venerdì 16 dicembre 2011

Maxi-emendamento alla manovra: prevista l'IMU per la proprietà di immobili all'estero

NUOVA TASSA PATRIMONIALE SUGLI IMMOBILI POSSEDUTI ALL' ESTERO

Con il maxi-emendamento anche il pacchetto relativo al mattone viene modificato, e l’Imu varca le frontiere. 

In sostanza viene previsto che le persone fisiche che sono proprietarie di immobili fuori dai confini nazionali, pagheranno l’Imu su tali edifici, applicando sempre un’aliquota dello 0,76 per cento. 

La base imponibile sarà costituita dal prezzo indicato all’interno dell’atto o in assenza di questo dal valore di mercato dell’immobile. 

Certo potrebbe non essere semplice calcolare lo lo 0,76% di 10.000 franchi repubblicani o di 10.000 corone imperiali e regie per una casa sulla Costa Azzurra o in Carinzia. Ma rivalutazioni monetarie comprese (sempre che siano previste), si potrebbe arrivare solo a poche decine di euro. Questo potrebbe essere il costo dell'imposta sulle case all'estero prevista dal Dl 201/2011. Perché l'articolo 19, comma 13, nella versione che passerà in Parlamento, prevede infatti che il valore degli immobili, su cui si applicherà l'imposta dello 0,76 per cento, sarà costituito dal "costo risultante dall'atto d'acquisto o dai contratti o, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile".

L’Imu sarà dovuta inoltre in misura proporzionale alla quota di possesso del bene. 
Chi ha acquistato l'immobile parecchi anni fa avrà quindi un vantaggio notevole: se trova l'atto di compravendita calcolerà l'imposta su quanto dichiarato nel documento. E che l'immobile si trovi a  Mentone, in Engadina oppure a Corfù probabilmente, nell'atto d'acquisto avranno tutti prezzi ormai irrisori rispetto a quelli di mercato. Ma il valore da prendere come riferimento, se c'è, è quello. Ed è probabile che i proprietari faranno di tutto per trovare i vecchi atti. Chi invece ha acquistato una multiproprietà nei nuovi villaggi vicino a Cannes, a prezzi che, in alcuni casi, si sono anche svalutati, si troverà a pagare molto di più.

L’emendamento prevede inoltre che sia riconosciuto un credito di imposta per evitare che in caso di tassazione da parte dello stato estero vi siano doppie imposizioni. 

La norma, comunque, non parla di rivalutazione monetaria: il franco del 1922, o la corona del 1912 e il franco svizzero del 1965 valevano decisamente meno di oggi. Così come la lira del 1910 valeva circa 2,5 euro ma con 10.000 lire si comprava un signor appartamento in centro a Milano mentre con 25.000 euro oggi si compra, se va bene,  un box. L'ipotesi quindi che fatti i conteggi, e  applicati i trattati contro le doppie imposizioni, resti ancora qualcosa da pagare al Fisco è molto remota. 

Ma cosa succede se il rogito (o atto omologo) non si trova? In questo caso la base imponibile andrebbe determinata secondo il valore di mercato rilevabile. Il contribuente (e, a cascata, l'Agenzia delle Entrate per i controlli) dovrà allora fare il calcolo sui borsini immobiliari esteri. Ed il conteggio su valori di mercato porterà a risultati decisamente diversi.

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