donazione (a favore dell'attuale venditore o anche di un suo precedente dante causa), la pratica professionale deve necessariamente confrontarsi con questo tema, al fine di "tranquillizzare" non solo l'acquirente, ma anche le banche: nel residenziale – secondo i dati 2010 dell'agenzia del Territorio – 265mila compravendite su 611mila sono state accompagnate da un mutuo.

Al Nord, dove avviene metà delle transazioni, quasi metà degli acquirenti si finanzia con un mutuo ipotecario, offrendo in garanzia l'abitazione da acquistare. Quindi, oltre a realizzare condizioni di sicurezza per il compratore, occorre garantire anche alla banca che l'ipoteca non è stata iscritta invano, ma ha tenuta sufficiente per fronteggiare il caso dell' inadempimento del mutuatario.
Uno dei sistemi escogitati nella prassi professionale per "affrancare" gli immobili donati dalla loro condizione di scarsa appetibilità commerciale, e forse il meno sofisticato, è appunto quello della fideiussione, che il Tribunale di Mantova ha cassato.


In sintesi, si tratta (il caso esaminato dal Tribunale di Mantova era comunque più complesso) della garanzia, offerta dal donante o dai suoi eredi, in sede di concessione in ipoteca dell'immobile donato, finalizzata ad assicurare la banca che, ad esempio, in caso di vittorioso esercizio dell'azione di riduzione da parte degli eredi del donante, costoro si fanno carico del pagamento del creditore ipotecario neutralizzando il danno provocato dal fatto che il bene donato viene evitto, e cioè restituito ai legittimari del donante per soddisfare le loro ragioni ereditarie.
In altri termini, gli eredi con ciò avrebbero un disincentivo a impugnare la donazione, in quanto essi poi dovrebbero risponderne verso la banca.


Correttamente, il Tribunale di Mantova ha ritenuto che una tale fideiussione viola il principio basilare secondo il quale non possono essere imposti «pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari» (articolo 549 del Codice civile). In effetti,con la fideiussione in questione (concessa dal de cuius e poi "ereditata" dai suoi successori) si impone un peso evidentissimo al recupero della legittima con riguardo al bene concesso in ipoteca.


Fonte: Il Sole 24 Ore

Ancora sull'Attestato di Certificazione Energetica

Nuove regole su Certificazione Energetica per compravendite e locazioni  
Il recente d.lgs. 3.3.’11, n. 28 (in materia di energia da fonti rinnovabili), pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 81 all’ultima Gazzetta Ufficiale (la n. 71 del 28.3.’11), interviene sulla materia della certificazione energetica degli edifici prevedendo due modifiche di rilievo in tema di compravendita e locazione.
In particolare, il provvedimento in parola inserisce – all’art. 6 del d.lgs. n. 192/’05, recante la normativa statale in materia di certificazione energetica – due nuovi commi, il 2-ter e il 2-quater.  l nuovo comma 2-ter dell’art. 6 del d.lgs. n. 192/’05 dispone quanto segue:
 “Nei contratti di compravendita o di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici. Nel caso di locazione, la disposizione si applica solo agli edifici e alle unità immobiliari già dotate di attestato di certificazione energetica ai sensi dei commi 1, 1-bis , 1-ter e 1-quater”.
 Il nuovo comma 2-quater dell’art. 6 del d.lgs. n. 192/’05 dispone quanto segue:
 “Nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, a decorrere dal 1° gennaio 2012 gli annunci commerciali di vendita riportano l'indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica”.

Di seguito si forniscono alcune prime indicazioni in merito alla disposizione di cui al comma 2-ter, in vigore dalla data odierna (mentre l’entrata in vigore della disposizione di cui al comma 2-quater è prevista per l’1.1.’12), relativa all’obbligo di inserire nei contratti di compravendita e di locazione una nuova clausola.
Rapporti con la legislazione regionale.

La prima questione che si pone attiene alle conseguenze che la nuova norma produce in funzione del fatto che le Regioni abbiano o meno legiferato in materia di certificazione energetica.
Al proposito, deve rilevarsi che la nuova disposizione attiene alla disciplina dei contratti e quindi – all’evidenza – alla materia dell’ordinamento civile, sulla quale lo Stato ha (ai sensi dell’art. 117 della Costituzione) competenza esclusiva, e non concorrente con le Regioni, come è invece il caso, fra l’altro, delle regole relative alla dotazione della certificazione energetica.

Alla luce di quanto sopra, pare doversi ritenere (sia pure con tutte le cautele del caso, non essendovi allo stato, non solo decisioni sul punto, ma neppure interpretazioni dottrinali) che le disposizioni di cui al nuovo comma 2-ter prevalgano sulla normativa regionale.
In ogni caso, appare indispensabile effettuare un esame in profondità della legislazione regionale in materia, in particolare per accertare – per le differenti conseguenze – se la stessa inerisca la materia dei contratti (legislazione esclusiva dello Stato) ovvero quella relativa alle modalità per la dotazione della certificazione (legislazione concorrente Stato-Regioni) e anche quale sia la fonte normativa – legge o delibera – con la quale è stata disciplinata la materia.

Utilizzabilità dell’autodichiarazione (classe energetica G)

Si ricorda che il d.m. 26.6.’09 (“Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”) prevede che – per gli edifici di superficie “utile” (cioè calpestabile) inferiore o uguale a 1000 mq, e per il solo caso di trasferimento a titolo oneroso di edifici realizzati o radicalmente ristrutturati in base a titolo richiesto precedentemente all’8.10.’05 – il proprietario, “consapevole della scadente qualità energetica” del suo immobile, possa scegliere di ottemperare agli obblighi di legge attraverso un’autodichiarazione (da trasmettere, in copia, alla Regione o Provincia autonoma competente per territorio entro 15 giorni dalla data di formazione) in cui afferma che “l’edificio è di classe energetica G” e che “i costi per la gestione energetica dell’edificio sono molto alti”.

Lo stesso d.m. precisa che la relativa disciplina si applichi solo alle Regioni “che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri strumenti di certificazione energetica degli edifici in applicazione della direttiva 2002/ 91/CE e comunque sino alla data di entrata in vigore dei predetti strumenti regionali dicertificazione energetica degli edifici” (ma sul punto si veda Cn febb. ’10).

Una prima questione da esaminare è dunque se, in seguito alle nuove disposizioni, resti confermata la possibilità di ricorrere all’autodichiarazione in questione, che costituisce un’alternativa – in sede di trasferimento oneroso del bene – alla dotazione dell’attestato di certificazione energetica.

Alla domanda pare doversi dare risposta affermativa, posto che le nuove norme non intervengono in alcun modo su tale elemento. Ne consegue inoltre che, sia per i contratti di compravendita sia per quelli di locazione, le “informazioni” e la “documentazione” cui fa riferimento il nuovo comma 2-ter dell’art. 6 d.lgs. del 192/’05 ben possono essere costituite – nei casi sopra evidenziati – dall’autodichiarazione in parola.

Del medesimo avviso è anche il Consiglio Nazionale del Notariato (cfr. “La certificazione energetica negli edifici – Il nuovo comma 2-ter dell’art. 6 d.lgs. 192/2005: prime note”), che sottolinea altresì come l’autodichiarazione garantisca una “corretta informazione all’acquirente”.

Locazioni interessate
 Con riferimento alle locazioni, l’obbligo previsto dal nuovo comma 2-ter si applica – dice la stessa disposizione – “solo agli edifici e alle unità immobiliari già dotate di attestato di certificazione energetica ai sensi dei commi 1, 1-bis , 1-ter e 1-quater”. Si tratta dei seguenti casi:
immobili costruiti o radicalmente ristrutturati in base ad un titolo richiesto successivamente all’8.10.’05
immobili oggetto di trasferimento a titolo oneroso (in particolare ove tale trasferimento sia avvenuto: per “gli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadri,” dopo l’1.7.’07; per “gli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadri”, dopo l’1.7.’08; per le “singole unità immobiliari”, dopo l’1.7.’09)
immobili per i quali sono stati richiesti, a partire dall’1.1.’07, “incentivi” e “agevolazioni di qualsiasi natura”, che siano “finalizzati al miglioramento delle prestazioni energetiche” degli stessi cespiti o dei loro impianti
immobili pubblici, allorché si stipulino o rinnovino, a partire dall’1.1.’07, contratti relativi alla “gestione” dei loro “impianti termici o di climatizzazione”

Derogabilità – Nullità
Un’altra questione che si pone è se la disposizione che prevede l’indicata clausola sia inderogabile in quanto disposta in ragione della tutela di interessi pubblicistici oppure se la norma sia dettata nell’esclusivo interesse dell’acquirente o del conduttore e quindi sia per gli stessi disponibile. Su tale complessa tematica non è al momento possibile pronunciarsi, attesa l’assenza di qualsiasi interpretazione o anche commento dottrinale in punto coi quali confrontarsi.
Ciò che pare invece potersi senz’altro escludere è che l’assenza della clausola ora prevista produca la conseguenza della nullità del contratto (sull’ipotesi della nullità si è espresso criticamente anche il Notariato, nel documento citato).

Sanzioni
Con l’introduzione della nuova norma non sono state previste sanzioni per la violazione della stessa.
Fonte : Confedilizia

Attestato di Certificazione Energetica (ACE): le novità

Di nuovo obbligatorio per evitare la nullità dell'atto

La certificazione energetica degli edifici potrebbe avere tra breve un nuovo e rilevante capitolo della sua tormentata storia.
Nel decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE in merito alla promozione dell'uso di energia derivante da fonti rinnovabili varato dal consiglio dei ministri, si prevede (all'articolo 11) una modifica dell'articolo 6 del decreto legislativo 192/2005 e cioè della norma che impone l'obbligo di "dotare" gli edifici oggetto di compravendita dell'attestato di certificazione energetica (Ace).
Tralasciando il caso degli immobili nuovi (che debbono inderogabilmente avere l'Ace), la normativa statale attualmente vigente impone che, se viene trasferita una unità immobiliare non nuova, essa deve essere "dotata" del certificato energetico.
Nel testo originario del decreto legislativo 192 la presenza dell'Ace (allora si chiamava Aqe) era prescritta a pena di nullità, ma poi, con il decreto legge 112/2008 (articolo 35, comma 2-bis) la sanzione di nullità venne soppressa e l'obbligo di "dotazione" è stato da allora interpretato come norma derogabile. In altri termini, i contraenti possono accordarsi che sia l'acquirente a farsi carico dell'obbligo di dotare di Ace l'immobile acquistato, con la conseguenza che il continuo rimpallo dell'obbligo di dotazione tra un soggetto e l'altro provoca che l'immobile resta in sostanza privo di Ace se ubicato in regioni diverse da quelle che, come ad esempio la Lombardia e l'Emilia Romagna, abbiano previsto discipline più stringenti di quella statale.

Su questo panorama normativo si innesta ora dunque la nuova disciplina, di prossima entrata in vigore, secondo cui:
- nei contratti di compravendita di edifici è inserita una clausola con la quale l'acquirente dà «atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici»;
- nei contratti di locazione va inserita analoga dichiarazione del conduttore, ma solo se l'unità immobiliare è già di per sé dotata dell'Ace (ad esempio, per essere edificio di nuova costruzione oppure oggetto di recente compravendita);
- a decorrere dal 1° gennaio 2012 gli annunci commerciali di vendita degli edifici o di loro porzioni devono riportare l'indice di prestazione energetica contenuto nell'attestato di certificazione energetica.

Ora, focalizzando il discorso sui contratti di compravendita, se l'acquirente deve dichiarare «di aver ricevuto la documentazione in ordine alla certificazione energetica», non sembra possibile, a prima vista, perseverare nell'opinione per la quale l'obbligo di dotare gli edifici dell'Ace continua a essere disposizione derogabile dai contraenti. Infatti, se fino a oggi si è potuto sostenere che l'obbligo di dotare con l'Ace l'edificio compravenduto era disposizione scritta solo nell'interesse dell'acquirente (per la completezza della sua informazione) e quindi da questi rinunciabile, appare plausibile ritenere che la nuova norma sia invece scritta in nome dell'interesse generale della salvaguardia dell'ambiente e quindi di un interesse indisponibile dai contraenti.

In altri termini, al cospetto di una normativa che aggiunge al vecchio obbligo di dotare di Ace un fabbricato il nuovo obbligo per l'acquirente di attestare la ricezione della documentazione energetica, non sembra possibile derivare la possibilità per l'acquirente di comprare in mancanza di Ace.

Resta poi il tema di capire cosa succeda nel caso in cui il rogito non comprenda la prescritta clausola di cui si è fin qui parlato oppure contenga una clausola di rinuncia da parte dell'acquirente ad avere l'Ace. La soluzione non è facile, anche in ragione del fatto che la norma non prevede che l'inserzione della clausola in questione sia prescritta «a pena di nullità». Resta il fatto però che se si tratta, come pare, di norma imperativa, non sembra esserci spazio per trarre conclusioni diverse dalla nullità; anche perché, se si ipotizza l'inesistenza di sanzioni per il caso di violazione della norma che prescrive la clausola in questione, significa depotenziarla in misura tale da doverla considerare in pratica come non scritta.


Per vedere cosa prevedono le diverse Regioni in caso di compravendita clicca qui
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Fonte: Il Sole 24 Ore

Certificazione acustica: obbligatoria dal 2012

Poco conosciuta e poco considerata in Italia

Entrerà in vigore il prossimo anno la Direttiva dell'Unione Europea che prevede la classificazione dell'isolamento acustico secondo il numero dei decibel che ogni locale può assorbire ma  l'Italia è ancora molto indietro nella messa a norma degli immobili.

Secondo un'analisi condotta da Gruppo Immobiliare.it attraverso i dati raccolti dal suo sito NuoveCostruzioni.it, solo il 10% dei cantieri in Lombardia viene realizzato con criteri che permetterebbero una collocazione in classe B o superiore; in Emilia Romagna il 9% rispetta gli stessi criteri. Queste sono le regioni italiane meno in ritardo nel recepire la norma, di contro in Calabria solo il 2% dei cantieri sembra essere pronto a costruire nel rispetto delle nuove regole.

Il clacson delle auto imbottigliate nel traffico che ti sveglia all'improvviso, i tacchi della vicina del piano di sopra che non ti permettono di addormentarti, il corso di violino del figlio dei dirimpettai che disturba il sonno; spiacevoli esperienze che chi abita in città e in un condomino ha vissuto. Chiunque abbia condiviso queste esperienze è cosciente della brutta sensazione, del profondo fastidio che ne derivi, di come ci si senta quasi aggrediti nella propria casa, con conseguente perdita della tranquillità soprattutto quando certi episodi sono frequenti e ripetuti.

Carlo Giordano, a.d. del gruppo Immobiliare.it, afferma: «Questi problemi rientrano nella sfera del cosiddetto comfort abitativo, che riguarda quasi tutte le case costruite in Italia prima del 1995, anno in cui venne promulgata la legge quadro sull'inquinamento acustico, con cui, per la prima volta, venivano fissati i principi dei requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti per realizzare abitazioni più vivibili e confortevoli».

Ma quanto costa realizzare un appartamento che garantisca un buon isolamento acustico?
In fase di costruzione i prezzi sono abbastanza contenuti. Secondo gli studi effettuati da NuoveCostruzioni.it, per un bilocale di 60mq in un condominio il costo si aggira sui mille euro, mentre per un trilocale di 90mq la cifra è di circa 1.200 euro, Ovviamente questi costi sono indicativi e possono variare fortemente in funzione del numero di finestre, delle prese d'aria, della presenza o meno di fonti di rumore (come ad es. impianti di condizionamento, deumidificazione, caldaie, ascensori, ecc). Sensibilmente più elevati sono i costi di intervento su una casa già esistente, senza considerare i grossi disagi che lavori di questo tipo comportano, anche solo per sostituire i serramenti, e in questo caso i costi lievitano fortemente, e le prese d'aria ed il costo si aggira sui mille euro ad infisso.
Nonostante i costi per isolare acusticamente gli immobili nuovi siano tutt'altro che esorbitanti, l'Italia è ancora molto indietro nel processo di messa a norma e in Lombardia, come detto regione in testa alla classifica delle nuove costruzioni "silenziose", solo il 6% dei costruttori si dichiarano pronti e già attrezzati per soddisfare appieno i criteri per realizzare immobili che possano ottenere la classe A.
Con queste premesse è piuttosto facile capire il motivo per cui l'implementazione della norma, varata dalla Ue nel 2008 con un limite massimo di due anni per la ratifica da parte dei singoli Paesi membri, sia stata posticipata sia nel 2010 che nel 2011. E se tanto ci dà tanto, forse anche nel 2012 dovremmo continuare a sopportare gli zoccoli del vicino.

Il mercato immobiliare in Europa

Dove crescono e calano i prezzi degli immobili

Si divide in tre macro-categorie la mappa dell'andamento dei paesi del vecchio continente sul fronte del mercato degli immobili residenziali.
In un' Europa variegata sul fronte delle performance immobiliari, c'è infatti chi brinda ai rialzi, chi festeggia l'uscita dalla crisi e chi ancora vede molto incerto il proprio futuro.
La maggior parte dei paesi sul fronte delle abitazioni private vive una ripresa, tuttavia rimane l'incertezza nell'intera regione.
Secondo l'ultimo rapporto stilato da Rics (Royal institution of chartered surveyors) sul mercato immobiliare residenziale europeo si ampia il divario tra Europa e Stati Uniti, da un lato, e tra paesi a nord del vecchio continente e nazioni meridionali dall'altro.
Rialzi importanti dei prezzi del mattone nel 2010 si sono registrati in Belgio, Francia, Germania così come nei Paesi Nordici, mentre altri mercati hanno dovuto fronteggiare diverse difficoltà.  
La Norvegia ha registrato, dopo un rialzo di oltre il 10% nel 2009, ancora guadagni delle quotazioni superiori al 5%, così come Finlandia e Svezia. A questi si è aggiunta la Danimarca, la cui performance si è assestata a un +2-3 per cento. Nell'area a spingere il mercato è stata l'unione bassi tassi di interesse (il 2% in Svezia, per esempio) e un'offerta scarsa di immobili.

A sorpresa però in Francia e Germania, dove nel 2009 le quotazioni erano calate del 4-6% nel 2010 sono invece risalite rispettivamente del 2,5 e del 4% circa. Austria e Svizzera, che non hanno partecipato al boom immobiliare e nemmeno alla successiva crisi, nel 2010 hanno visto salire considerevolmente i prezzi.E' ancora crisi, invece, per Irlanda, Ungheria e Cipro. Lieve è stata la diminuzione dei prezzi nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Polonia e in Italia. Secondo Rics nel nostro paese, dove dal 2008 i prezzi reali sono scesi del 10% circa, l'incertezza resta comunque alta. Nel 2010 Scenari Immobiliari ha registrato un calo del 2% nei prezzi nominali e Nomisma dell'1,6% nelle 13 principali città italiane.
 Benché la maggioranza dei mercati europei stia uscendo dalla crisi, l'analisi rileva che il futuro del mercato immobiliare europeo rimane incerto e che una piena ripresa dipenderà da vari elementi. A differenza di precedenti riprese del mercato immobiliare, questa volta il rilancio è guidato da aumenti di prezzo, mentre altri indicatori del mercato, come l'offerta e le vendite nel settore edile, rimangono molto bassi in tutta Europa, con alcune eccezioni.
Soprattutto la particolarità, secondo Rics, è che i valori stanno risalendo prima del previsto, mentre in genere in un classico ciclo immobiliare, notoriamente lungo, sono necessari alcuni anni di ripresa prima che gli acquirenti si abituino a quotazioni in salita e nel frattempo i prezzi languono.Michael Ball, autore del rapporto (professore di economia urbana e immobiliare presso la Scuola di edilizia e progettazione dell'Università di Reading, nel Regno Unito e co-presidente del gruppo economico immobiliare dell'European network for housing research) ha dichiarato: «La piena ripresa non avverrà fino a che i mercati immobiliari non funzioneranno completamente di nuovo, vale a dire con un finanziamento dei mutui abbondante, un settore edile rivitalizzato e un vasto fatturato per il mercato in tutti i suoi settori. Nonostante ciò, il mercato immobiliare europeo non sta vivendo il lungo periodo di punto morto che gli Stati Uniti stanno trascorrendo in questo momento».

Fonte: Il Sole 24 Ore

venerdì 25 marzo 2011

Aumento dei tassi interesse in arrivo

Il 7 Aprile cambieranno i tassi di interesse?

Mercato immobiliare e andamento dei mutui sono due temi strettamente connessi. Secondo il barometro CRIF a gennaio e febbraio la richiesta di mutui è aumentata, piccolo segnale di un possibile buon inizio d'anno per le compravendite. ma sul mercato incombe la decisione della bce sui tassi di interesse: il 7 Aprile sapremo cosa succederà all'Euribor.
Nonostante alcuni analisti avessero ipotizzato che gli ultimi avvenimenti mondiali (il terremoto in giappone e la crisi in libia) avrebbero mantenuto basso il costo del denaro, le ultime dichiarazioni provenienti dagli ambienti finanziari hanno fatto cambiare il vento.
Il presidente della BCE, Jean Claude Trichet, l'unico autorizzato a dare delle informazioni al riguardo, ha dichiarato che la sua posizione non cambia: un aumento dei tassi di interesse è necessario per combattere l'inflazione. Sembra ormai scontato che il 7 Aprile ci sarà l'annuncio ufficiale.
Un aumento dei tassi di interesse deciso dalla BCE porterebbe immediatamente ad una fluttuazione verso l'alto dell'Euribor, l'indice con cui si determina la rata del mutuo a tasso variabile. Ma oltre alla rata di chi un mutuo già ce l'ha, saranno le nuove erogazioni a diventare più care.
Anche l'IRS, l'indice su cui si calcola il tasso fisso, dipende infatti dai tassi della BCE e i mutui a tasso fisso al di sotto del 4% sono praticamente spariti dal mercato a dicembre. Chi ne ha approfittato ha fatto probabilmente l'affare della sua vita.
L'Euribor a 3 mesi, dopo le dichiarazioni di Trichet, si è attestato  a 1,19%, quello a 1 mese a 0,90% e quello a 6 mesi a 1,50%. Valori molto bassi, in ogni caso, ma destinati a crescere.
Le previsioni indicano che il 7 Aprile i tassi BCE auementeranno dello 0,25% ed entro fino anno dello 0,50%.

Cedolare secca: pubblicato il Decreto Legislativo sulla G.U.

Il provvedimento entra in vigore fal 7 Aprile ma non è operativo

Senza i chiarimenti necessari per l'applicazione concreta della cedolare secca sugli affitti,  c'è il rischio che sia la nuova misura sia la realizzazione dell'obiettivo di rilancio della locazione che la stessa si prefigge non decollino. Lo afferma Confedilizia nel segnalare l'avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, all'interno del quale e' appunto prevista l'introduzione della cedolare. Il decreto legislativo - ricorda la Confedilizia - prevede la possibilita' di applicare la cedolare secca a decorrere dal 2011.
Lo stesso decreto, però, demanda ad un provvedimento dell'Agenzia delle Entrate - da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto - la definizione delle modalita' di esercizio dell'opzione per la cedolare , delle modalita' di versamento dell'imposta in acconto e a saldo nonche' di 'ogni altra disposizione utile, anche dichiarativa', ai fini dell'attuazione delle nuove disposizioni. Ora, considerato che il decreto legislativo entrera' in vigore il prossimo 7 aprile, l'Agenzia delle entrate ha tempo fino al successivo 6 luglio per emanare il citato provvedimento attuativo.
Prima di tale data, pero', scadono i termini relativi agli acconti Irpef per il 2011, sia per i contribuenti che presentano il Modello 730 (al datore di lavoro o al Caf) sia per quelli che presentano il Modello Unico. Si tratta, in particolare, delle scadenze del 2 maggio, del 31 maggio e del 16 giugno. Alla luce di quanto sopra - conclude Confedilizia - risulta indispensabile che l'Agenzia provveda, anche prima di emanare il previsto provvedimento attuativo, a fornire chiarimenti in merito ai versamenti degli acconti, che scongiurino che di fatto la cedolare non diventi operativa gia' da quest'anno, come pure la legge prevede.

Fonte: Confedilizia

Mercato immobiliare: Ancona città più costosa delle Marche

La graduatoria delle Marche

Secondo l’Osservatorio Casa.it,  Ancona si aggiudica la palma di città più cara delle Marche.
Nella classifica,  Ancona risulta la città più cara delle Marche con un prezzo medio di 3.390 Euro al metro quadro per l'acquisto di un bilocale ristrutturato nel Centro Storico. Prezzo che scende intorno ai 2.650 Euro al metro quadro nel quartiere Borgo Rodi per la stessa tipologia di immobile e arriva a 1.700 Euro se si sceglie il quartiere Grazie.
La città di Ancona è seguita da Pesaro, che registra un costo medio di 2.400 Euro al metro quadro. Osservando nello specifico l’offerta della città sono evidenti dei picchi che arrivano sino ai 3750€/mq per soluzioni signorili in centro e sino ai 4300€/mq per immobili ristrutturati nella zona adiacente al mare.
Ad Ascoli Piceno le quotazioni medie si attestano sui 1900€/mq, per raggiungere i 3000€/mq nel caso di appartamenti di nuova costruzione. A Macerata, invece, i costi per l’acquisto di un bilocale di nuova costruzione possono arrivare fino a 2300€/mq, mentre un appartamento di uguale metratura e ben ristrutturato nel centro storico si attesta su una media di 1490€/mq.
“Rispetto allo scorso anno, le quotazioni delle abitazioni delle Marche fanno registrare un trend stabile. L’unica città che manifesta un andamento diverso è Macerata, dove si registra un ribasso nei prezzi del 2,9%,” commenta Daniele Mancini, Amministratore Delegato di Casa.it. “Analizzando nello specifico le richieste pervenute al nostro portale, possiamo notare come nella città di Ancona ci sia una maggiore richiesta di trilocali, preferibilmente con posto auto o garage. Attenzione confermata dal costo elevato per l’acquisto di un box singolo in città, che si aggira mediamente sui 12.000 Euro”.
Anche per quanto riguarda il mercato degli affitti la situazione rimane invariata. Ancona comanda sempre la classifica, per un bilocale i prezzi variano da un minimo di 550 Euro al mese nel quartiere Grazie ad un massimo di 650 Euro nel Centro Storico. Per la stessa tipologia di immobile, a Pesaro occorrono 570 Euro al mese, ad Ascoli Piceno 450 e a Macerata 420.
“E’ emerso, infine che, dei marchigiani che ogni giorno si affidano al web per la ricerca di un immobile da acquistare o affittare, il 37% sono di Ancona, seguiti dagli abitanti di Ascoli Piceno (24%), Macerata (21%) e Pesaro (18%)”, conclude Daniele Mancini.

Fonte: Casa.it

martedì 8 marzo 2011

Cedolare secca: istruzioni per l'uso

Operativa dal 2011

Prevista nello schema di Decreto Legislativo sul Federalismo Municipale sul quale è stata recentemente apposta la fiducia della Camera del Deputati, la cedolare secca sugli affitti, comporterà un notevole vantaggio fiscale per i contribuenti. In alternativa alle ordinarie imposte sui redditi si pagherà infatti un'imposta sostitutiva pari al 21% del canone di affitto, oppure il 19% per i contratti a canone concordato nelle città ad alta tensione abitativa.

Se si aggiunge poi che la cedolare ingloberà anche l'imposta di registro e l'imposta di bollo sui contratti di locazione, il vantaggio per i contribuenti è quasi sempre evidente.
La convenienza va però calcolata sul proprio reddito: mentre c'è sempre per chi affitta a canone libero, per i locatori a canone concordato scatta solo per i redditi lordi annui medio-alti, dai 28mila euro in sù.

Potranno scegliere il regime sostitutivo solo le persone fisiche che non agiscono nell'esercizio dell'impresa o della professione.
Rientrano nell'ambito della cedolare le sole locazioni di abitazioni e pertinenze (per esempio il box) se locate congiuntamente al bene principale. Non vi rientrano ad esempio le sublocazioni poiché queste danno luogo a redditi diversi e non a redditi fondiari.

L'opzione
L'applicazione della cedolare è facoltativa e la scelta spetta al locatore. Condizione necessaria per la validità dell'opzione è che il locatore rinunci per tutta la durata della stessa ad applicare aumenti del canone di affitto, inclusi gli aumenti Istat (cosa che va a vantaggio dell'inquilino). La rinuncia deve essere previamente comunicata all'inquilino con lettera raccomandata. Tale disposizione è inderogabile, il che significa che eventuali accordi contrari tra le parti sono privi di effetti.

Entro 90 giorni dalla prossima emanazione del decreto leg­isla­tivo da parte del Con­siglio dei min­istri, sarà l’Agenzia delle Entrate a fis­sare le modal­ità di eser­cizio dell’opzione, di versamento degli acconti e del saldo. Il dlgs ha, in ogni modo, sta­bil­ito che:
a) gli acconti saranno pari all’85% dell’imposta per il 2011 e al 95% per il 2012;
b) il trib­uto va ver­sato entro il ter­mine pre­visto per il paga­mento dell’Irpef;
c) even­tu­ali imposte di bollo e di reg­istro, pagate per reg­is­trazioni già avvenute, non saranno rim­bor­sate;
d) il red­dito assogget­tato a cedolare secca ril­eva ogni volta la nor­ma­tiva fac­cia rifer­i­mento a req­ui­siti red­di­tu­ali per il riconosci­mento di agevolazioni, fis­cali e non, nonché ai fini Isee.

Nel caso si optasse per la cedolare secca, il reddito sottoposto a imposta sostitutiva non può comunque essere inferiore a quello catastale, determinato applicando le tariffe d'estimo.

L'imposta
L'aliquota della cedolare è pari al 21% del canone di affitto libero misura che si abbassa al 19% per i contratti a canone concordato relativi a immobili siti nei Comuni con carenze di disponibilità abitative (individuati dal Dl 551/1998, all'articolo 1, lettera a e b) e in quelli ad alta tensione abitativa.Sono assoggettabili a cedolare secca anche i canoni relativi a contratti di locazione di durata non superiore a 30 giorni complessivi nell'anno, per i quali non c'è l'obbligo di registrazione.

Questa imposta sostituisce l'Irpef e le addizionali all'Irpef sui redditi fondiari, nonché l'imposta di registro (2%) e l'imposta di bollo sui contratti di affitto. La cedolare secca sos­ti­tu­isce, inoltre, le imposte di registro e di bollo sulle risoluzioni e sulle pro­roghe del con­tratto di locazione.

L'opzione dovrà essere esercitata con riferimento a ciascun contratto, anche perché occorre la rinuncia all'applicazione degli aggiornamenti del canone (compreso quello Istat), che è un atto autonomo per ogni locazione.
La scelta comporta quindi benefici anche per l'inquilino che, dal canto suo, avrà la sicurezza di un canone fisso e non modificabile.Un legame questo fra le parti che la norma rafforza al punto da subordinare l'efficacia dell'opzione per la tassazione sostitutiva proprio alla dichiarazione preventiva di rinuncia agli aggiornamenti, che il locatore deve comunicare per raccomandata al conduttore.
Le sanzioni
Con l’articolo 3 del dlgs sul fed­er­al­ismo munic­i­pale si è oper­ato anche dal lato del con­trasto degli affitti in nero. In caso di man­cata reg­is­trazione di con­tratti di locazione rel­a­tivi a immo­bili a uso abi­ta­tivo entro il ter­mine sta­bil­ito dalla legge:
1) la durata della locazione è sta­bilita in quat­tro anni a decor­rere dalla data della reg­is­trazione;
2) al rin­novo si applica la dis­ci­plina pre­vista per i con­tratti a canone libero;
3) a decor­rere dalla reg­is­trazione, il canone annuo di locazione è fis­sato nel minore fra l’importo sta­bil­ito fra le parti e quello pari al triplo della ren­dita cat­a­stale, oltre l’adeguamento, dal sec­ondo anno, in base al 75% dell’aumento degli indici Istat dei prezzi al con­sumo per le famiglie degli imp­ie­gati e operai. 
Stesse conseguenze anche per contratti registrati:
- di locazione contenenti un importo inferiore a quello effettivo;
- di comodato fittizio.
Locazioni "sottodichiarate" e comodati fittizi che, se non registrati, si considerano nulli.
Viene inoltre ribadito che i contratti non registrati sono nulli, ai sensi della legge 311/2004, pertanto per regolazzare la situazione, gli interessati devono provvedere a registrare i contratti in essere entro 60 giorno dall'entrata in vigore del decreto sul federalismo municipale.
Una spinta in più  alla registrazione dei contratti di locazione è data inoltre dalla norma per cui l'adempimento sostituisce l'obbligo di comunicare le generalità del conduttore all'autorità di pubblica sicurezza.
L'inasprimento più notevole delle sanzioni si è avuto a livello di imposte sui redditi.

Se, infatti, il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non è indicato nella dichiarazione dei redditi, la sanzione applicata varia dal 240% al 480% dell'Irpef evasa.Punita è anche l'indicazione in misura inferiore a quella effettiva: la sanzione, in questo caso, può andare dal 200% al 400 per cento.In pratica, sono state raddoppiate le sanzioni amministrative fissate nei casi di dichiarazione omessa o infedele (articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 471/1997).

Inoltre, nell'ipotesi di definizione dell'accertamento sia in via concordata con l'ufficio sia con acquiescenza del contribuente, non spetta alcuna riduzione di sanzioni. L'unico beneficio consisterà nell'applicazione delle "pene" ordinarie (e non raddoppiate, come sopra illustrato) previste all'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 471/1997, oppure all'articolo 13 dello stesso decreto legislativo nei casi di ritardato od omesso versamento.

Fonti : FiscoOggi