martedì 6 dicembre 2011

Agevolazioni prima casa con la comunione dei beni

E' possibile ottenerla solo se entrambi i coniugi sono presenti all'atto

Per la legge italiana, se un soggetto, coniugato con regime di comunione dei beni, compra un appartamento, questo diventa di proprietà di entrambi i coniugi, a prescindere dal fatto che tutti e due firmino il contratto. Ma se per l'acquisto i coniugi richiedono l' agevolazione "prima casa", entrambi, secondo il Fisco, devono recarsi al rogito di persona: non è ammesso, infatti che uno dei due non sia presente, per una qualunque ragione, perché l'agevolazione viene negata a chi, non presente al rogito, comunque approfitterebbe dell'acquisto in comunione.

È questo il comportamento che alcuni uffici dell'Agenzia delle Entrate (per fortuna, non tutti) tengono con il malcapitato di turno, il quale non riesce a capire perchè, essendo assente dal rogito, il proprio coniuge riesce sì a fargli acquistare un appartamento, ma non riesce a fargli ottenere l'agevolazione fiscale a cui ha diritto, trovandosi nella condizione di poterne beneficiare.



Inoltre il Fisco, negando all'assente l'agevolazione "prima casa", gli nega pure il diritto ad avere la base imponibile determinata su base catastale (invece che sul prezzo dichiarato nel rogito, che è da tre a cinque volte più alto) nonché il diritto di richiedere il credito d'imposta derivante dal fatto di effettuare un acquisto entro un anno dalla vendita di una abitazione precedentemente posseduta.

Qual' è allora il motivo per cui il Fisco "punisce" il coniuge assente al rogito? È la considerazione (derivante dalla circolare delle Entrate 38/2005) secondo cui chi è assente al contratto non può rendere le dichiarazioni a cui la legge subordina la concessione dei benefici fiscali (ad esempio, la dichiarazione di non possedere altre abitazioni).

Ma come è possibile che un coniuge possa acquistare un bene per la comunione legale a prescindere dalla presenza (e persino dal volere) dell'altro coniuge oppure che possa compiere da solo atti di conservazione, di miglioramento e di gestione ordinaria del patrimonio comune  e che poi egli possa chiedere agevolazioni fiscali solo per sé, senza farne partecipe anche l'altro coniuge? E perché mai, il Fisco, di fatto, disincentiva il ricorso alla comunione dei beni, che il legislatore ha invece promosso definendolo «legale» e cioè operativo a meno che non espressamente derogato?


Fonte: Il Sole 24 Ore

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