mercoledì 18 luglio 2012

Mutuo giovani coppie

Esiste, pochi lo conoscono, quasi nessuna banca lo concede

Il Ministero del Tesoro la scorsa estate, nell'ambito dell'iniziativa Diritto al futuro, ha deliberato un fondo, riservato all'abbattimento tassi, per l'acquisto dell'abitazione principale di giovani coppie.

Come funziona
Il fondo è riservato all'acquisto dell'abitazione principale per un ammontare non superiore a 200mila euro. Il vantaggio risiede nel fatto che lo Stato garantisce per il 50% dell'importo del mutuo. In questo modo il reddito degli aspiranti mutuatari deve coprire solo l'altra metà del mutuo e, quindi, le chance di avere il prestito aumentano.

Chi sono i beneficiari
Possono aderire al fondo: giovani coppie coniugate (con o senza figli) o nuclei familiari anche mono genitoriali con figli minori. A condizione che entrambi abbiano meno di 35 anni e che il reddito Isee non sia superiore a 35mila euro. Inoltre, non più del 50% del reddito complessivo imponibile ai fini Irpef deve derivare da contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (in sostanza il 51% del reddito deve essere "precario").

Gli spread applicati sui mutui
Altro vantaggio riguarda gli spread. È previsto infatti uno spread massimo 150 punti base (1,5%) sui mutui di durata superiore a 20 anni e uno spread di 120 punti su durate inferiori, sia per il tasso variabile che per il fisso.

I problemi
Al momento dell'istituzione del fondo (estate 2011) sul mercato c'erano istituti che offrivano mutui (ovviamente in assenza della garanzia statale del 50%) con spread anche inferiori all'1,2%. Dopodiché, da settembre 2011, per colpa dell'altro spread (quello tra BTp e Bund) si sono impennati anche gli spread sui mutui portando la media oggi oltre la soglia del 3%.

Ora c'è chi sta pensando di accelerare i preparativi del matrimonio: il fondo non vale, infatti, per le giovani coppie fidanzate, seppur conviventi. Il timore è che le condizioni stabilite vengano riviste, aggiornate all'evoluzione del mercato che, in effetti, vede oggi spread più che doppi.

Perché le banche ignorano il fondo
A questo timore si aggiunge il fatto che molte banche starebbero facendo ostruzione. In un contesto come quello attuale (con l'erogato di mutui a picco del 47% nel primo trimestre 2012 e la domanda crollata del 44% nel primo semestre come indicato dai dati Crif) e con costi di approviggionamento di capitali in rialzo per gli istituti di credito italiani,  concedere mutui a spread agevolati è ancor meno conveniente che in passato per un intermediario finanziario. Anche perché la copertura dello Stato agisce sulla garanzia (e sul rimborso delle rate per il 50% nel caso di insolvenza) ma non sulla differenza tra le spese di raccolta e lo spread applicato, qualora le prime siano superiori (come probabile) al secondo.

Questo spiega in parte, l'atteggiamento di quegli istituti che in questo momento stanno ignorando quest'opportunità, al momento ancora disponibile per tutti i giovani che rientrano nei requisiti come confermato dall'agenzia statale Consap che gestisce il fondo da 50 milioni di euro. Da una recente indagine di Altroconsumo è emerso che solo nove agenzie su 71 hanno proposto il mutuo agevolato a una coppia, nonostante questa presentasse tutte le carte in regola. Le restanti banche ne hanno ignorato l'esistenza, negando l'offerta di prestito.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Crisi economica: 8 milioni di poveri in Italia

Dall'ISTAT un dato allarmante sulla situazione economica del paese


L'Italia che non ce la fa più ad arrivare alla fine del mese, non riesce a spendere, in due, piu' di 1.011 euro. E' composta da 8,1 milioni di persone e rappresenta l'11,1% delle famiglie residenti. In tanti ormai, 3,4 milioni (5,2 famiglie su 100), vivono in condizioni di poverta' grave. Sono dati allarmanti, di una poverta' stagnante, rimasta ''sostanzialmente stabile'' tra il 2010 e il 2011, ma solo perche' sono peggiorate le condizioni delle famiglie in cui vi sono operai, o non vi sono redditi da lavoro, e migliorate quelle delle famiglie di dirigenti o impiegati. A scattare la fotografia dell'Italia ''con le tasche vuote'' e' l'Istat nel report ''La poverta' in Italia'', diffuso di recente.

Al Sud e' povera quasi una famiglia su quattro (23,3%) e, in generale, il 7,6% delle famiglie rischia di ''superare'' la soglia. 


NEL  2011 8 MLN 173 MILA POVERI IN ITALIA - Rappresentano il 13,6% dell'intera popolazione e l'11,1% delle famiglie (2 milioni e 782 mila). Di questi, 3 milioni e 415 mila (5,7% dell'intera popolazione) vivono in condizioni di poverta' assoluta (1 milione e 297 mila famiglie; 5,2%). Una famiglia composta da due persone e' considerata relativamente povera se ha una spesa inferiore o pari a 1.011,03 euro (soglia poverta').

PEGGIORANO LE CONDIZIONI DEGLI OPERAI - Il 15,4% (15,1% nel 2010) dei nuclei in cui vi sono operai e' relativamente povero, il 7,5% (6,4% nel 2010) e' assolutamente povero. Migliora invece la condizione delle famiglie di dipendenti o dirigenti: nel 2010 era relativamente povero il 5,3% e assolutamente povero l'1,4%, nel 2011 i valori si fermano al 4,4% e all'1,3%. Assieme alle famiglie operaie peggiorano anche le condizioni dei nuclei senza occupati ne' ritirati dal lavoro (l'incidenza della poverta' relativa passa da 40,2% a 50,7%) e di quelli con tutti i componenti ritirati dal lavoro (dall'8,3% al 9,6%). In generale, l'incidenza di poverta' assoluta cresce tra le famiglie con a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi, tra cui nuclei con licenza elementare (dall'8,3% al 9,4%) o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%).

AUMENTA LA POVERTA' TRA LECOPPIE CON UN FIGLIO - E' relativamente indigente il 10,4% (4% in poverta' assoluta) delle coppie con un figlio, il 13,5% (5,7%) di quelle con un figlio minore. Nel 2010 erano rispettivamente il 9,8% (2,9%) e l'11,6% (3,9%). Il 28,5% delle famiglie con cinque o piu' componenti e' relativamente povera, incidenza che al Sud raggiunge il 45,2%. La poverta' e' inoltre superiore alla media nelle famiglie con due o più anziani (14,3%).

AL SUD E' POVERA QUASI UNA FAMIGLIA SU 4 - Tra queste, l'8% vive in condizioni di poverta' assoluta. Aumenta in un anno l'intensita' di poverta' relativa (quanto la spesa mensile equivalente delle famiglie povere si colloca al di sotto della linea di poverta'), cioe' i poveri sono diventati ancora piu' poveri. Il valore e' passato dal 21,5% al 22,3%. 


SICILIA E CALABRIA SONO LE REGIONI PIU' POVERE - Con un'incidenza di poverta' rispettivamente pari al 27,3% e al 26,2%. I valori piu' bassi li registrano invece la provincia di Trento (3,4%), la Lombardia (4,2%), la Valle d'Aosta e il Veneto (4,3%).

7,6% FAMIGLIE A RISCHIO DI POVERTA' - Sono quei nuclei che si trovano di poco al di sopra della linea di convenzionale di poverta' e che, magari, con una spesa improvvisa, potrebbero ''scivolare'' al di sotto. Di questi il 3,7% presenta valori di spesa superiori alla linea di poverta' di non oltre il 10%.

Considerando le famiglie povere (6% appena povere e 5,1% sicuramente povere) e quelle a rischio, una famiglia su 5 (18,7%) tra quelle residenti in Italia risulta indigente o quasi indigente.

Fonte : ANSA. it




lunedì 2 luglio 2012

Il baratto: la nuova moneta dell'anno 2012

Baratto per aziende e privati

Con la crisi la moneta diventa sempre più rara (figuriamoci la possibilità di pagare con mezzi elettronici!) allora le persone si ingegnano e inventano mezzi alternativi.

Di seguito alcuni interessanti articoli trovati in rete.

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Se la stretta creditizia non dà respiro, la risposta di tante piccole e medie imprese si dispiega tra vecchie pratiche e innovazioni del sistema di business. È tornato il baratto, si sente ripetere spesso. Non se n'è mai andato, in realtà, ma solo adattato alle nuove esigenze: lo scambio di beni e servizi senza uso di moneta sfrutta oggi le potenzialità della rete. E mai come negli ultimi mesi si è registrato un tasso di adesione così alto ai vari circuiti di "compensazione multilaterale".

Il baratto funziona così. Ogni azienda paga un abbonamento annuale per far parte del circuito: scambia i prodotti senza nessun pagamento (con una commissione sulle vendite). Chi vende non è obbligato ad accettare la merce dell'acquirente, ma può comprare ciò che gli serve presso altri fornitori del network (che garantisce ogni transazione dal rischio d'insolvenza tramite accordi con società assicurative). La moneta complementare (nome a effetto per riferirsi all'unità di conto della transazione) consente di acquistare senza utilizzare denaro, ma con beni e servizi propri o nuove vendite ai clienti del network.

Sperimentata da tempo in altri paesi, la nuova forma di barter in Italia ha storia recente. Il primo network è stato
BexB, spa bresciana nata nel 2001 e che da allora ha intermediato 200 milioni di euro: 72 milioni solo nel 2011, quando ha concluso 9mila operazioni (circa 25 al giorno) sulle 60mila totali portate a termine in dieci anni di attività. Il circuito conta oltre 2200 Pmi associate in tutto il paese (con un fatturato aggregato di circa 21 miliardi di euro), che coprono circa 160 settori merceologici dall'edilizia all'arredamento, dalla meccanica alla chimica, all'informatica, «e le adesioni stanno crescendo al ritmo di 50-60 al mese», afferma Simone Pietro Barbone, marketing account. «Il trend annuale di crescita è del 15-20%, ma nel 2011 è stato quasi del 30 per cento».

BexB ha una quota associativa che varia (da 500 a 4mila euro) in base alla classe di fatturato dell'azienda, così come le provvigioni (dal 2 al 50%). Sta sviluppando una nuova piattaforma tecnologica, che sarà lanciata a breve, e progetta l'apertura di nuove agenzie (oltre a quelle di Napoli e Roma, e le altre di Firenze, Bari e Treviso in fase di start-up). «Non intendiamo però crescere più delle nostre possibilità – spiega Barbone - perché dobbiamo sempre essere in grado di gestire il network in modo adeguato. Infatti non apriamo a tutti, ma valutiamo bene ogni nuova richiesta». L'obiettivo non celato è di arrivare a offrire il servizio della svizzera
Wir Bank, che è anche il modello per questo tipo di business: nata nel 1934, oggi conta 60mila Pmi associate.

«Stiamo realizzando importanti operazioni a Napoli, la nostra seconda città per transazioni dopo Brescia, entrando nel mercato immobiliare, con appartamenti scambiati al 100% in compensazione: perché ci sono aziende che hanno venduto un tale quantitativo di merci da assicurarsi crediti (EuroBexB) per l'acquisto di un immobile». C'è infatti una soglia (2mila euro) oltre la quale è possibile trattare la percentuale di compensazione della transazione (la rimanente viene affidata alle modalità di pagamento tradizionali). Dipende da settori e aree geografiche, e naturalmente bisogna trovare una controparte che accetti la proposta: il prezzo più appetibile è sempre quello al 100% in compensazione.

Crescono le aziende interessate al barter, crescono gli operatori. È presto però per parlare di concorrenza, dicono i responsabili dei vari network, il potenziale di mercato è elevato.
Cambiomerci è nata a ottobre 2011 e in pochi mesi ha associato quasi 200 aziende in tutta Italia. «L'aumento è continuo, anche se non siamo ancora a pieno regime con la rete di vendita, la maggior parte delle aziende sono situate in Campania, a Roma, e lungo la costa adriatica», racconta il direttore Francesca Scarpetta, che lavora in tandem con il marito e amministratore delegato Antonio Leone. Con due sedi fisiche (Napoli e Milano) e una rete di agenti sparsi per il paese, Cambiomerci punta ad «arrivare entro la fine dell'anno a mille e più aziende associate, anche grazie al nuovo portale che sarà attivo dalla prossima settimana, perché per ora – aggiunge Scarpetta - la maggior parte delle adesioni è arrivata attraverso il call center. Intanto in aprile a Roma parteciperemo al Forum delle eccellenze».

Gli auspici sono anche quelli di non limitarsi al B2B e affacciarsi al privato: «già adesso c'è chi propone prodotti che è difficile piazzare ad altre aziende, per esempio: 2mila biciclette. Chi le prende?». Ma la rete delle imprese interessate al nuovo baratto è sempre più assortita. «Di recente ci ha contattato un giornale che ha chiesto di associarsi perché la pubblicità gli è stata pagata in integratori alimentari: vorrebbe così proporli nel circuito e convertirli in crediti (Ecm: Euro-Cambiomerci) o prodotti che siano utili all'attività, magari attrezzature per l'ufficio».

Anche Cambiomerci (che prevede una quota associativa annua di mille euro e opera su ogni scambio una provvigione che varia dal 2 al 15% in base alla marginalità del settore) offre la possibilità di trattare la percentuale di compensazione.

Un caso differente è quello di
Sardex, network nato nel 2009 e operativo da gennaio 2010. Che non fa barter in senso ufficiale. «Certo ci siamo ispirati all'esperienza di Wir e il metodo è sempre lo stesso, quello di lavorare come camera di compensazione – spiega il responsabile della comunicazione, Carlo Mancosu - ma dire che facciamo baratto è riduttivo, e poi: sai che novità!». I quattro fondatori sono partiti osservando quel che nel 2006 avveniva negli Usa, oltre che il tessuto micro-imprenditoriale sardo «dove è eufemistico dire che non si faccia rete». L'iscrizione al circuito prevede sì una quota, ma il modello di Sardex differisce dai circuiti di barter «perché non abbiamo provvigioni sulle transazioni. Seguendo uno studio legato all'esperienza nell'Iowa, le abbiamo eliminate e ottenuto grandi risultati: erano una barriera all'ingresso». I volumi di adesione sono in grande crescita: 500 aziende registrate, e circa 300 in attesa. Nel 2010 sono stati scambiati 350 mila crediti (anche il Sardex, per comodità e facilità equivale a un euro), 1,2 milioni nel 2011 (+370%), e in questi primi mesi del 2012 si è già arrivati alla metà di quelli dell'anno scorso.

Fonte: il Sole 24 Ore

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La tendenza a ricorrere a sistemi alternativi come il baratto per acquisire prodotti e servizi è uno dei sintomi più evidenti della crisi che stiamo vivendo e che ha portato ad una vorticosa perdita della capacità d’acquisto di beni e servizi da parte di imprese e famiglie.

E’ partita proprio da qui, dall’esigenza di dare ossigeno a chi non ha denaro in cassa, la progettazione di Dropis. Si tratta di una nuova piattaforma virtuale che mette in comunicazione le persone allo scopo di favorire il baratto di prestazioni lavorative, prodotti o servizi.

La filosofia di Dropis sta nel fatto che, nonostante ci sia un’effettiva crisi del sistema monetario, le capacità produttive e la forza lavoro non mancano; da qui l’idea di offrire un servizio che permetta di dare le proprie prestazioni lavorative in cambio di una moneta virtuale con la quale sia possibile acquistare nuovi servizi o prodotti senza dover aspettare l’accredito dello stipendio mensile.

Dropis è un progetto tutto italiano: si tratta di una start-up avviata da due giovani ventottenni,Sebastiano Scròfina e Leonardo Dario Perna, che hanno deciso di unire il loro spirito imprenditoriale per cercare una soluzione alle esigenze della società contemporanea. Per agevolare l’operazione di scambio, i due fondatori hanno creato anche un’applicazione su
Facebook dov’è possibile selezionare fra i contatti le persone con le quali si vuole avviare un’attività di baratto e scegliere il tipo di prodotto che si vuole scambiare: oggetti, servizi, prodotti cucinati in casa, lezioni private, ore di lavoro o anche cibo coltivato nel proprio terreno.

Dropis, non è l’unico progetto che ha cercato un’alternativa valida all’utilizzo della moneta convenzionale: Sardex, il conio che permette alle imprese sarde di comprare e vendere prodotti e servizi senza spendere o, in Campania, gli SCEC (Sconto Che Cammina) un circuito di scambio preferenziale fra persone associate che si basa su dei buoni sconto, ne sono testimoni.

L’innovazione corre sempre più veloce e spesso, nella ricerca estenuante di sempre migliori soluzioni alla vita di ogni giorno, s’imbatte in invenzioni che hanno il sapore dell’arcaico e del preistorico.


Fonte: La TIVU'

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Si sa che il tempo della crisi è il tempo delle scelte creative. Imprenditori e produttori in difficoltà con i bilanci riscoprono il valore del baratto. Così nasce Cambiomerci.com, un network di baratto fra aziende che desiderano dimezzare i costi senza rimetterci in termini di produttività.

Il principio è fare a meno del denaro liquido (almeno in parte) per mettere a disposizione i beni fisici. Se, ad esempio, una società di telefonia ha bisogno di finanziare una campagna di promozione pubblicitaria su carta stampata, aderendo al networkCambiomerci potrà trovare un editore disposto a procurarle carta e spazi pubblicitari ad un costo vantaggioso per entrambi.

Si tratta di
una delle storie riportate dal portale ufficiale del network: “Cambiomerci ha soddisfatto entrambe le parti: considerando, per praticità, che cento fosse la somma da pagare all'editore, cinquanta sono stati pagati in cash e cinquanta con loscambio di prodotti. La società di telefonia ha messo a disposizione del barter prodotti per un valore pari a cinquanta, e ha ottenuto i crediti necessari per concludere l'operazione intaccando la liquidità in misura inferiore che se avesse concluso l'operazione al di fuori del circuito di barter. L'editore non ha perso l'affare, vendendo lo spazio pubblicitario, ed ha ottenuto crediti utili all'interno del barter”.

L'iniziativa, riportata anche da Ballarò, è indubbiamente originale e sembra rilanciare un modello alternativo al paradigma dominante dello scambio monetario.

 Fonte: Il Cambiamento