martedì 5 aprile 2011

Agenzia del Territorio: i nuovi compiti

L'Agenzia del Territorio taglia il traguardo dei dieci anni di attività con nuove missioni: case fantasma, rendite catastali, federalismo municipale.
Intorno a questi settori si gioca l'azione di un organismo tecnico che sarà chiamato – sempre più spesso – ad accompagnare lo sviluppo della nuova fiscalità immobiliare affidata ai Comuni.

Da quando è stata istituita, nel 2001, l'Agenzia ha lavorato per rendere più nitida e aggiornata la fotografia del patrimonio immobiliare, continuando un percorso iniziato dopo il condono edilizio del 1985. Con la procedura manuale i geometri facevano la fila davanti agli uffici dalle quattro di mattina e si producevano solo arretrati. La svolta è avvenuta in due mosse: la trasmissione telematica (che evita le file) e l'approvazione automatica (che azzera la discrezionalità degli uffici). Grazie a questi strumenti, i professionisti sono parte attiva nella gestione del catasto. Tanto che oggi il 90% degli atti di aggiornamento passa attraverso i geometri.
Lo stesso processo ha riguardato il Notariato, vero precursore nel campo dell'informatica tra le categorie professionali. Fin dal 2001 i notai sono collegati in rete con il Territorio e operano con l'adempimento unico. Oggi, di cartaceo, resta solo il deposito degli atti alla conservatoria, ma anche questo passaggio potrebbe essere presto superato. A Bologna, Firenze, Lecce e Palermo si sta sperimentando la dematerializzazione e si spera che all'inizio del 2012 si possa partire su tutto il territorio nazionale.
A rendere ancora più aggiornato il catasto contribuisce anche l'obbligo di verificare che la planimetria corrisponda allo stato di fatto degli immobili al momento del rogito, previsto dal Dl 78/2010, cosa che perfezionerà le situazioni catastali di pari passo con le compravendite immobiliari.

Non tutti gli obiettivi lanciati negli ultimi dieci anni, comunque, sono stati raggiunti. Il progetto di affidare il catasto ai Comuni, dopo essere stato affossato dai ricorsi al Tar, è uscito dall'agenda politica. Molto più importante per i professionisti sembra invece l'altro "grande incompiuto" degli ultimi anni: il Mude, modello unico digitale per l'edilizia previsto nel 2006 da una norma di fine legislatura. Spiega Mario Picardi, primo direttore dell'Agenzia: «Il Mude eviterebbe al cittadino di dover provvedere ai due adempimenti oggi previsti, Dia e aggiornamento catastale, e consentirebbe automaticamente al catasto di conseguire l'aggiornamento, a opera realizzata».
Il prossimo banco di prova, comunque, non sarà né il Mude, né il catasto ai Comuni. Dal 2 maggio i funzionari del Territorio dovranno partire con le operazioni a tappeto per attribuire una rendita catastale presunta a tutti gli "immobili fantasma" non dichiarati dai proprietari: circa 800mila, su un totale di 2 milioni inizialmente identificati.

Una volta dotati di una rendita catastale, gli immobili fantasma potranno essere tassati, ma i Comuni – oltre a incassare l'Ici – dovranno decidere cosa fare con quelli abusivi sotto il profilo edilizio: abbatterli o far finta di nulla? Su questo dilemma si giocherà gran parte della credibilità di molti sindaci. Gli stessi che non hanno vigilato sul territorio. Gli stessi che – salvo rare eccezioni – non hanno utilizzato gli strumenti introdotti dalla Finanziaria 2005 per adeguare: la revisione delle microzone (comma 335) e il riclassamento (comma 336). Il tutto mentre in tante città ci sono centinaia di edifici accatastati come ultrapopolari (A/5) con rendite ridicole.
L'Agenzia potrebbe essere chiamata in causa come advisor tecnico, dato che il federalismo fiscale incentiverà gli amministratori locali a "coltivare" la propria base imponibile. Sempre che, a livello politico, non si riapra il dossier della revisione degli estimi.
Quel materiale è rimasto confinato al circuito accademico, anche perché, dal 2008, l'abolizione dell'Ici sulla prima casa ha fatto venir meno l'esigenza di superare estimi ormai lontani dai valori reali o fortemente sperequati. Picardi, però, è convinto che le cose cambieranno: «La nascita dell'imposta municipale propria e i riflessi negativi dell'attuale sistema estimale sulle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari, prima o dopo, faranno avvertire la necessità di mettere mano ai criteri di determinazione della base imponibile immobiliare. In tal caso, gli studi e le analisi torneranno sicuramente utili».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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