mercoledì 28 dicembre 2011

Tassazione sulla casa in Europa: cinque Paesi a confronto

Le tasse più alte in Germania, il reddito più basso in Italia


L'introduzione dell'Imu avvicina il sistema italiano a quello degli altri Paesi europei, vediamo come.

Tasse simili all'Imu esistono in Francia (la Taxe foncière), in Gran Bretagna (la Council tax), in Spagna e Germania. Nonostante questa nuova imposta, il prelievo fiscale complessivo sull'abitazione a reddito in Italia resta tra i più bassi d'Europa.

Questa è la conclusione di  uno studio elaborato ad hoc per Casa24 Plus da Dla Piper, che ha messo a confronto il peso dell'imposizione fiscale in cinque città europee (in casi uniformati e semplificati per rendere possibile la simulazione). Ipotizzando l'esistenza del signor Rossi a Milano, di Mr Red a Londra, Herr Rot a Francoforte, Senor Rojo a Madrid e monsieur Rouge a Parigi con un reddito imponibile uguale (escluso quello fondiario) di 75mila euro e la proprietà di una seconda casa messa a reddito, del valore di 200mila euro ed affittata per 1.500 euro al mese, vediamo cosa succede.

Al netto di tutte le tasse (sui redditi e sul patrimonio immobiliare), il signor Rossi è quello che si trova in tasca il reddito netto più basso: 61.547 euro, contro i 67.918 del cugino tedesco, il più "ricco" del campione considerato. Eppure, ed è questo il dato interessante, Herr Rot versa allo Stato, solo per le case che possiede, molto più del suo omologo milanese: 8.652 euro contro 4.996 euro tra imposta su reddito fondiario e imposta sugli immobili (corrispondente alla nostra Imu). Anche nei casi francese e inglese il maggiore prelievo fiscale sugli immobili (8.060 euro per Parigi e 6.777 per Londra) non impedisce a monsieur Rouge e Mr Red di garantirsi un reddito netto superiore al signor Rossi, con 67.547 e 67.594 euro rispettivamente. Solo a Madrid la tassazione sulla casa (3.607 euro complessivi) è più bassa che a Milano. Da un punto di vista puramente fiscale, dunque, la capitale spagnola è la più conveniente delle città prese come campione.

Questo però non significa automaticamente che acquistare un'abitazione da mettere a reddito nella città castigliana sia l'investimento migliore in Europa. Innanzitutto perché i cinque esempi riportati sono calcolati su soggetti residenti nelle città in cui possiedono le loro due case: la tassazione finale risulterebbe dunque diversa nel caso i proprietari fossero stranieri. In secondo luogo, perché un buon investimento immobiliare va fatto tenendo in considerazione soprattutto i parametri di mercato, come il valore del mattone al metro quadrato, le rivalutazioni previste, le quotazioni dei canoni d'affitto e i rendimenti lordi. 
Proprio un confronto di questi ultimi, calcolato da Scenari Immobiliari sugli immobili residenziali di alto livello nelle principali città europee, mette Londra in testa, con un rendimento lordo del 4,6% sull'investimento, seguita da Berlino con il 4,5%, mentre Madrid rende "appena" il 3,8 per cento. E se dal punto di vista del ritorno dell'investimento Parigi non brilla (3,6%), la capitale francese è quella dove il mattone vale di più, con quotazioni al metro quadrato di 10mila euro per un appartamento di buon livello in centro. E, secondo i dati forniti dallo studio legale Nctm (fonte Grosvenor research), in Europa i canoni d'affitto più elevati si registrano in Gran Bretagna e Francia.

Per l'investitore italiano ci sarà poi anche da valutare l'impatto dell'imposta sul valore degli immobili detenuti all'estero con un'aliquota dello 0,76%. Risulta comunque interessante osservare come sia differente nella Ue il mix di imposizione tra tasse sui redditi e sugli immobili.

L'IMPOSIZIONE SUGLI IMMOBILI IN CINQUE PAESI EUROPEI
Italia
Il decreto salva-Italia ha anticipato al 2012 l'introduzione dell'Imu, la tassa sugli immobili che va a sostituire la vecchia Ici. Si paga sia sulla prima casa (aliquota base del 4 per mille con una detrazione di 200 euro, che potrebbe essere aumentata di 50 euro per ogni figlio, secondo un emendamento del Governo) sia sulla seconda (aliquota 7,6 per mille). Sui redditi da locazione, da quest'anno è possibile optare per la cedolare secca che tassa gli introiti al 21% (o al 19%) indipendentemente dal reddito imponibile. Dal 1° ottobre potrà scattare il ritocco dell'Iva, nel caso non sia varata la riforma fiscale e assistenziale: l'aliquota ordinaria del 21% e quella ridotta del 10% potrebbero salire di due punti.
Dal 2013 partirà anche la Res, la nuova imposta su rifiuti e servizi.

Francia
Guardando il confronto realizzato da Dla Piper per Casa24 Plus, la tassazione sulla seconda casa in affitto in Francia risulta molto elevata rispetto all'imposta sui redditi; questo perché le aliquote marginali sono basse sui redditi bassi e poi salgono molto. Quindi l'applicazione dell'aliquota marginale sul canone è alta. Le tasse sulla proprietà sono la Taxe foncière (corrispondente all'Imu, calcolata sul valore catastale e variabile a seconda del luogo, del fatto che sia prima o seconda casa e così via) e l'imposta sui patrimoni superiori a 1,3 milioni di euro. Le imposte sul reddito da locazione hanno aliquote progressive tra il 5 e il 45%. Esiste inoltre una Taxe d'habitation a carico dell'inquilino, che corrisponde mediamente a una mensilità d'affitto.

Germania
Il caso tedesco è tra i più complessi, perché ogni Bundesland (Stato federale) ha una sua specifica normativa. Esiste una tassa fondiaria (equiparabile all'Imu italiana) calcolata in base a specifici moltiplicatori. Si parte dalla rendita catastale (circa il 60% del valore di mercato dell'immobile) comunicata da ogni Bundesland. Tale rendita viene poi moltiplicata per indici differenti a seconda delle province (in media intorno allo 0,35%) e della città. Non ci sono tasse patrimoniali sugli immobili. È invece prevista un'imposta sul reddito da locazione, ad aliquota marginale. Sulle spese effettivamente sostenute è poi calcolata una deduzione analitica.

Regno Unito
Anche in Gran Bretagna esiste una tassa sul possesso degli immobili equiparabile all'Imu italiana. Si chiama Council tax e generalmente varia tra lo 0,5% e il 1,3% del valore catastale dell'immobile. Questa percentuale dipende da numerosi fattori: per esempio, per un appartamento situato a Londra si può considerare un valore medio compreso tra 1.200 e 3.000 euro. L'imposta sul reddito da locazione è ad aliquota marginale ed è prevista una deduzione analitica delle spese effettive. Sui canoni d'affitto superiori a 125.000 sterline (148mila euro) si applica anche uno Stamp duty, un'imposta di registro pari a circa l'1%. Non è invece prevista alcuna tassa patrimoniale.

Spagna
È  il Paese in cui il regime fiscale sulla casa è il più simile a quello italiano. Anche in Spagna esiste un'imposta sul reddito applicata esclusivamente alla seconda casa, a cui si aggiunge un'imposta sui beni immobili con aliquote che variano tra lo 0,4% e l'1,1 per cento. È stata inoltre reintrodotta di recente una tassa patrimoniale applicata solo ad abitazioni di valore superiore ai 700.000 euro. Anche qui è prevista un'imposta sui redditi da locazione ad aliquota marginale, con possibile deduzione delle spese effettivamente previste. Nel caso l'abitazione sia affittata a giovani tra i 18 e i 35 anni, il locatore beneficia di una esenzione integrale delle imposte sul reddito.
Fonte: Il Sole 24 Ore

mercoledì 21 dicembre 2011

Interessi legali, per il nuovo anno ritoccata la percentuale dal Mef

Il decreto del ministro dell'Economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 Dicembre u.s., fissa la misura del saggio al 2,5% a partire dal 1° gennaio 2012
Cresce di un punto percentuale il tasso degli interessi legali che, a partire dal 1° gennaio, passa dall'attuale 1,5% al 2,5%. È quanto stabilito dal decreto del ministro dell'Economia e delle finanze del 12 dicembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.291 del 15 dicembre 2011.

La variazione non è però automatica. L'articolo 1284 del codice civile, infatti, assegna al Mef il compito di modificare gli interessi legali sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e del tasso di inflazione registrato nell'anno, con decreto da emanarsi non oltre il 15 dicembre. Qualora entro tale data non sia fissata la nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l'anno successivo.

Oltre agli immediati riflessi sulla domanda di investimenti, sull'accensione di mutui e sui finanziamenti, la variazione del tasso di interesse incide anche in ambito fiscale. 



In particolare, ad esempio, sulle somme da versare a titolo di ravvedimento operoso.
Per regolarizzare gli omessi, insufficienti o tardivi versamenti di tributi, infatti, occorre corrispondere, oltre alla prevista sanzione ridotta, anche gli interessi moratori calcolati al tasso legale, a partire dal giorno successivo a quello entro il quale doveva essere assolto l'adempimento e fino al giorno in cui si effettua il pagamento. 



Il nuovo saggio del 2,5% va applicato solo in relazione al periodo di tempo intercorrente tra il 1° gennaio 2012 e il giorno del versamento tardivo


Fonte: FiscoOggi
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A picco le richieste di Mutui. -33% a ottobre; -14% nei primi 10 mesi 2011

L’analisi del patrimonio informativo di EURISC – Il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF - mostra come la domanda dei mutui ipotecari da parte delle famiglie italiane continui inesorabile il percorso di contrazione rispetto ai corrispondenti mesi del 2010 e a ottobre registra un pesantissimo -33% (dato ponderato sui giorni lavorativi), che conferma l’andamento di un semestre in cui la decrescita è risultata sistematicamente in doppia cifra.

Nei primi 10 mesi del 2011 il decremento complessivo è stato del -14% rispetto all’analogo periodo del 2010 ma anche il confronto con gli anni precedenti denota una rilevante contrazione del numero di richieste di finanziamento avanzato dalle famiglie italiane per l’acquisto di un immobile.



DOMANDA DI MUTUI (numero di richieste) – Gennaio-Ottobre 2011 – a parità di giorni lavorativi

Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie


Questo, in sintesi, è il preoccupante quadro che emerge dall’analisi dei dati sull’andamento complessivo della domanda di mutui e delle variazioni percentuali rilevate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF che raccoglie i dati relativi a oltre 78 milioni di posizioni creditizie.

Passando all’andamento mensile, le variazioni rispetto allo stesso mese dell’anno precedente sono indicate sia in valori assoluti sia ponderate, cioè al netto dell’effetto prodotto dal differente numero di giorni lavorativi.

Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie

Il grafico riepilogativo della domanda di mutui a partire da gennaio 2009 rende più evidente il trend in atto.

Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie
“E’ difficile imputare questa picchiata delle richieste di mutuo – commenta Enrico Lodi, Direttore Generale Credit Bureu services di CRIF - principalmente al riassorbimento dell’effetto-rinegoziazione che certamente aveva caratterizzato la crescita della domanda nell’ottobre di un anno fa. Più probabilmente siamo di fronte all’avvitamento della domanda per le ormai purtroppo consolidate aspettative negative delle famiglie italiane, cui inizia ad aggiungersi una forma di autocensura preventiva: perché chiedere un mutuo quando è evidente che le probabilità di ottenerlo hanno iniziato a contrarsi, causa la scarsa disponibilità di impieghi disponibili presso gli intermediari finanziari? Questa consapevolezza – conclude Lodi – è vero veleno, perché colpisce al cuore non solo l’idea di una ripresa in positivo delle aspettative, legate all’andamento economico, ma anche il senso della relazione tra chi dà e prende credito, minata nei suoi fondamentali: fare raccolta per fare impieghi”.

Analizzando la distribuzione per fasce di durata, si mantiene la crescita della quota parte di domanda di mutui nelle classi tra i 20 e i 30 anni, che nei primi 10 mesi del 2011 rappresentano quasi il 51% della domanda complessiva. Ad ogni modo, è ancora la classe di durata compresa tra i 25 e i 30 anni ad essere quella maggiormente preferita dalle famiglie italiane (31% del totale) oltre ad essere in crescita (+1,8%) rispetto al 2010.

Andamento delle domande di mutui per durata
Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie

“Relativamente alla distribuzione delle richieste di mutuo in funzione dell’importo - aggiunge Lodi - continua la crescita della quota di domanda nelle fasce più basse anche se il mese di ottobre 2011 ha fatto registrare un leggero incremento dell’importo medio mensile, tornato sui valori di aprile e maggio. Anche questo trend conferma la prudenza che sta caratterizzando il comportamento delle famiglie italiane”.
Per altro l’importo medio calcolato sulla totalità dei primi dieci mesi dell’anno in corso continua ad essere inferiore rispetto al pari periodo 2010, rispettivamente 136.976 € contro i 139.216 euro.



Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie

Analizzando, infine, la domanda in base all’età dei soggetti richiedenti mutui ipotecari, la classe compresa tra i 35 e i 44 anni continua ad essere la più numerosa, con una quota pari al 35% del totale.

“L’auspicio di ripresa dell’economia è stata frustrata dalla brusca ricaduta sopraggiunta in estate, con la conseguente grave incertezza sui tempi di un effettivo recupero delle posizioni pre crisi – conclude Lodi -. Pil, consumi e investimenti continuano a manifestare segnali di forte debolezza e, in questo scenario oggettivamente difficile, anche la domanda di credito ne ha inevitabilmente risentito. In particolare sembra pesare la persistente sofferenza del mercato del lavoro (con un tasso di disoccupazione particolarmente alto, superiore all’8% e con punte vicino al 30% nel segmento dei giovani) affiancata da una debole dinamica dei redditi, condizione fondamentale per ristabilire il difficile equilibrio del bilancio familiare delle famiglie, la cui evoluzione fa ritenere che anche nei prossimi anni non ci saranno le condizioni per un ritorno del mercato del credito ai livelli pre-crisi”.

Fonte: CRIF

A picco le richieste di Mutui. -33% a ottobre; -14% nei primi 10 mesi 2011

L’analisi del patrimonio informativo di EURISC – Il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF - mostra come la domanda dei mutui ipotecari da parte delle famiglie italiane continui inesorabile il percorso di contrazione rispetto ai corrispondenti mesi del 2010 e a ottobre registra un pesantissimo -33% (dato ponderato sui giorni lavorativi), che conferma l’andamento di un semestre in cui la decrescita è risultata sistematicamente in doppia cifra.

Nei primi 10 mesi del 2011 il decremento complessivo è stato del -14% rispetto all’analogo periodo del 2010 ma anche il confronto con gli anni precedenti denota una rilevante contrazione del numero di richieste di finanziamento avanzato dalle famiglie italiane per l’acquisto di un immobile.

DOMANDA DI MUTUI (numero di richieste) – Gennaio-Ottobre 2011 – a parità di giorni lavorativi

Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie

Questo, in sintesi, è il preoccupante quadro che emerge dall’analisi dei dati sull’andamento complessivo della domanda di mutui e delle variazioni percentuali rilevate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF che raccoglie i dati relativi a oltre 78 milioni di posizioni creditizie.

Passando all’andamento mensile, le variazioni rispetto allo stesso mese dell’anno precedente sono indicate sia in valori assoluti sia ponderate, cioè al netto dell’effetto prodotto dal differente numero di giorni lavorativi.
Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie

Il grafico riepilogativo della domanda di mutui a partire da gennaio 2009 rende più evidente il trend in atto.

Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie
“E’ difficile imputare questa picchiata delle richieste di mutuo – commenta Enrico Lodi, Direttore Generale Credit Bureu services di CRIF - principalmente al riassorbimento dell’effetto-rinegoziazione che certamente aveva caratterizzato la crescita della domanda nell’ottobre di un anno fa. Più probabilmente siamo di fronte all’avvitamento della domanda per le ormai purtroppo consolidate aspettative negative delle famiglie italiane, cui inizia ad aggiungersi una forma di autocensura preventiva: perché chiedere un mutuo quando è evidente che le probabilità di ottenerlo hanno iniziato a contrarsi, causa la scarsa disponibilità di impieghi disponibili presso gli intermediari finanziari? Questa consapevolezza – conclude Lodi – è vero veleno, perché colpisce al cuore non solo l’idea di una ripresa in positivo delle aspettative, legate all’andamento economico, ma anche il senso della relazione tra chi dà e prende credito, minata nei suoi fondamentali: fare raccolta per fare impieghi”.

Analizzando la distribuzione per fasce di durata, si mantiene la crescita della quota parte di domanda di mutui nelle classi tra i 20 e i 30 anni, che nei primi 10 mesi del 2011 rappresentano quasi il 51% della domanda complessiva. Ad ogni modo, è ancora la classe di durata compresa tra i 25 e i 30 anni ad essere quella maggiormente preferita dalle famiglie italiane (31% del totale) oltre ad essere in crescita (+1,8%) rispetto al 2010.

Andamento delle domande di mutui per durata
Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie

“Relativamente alla distribuzione delle richieste di mutuo in funzione dell’importo - aggiunge Lodi - continua la crescita della quota di domanda nelle fasce più basse anche se il mese di ottobre 2011 ha fatto registrare un leggero incremento dell’importo medio mensile, tornato sui valori di aprile e maggio. Anche questo trend conferma la prudenza che sta caratterizzando il comportamento delle famiglie italiane”.
Per altro l’importo medio calcolato sulla totalità dei primi dieci mesi dell’anno in corso continua ad essere inferiore rispetto al pari periodo 2010, rispettivamente 136.976 € contro i 139.216 euro.



Fonte: EURISC – Il Sistema CRIF di Informazioni Creditizie

Analizzando, infine, la domanda in base all’età dei soggetti richiedenti mutui ipotecari, la classe compresa tra i 35 e i 44 anni continua ad essere la più numerosa, con una quota pari al 35% del totale.

“L’auspicio di ripresa dell’economia è stata frustrata dalla brusca ricaduta sopraggiunta in estate, con la conseguente grave incertezza sui tempi di un effettivo recupero delle posizioni pre crisi – conclude Lodi -. Pil, consumi e investimenti continuano a manifestare segnali di forte debolezza e, in questo scenario oggettivamente difficile, anche la domanda di credito ne ha inevitabilmente risentito. In particolare sembra pesare la persistente sofferenza del mercato del lavoro (con un tasso di disoccupazione particolarmente alto, superiore all’8% e con punte vicino al 30% nel segmento dei giovani) affiancata da una debole dinamica dei redditi, condizione fondamentale per ristabilire il difficile equilibrio del bilancio familiare delle famiglie, la cui evoluzione fa ritenere che anche nei prossimi anni non ci saranno le condizioni per un ritorno del mercato del credito ai livelli pre-crisi”.

Fonte: CRIF

venerdì 16 dicembre 2011

Maxi-emendamento alla manovra: prevista l'IMU per la proprietà di immobili all'estero

NUOVA TASSA PATRIMONIALE SUGLI IMMOBILI POSSEDUTI ALL' ESTERO

Con il maxi-emendamento anche il pacchetto relativo al mattone viene modificato, e l’Imu varca le frontiere. 

In sostanza viene previsto che le persone fisiche che sono proprietarie di immobili fuori dai confini nazionali, pagheranno l’Imu su tali edifici, applicando sempre un’aliquota dello 0,76 per cento. 

La base imponibile sarà costituita dal prezzo indicato all’interno dell’atto o in assenza di questo dal valore di mercato dell’immobile. 

Certo potrebbe non essere semplice calcolare lo lo 0,76% di 10.000 franchi repubblicani o di 10.000 corone imperiali e regie per una casa sulla Costa Azzurra o in Carinzia. Ma rivalutazioni monetarie comprese (sempre che siano previste), si potrebbe arrivare solo a poche decine di euro. Questo potrebbe essere il costo dell'imposta sulle case all'estero prevista dal Dl 201/2011. Perché l'articolo 19, comma 13, nella versione che passerà in Parlamento, prevede infatti che il valore degli immobili, su cui si applicherà l'imposta dello 0,76 per cento, sarà costituito dal "costo risultante dall'atto d'acquisto o dai contratti o, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile".

L’Imu sarà dovuta inoltre in misura proporzionale alla quota di possesso del bene. 
Chi ha acquistato l'immobile parecchi anni fa avrà quindi un vantaggio notevole: se trova l'atto di compravendita calcolerà l'imposta su quanto dichiarato nel documento. E che l'immobile si trovi a  Mentone, in Engadina oppure a Corfù probabilmente, nell'atto d'acquisto avranno tutti prezzi ormai irrisori rispetto a quelli di mercato. Ma il valore da prendere come riferimento, se c'è, è quello. Ed è probabile che i proprietari faranno di tutto per trovare i vecchi atti. Chi invece ha acquistato una multiproprietà nei nuovi villaggi vicino a Cannes, a prezzi che, in alcuni casi, si sono anche svalutati, si troverà a pagare molto di più.

L’emendamento prevede inoltre che sia riconosciuto un credito di imposta per evitare che in caso di tassazione da parte dello stato estero vi siano doppie imposizioni. 

La norma, comunque, non parla di rivalutazione monetaria: il franco del 1922, o la corona del 1912 e il franco svizzero del 1965 valevano decisamente meno di oggi. Così come la lira del 1910 valeva circa 2,5 euro ma con 10.000 lire si comprava un signor appartamento in centro a Milano mentre con 25.000 euro oggi si compra, se va bene,  un box. L'ipotesi quindi che fatti i conteggi, e  applicati i trattati contro le doppie imposizioni, resti ancora qualcosa da pagare al Fisco è molto remota. 

Ma cosa succede se il rogito (o atto omologo) non si trova? In questo caso la base imponibile andrebbe determinata secondo il valore di mercato rilevabile. Il contribuente (e, a cascata, l'Agenzia delle Entrate per i controlli) dovrà allora fare il calcolo sui borsini immobiliari esteri. Ed il conteggio su valori di mercato porterà a risultati decisamente diversi.

martedì 13 dicembre 2011

Combattere la crisi affittando una stanza della propria abitazione

Un modo per ottenere entrate extra per far quadrare il bilancio

La situazione economica sempre più difficile spinge gli italiani a ricercare strade alternative per ottenere entrate extra: mettere in affitto una o più stanze nella propria casa è per molti una risorsa fondamentale per affrontare la congiuntura e far quadrare i conti a fine mese.

È uno dei risultati emersi dalla ricerca che EasyStanza.it, sito per la ricerca e l'offerta di alloggi in condivisione, ha condotto per comprendere i motivi che hanno spinto molte persone a mettere in affitto la propria seconda casa o - in molti casi - alcune stanze dell'appartamento in cui vivono.

Condotto su un campione di circa 1.200 utenti del portale, il sondaggio ha evidenziato che il 30% degli intervistati ha messo in affitto alcuni locali dell'appartamento in cui vive, mentre il 48% ha messo in affitto una o più stanze di un'abitazione di proprietà ma vive in un'altra casa.

Il dato più importante che emerge dal sondaggio è rappresentato dalle motivazioni per cui gli intervistati hanno deciso di mettere in affitto la stanza o abitazione.

Infatti circa il 70% ha dichiarato che questa è per loro un'entrata economica fondamentale senza la quale non potrebbero fare fronte alle spese: il 23% utilizza questo guadagno per pagare il mutuo, il 12,6% per sostenere le spese di manutenzione e riparazione dell'abitazione e per il 34,8% degli intervistati è addirittura un'entrata fondamentale che aiuta in generale a pagare le spese.

Per il 14% è invece un modo per avere un'entrata in più e solo per l'1,1% per mettere da parte un po’ di risparmi.

Nel caso degli intervistati che condividono l'abitazione con uno o più inquilini, il 34% dichiara di farlo da quando la crisi economica ha iniziato a pesare sul reddito.

Alla domanda “la crisi economica attuale ti porterebbe ad affittare altre stanze nell'alloggio in cui vivi?” infatti, il 77,1% ha risposto sì perchè pensano che questa situazione non si risolverà a breve e un guadagno extra è di grande aiuto per affrontare le spese quotidiane.

Esaminando le risposte degli intervistati che vivono altrove (non nell'abitazione in cui affittano le stanze), una quota consistente degli intervistati - oltre il 28% - ha dichiarato che metterebbe in affitto locali anche nella stessa casa in cui vive, per diversi motivi: il 10,2% ci sta pensando seriamente perchè la situazione economica sta peggiorando mentre il 17,9% sarebbe propenso a farlo perchè un'entrata in più farebbe molto comodo.

Se avessero la necessità di mettere in affitto una stanza nella propria casa, i proprietari lo farebbero comunque solo a determinate condizioni: oltre il 70% lo darebbe solo a persone fidate che conosce direttamente o indirettamente, oltre il 18% la affitterebbe solo rivolgendosi ad un intermediario che lo protegga da truffe o raggiri e infine l'11% si affiderebbe a un'agenzia specializzata.

Infine, l'importanza del contributo economico che la possibilità di affittare una o più stanze riveste nell'attuale situazione di crisi, emerge chiaramente dalla domanda “se non avessi una stanza da mettere in affitto come affronteresti la crisi?” il 39,4% infatti si troverebbe costretto a cambiare la casa in cui vive attualmente per cercarne una più economica, il 12,6% dovrebbe tornare a vivere dai propri genitori e addirittura il 48% degli intervistati non saprebbe come far fronte alla crisi.

Fonte: MonitorImmobiliare

lunedì 12 dicembre 2011

Tasso BCE scende all' 1 % dal 14.12.2011

Nuovo taglio al tasso BCE

La Banca Centrale Europea ha tagliato i tassi di interesse di un quarto di punto portandoli all'1 per cento con decorrenza 14.12.2011. È la seconda volta che il governatore Mario Draghi decide in questo senso dopo il taglio deciso lo scorso mese al suo debutto alla guida della Bce.

Scendono anche il tasso sui depositi (allo 0,25%) e il tasso marginale che passa dal 2 all'1,75%.




In questo modo il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento scende all'1 per cento, minimo storico dal lancio della valuta unica.

mercoledì 7 dicembre 2011

La manovra fiscale: i provvedimenti che direttamente o indirettamente interessano il settore immobiliare

TASSAZIONE DEGLI IMMOBILI 

La tassazione degli immobili si attua in tre modi: la reintroduzione dell’Ici sulla prima abitazione, la rivalutazione delle rendite catastali degli immobili e l’introduzione di un nuovo tributo sui rifiuti solidi urbani.

REINTRODUZIONE DELL'ICI (ora IMU ovvero Imposta Municipale Unica)


Per quanto riguarda l’Ici le novita sono in sostanza:

- il ripristino dell’imposta sulla prima casa, con un’aliquota del 4 per mille, ma che i Comuni potranno alzare o abbassare a loro discrezione fino ad un massimo del 2 per mille.

- l'applicazione dalla seconda abitazione in poi di un’aliquota pari al 7,6 per mille sulla rendita catastale dell’immobile che, anche in questo caso, a discrezione dei Comuni prevede una possibile variazione fino al 3 per mille in più o in meno.

Chi possiede soltanto una casa però potrà usufruire di una detrazione di 200 euro, soglia che potrebbe essere elevata sempre a discrezione dei Comuni.

NB la riforma non prevede disposizioni a favore di case date in affitto e per le quali era prevista un’aliquota fissa del 4 per mille.

L'Imu ingloba al suo interno (oltre all'ICI) anche una quota Irpef relativa agli immobili residenziali non locati, che non hanno però i requisiti per essere definiti abitazione principale del proprietario. Proprio questa quota, a differenza del passato, non sarà più progressiva.

La normativa precedente prevedeva infatti un pagamento della quota Irpef in base al reddito complessivo del contribuente, cosa che sparisce con l’Imu, visto che ora diventa imposta fissa, il che, facendo due più due, significa che chi ha scaglioni Irpef più elevati finisce per avere più vantaggi.

La nuova tassazione non andrà quindi a colpire chi possiede redditi maggiori, ma anzi sarà più vantaggioso proprio per questi ultimi, che potranno godere degli effetti dell’imposta fissa. Visto infatti che la parte di Imu composta dall’Irpef sarà uguale per ogni contribuente della stessa città, chi avrà un reddito più basso pagherà la stessa quota Irpef di chi ha un reddito più alto.

Questo si trasforma nella pratica quotidiana in un maggiore esborso per i redditi più deboli e al contrario un minore esborso proprio da parte di chi è più ricco. Non è l’unica differenza con la vecchia Ici, comunque. Altro grande punto interrogativo riguarda la differenza spesso sostanziale tra una città e l’altra, in un contesto generale in cui questa nuova Imu potrebbe trasformarsi in un pesante onere.

Secondo un’elaborazione compiuta dal Corriere della Sera sui dati dell’Agenzia del Territorio risulta che per un’abitazione medio signorile si arriverà a pagare fino al 50 – 60% in più rispetto all’Ici com’era intesa una volta. Come detto, però, ci sono differenze tra le varie città: se è calcolato ad esempio che a Genova ci sarà un risparmio effettivo del 20% e a Firenze dell’11%, a Venezia per la stessa categoria di abitazione si passerà dall’Ici pari a 307 euro del 2007 all’Imu pari 486 euro nel 2012.

Non pagheranno però solo i proprietari di abitazioni signorili, perché ci sarà un netto aumento percentuale anche per tutti gli altri. La stessa elaborazione calcola che a Roma per un’abitazione economica l’imposta salirà da 326 euro a 397 euro (+21,8%), mentre a Milano passerà da 215 euro a 234 euro (+9%). 


RIVALUTAZIONE DELLE RENDITE CATASTALI 

L'Imu verrebbe poi calcolata sulle rendite catastali rivalutate nel modo seguente:

"a. 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

b. 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

c. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

d. 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D;

e. 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

5 Per i terreni agricoli, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento ai sensi dell’articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, un moltiplicatore pari a 120."



La rendita della casa quindi  (e delle relative pertinenze:cantine, garage e posti auto) si rivaluta moltiplicandola per 160.

NB La rivalutazione si applica solo per il calcolo dell'Imu e non anche per la compravendita di immobili.

La tassazione immobiliare però non andrà ai Comuni, ma direttamente nelle casse dello Stato.

NUOVA TASSA SUI RIFIUTI (RES Rifiuti e Servizi)

I Comuni per aumentare le proprie entrate avranno un’altra possibilità, un nuovo tributo comunale che andrà a sostituire Tarsu e Tia; 


" il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani" e la tassazione sarà basata sulla quantità e qualità dei rifiuti prodotti per metri quadri di superficie, che sarà pari all’80% della superficie catastale.


" Il comune con regolamento può prevedere riduzioni tariffarie, nella misura massima del trenta per cento, nel caso di:
a) abitazioni con unico occupante;
b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;
c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all’estero;
e) fabbricati rurali ad uso abitativo.
"

AUMENTO IVA 

Scatterà l’aumento sulle aliquote del 21% e del 10%, ma solo a partire dall’1 settembre 2012 e solo nel caso non sia approvata prima la delega fiscale del governo. In sostanza, tali aumenti vi sarebbero solo se il Parlamento non approverà prima tagli per 4 miliardi nel 2012 e fino a 20 miliardi nel 2014 alle agevolazioni fiscali. In tale caso, le aliquote sarebbero rispettivamente inasprite al 23% e al 12%.

REDDITI ED ISEE

Tutte le agevolazioni fiscali e i benefici assistenziali saranno soggetti all’Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente, e oltre una certa soglia di reddito non saranno più concessi, il che in parole povere significa che per molte famiglie sono a rischio importanti agevolazioni come contributi per le locazioni, tassa agevolata rifiuti, assegni per gli asili nido o esenzioni per la tassa universitaria dei figli.

Garanzie di terzi: la fidejussione nei contratti di locazione

Sempre più spesso i proprietari di casa cercano garanzie nei pagamenti visti i rischi che si corrono, nel concedere le case in affitto agli inquilini.

Cos'è la fidejussione

Consiste in un negozio giuridico, con cui un soggetto, si obbliga personalmente nei confronti di un terzo creditore, al pagamento del debito contratto dal debitore. In pratica si garantisce l’obbligazione altrui.
Nel caso specifico, una banca o un istituto assicurativo può garantire il pagamento del canone di locazione, quando l’inquilino non paga più per i motivi più vari; in questo caso, l’esistenza di una fidejussione, può garantire al proprietario dell'immobile il pagamento delle mensilità del canone di locazione per alcuni mesi prima di potere attuare lo sfratto e quindi concedere una sorta di risarcimento per il tempo necessario allo sfratto.
La stessa obbligazione, inoltre, può essere assunta da più fidejussiori; come nel caso in cui i figli garantiscono il pagamento del canone di locazione dei propri genitori che vivono in affitto. In questo caso il proprietario di casa può, oltre che sull’inquilino, rivalersi sui singoli fidejussori.
Occorre precisare però, che la fidejussione è legata strettamente al contratto di locazione e che quindi una volta estinto, come ad esempio per accordo tra le parti, o per scadenza del contratto, la garanzia non potrà più essere fatta valere.

La fidejussione bancaria

La fidejussione può essere richiesta dal proprietario, preliminarmente alla stipula del contratto di locazione o di affitto. Questa può essere garantita o da una banca o da un’assicurazione. Nel caso in cui a rilasciare la garanzia sia stata una banca, questa garantisce l’adempimento dell’inquilino per tutta la durata del contratto. Ovviamente dovrà essere versata una somma, perché appunto il rilascio di una fidejussione comporta un rischio per la banca che dovrà pagare in caso di inadempimento. Questa somma normalmente viene versata dal conduttore, ma nulla vieta che la spesa sia divisa a metà con il proprietario, che ha appunto l’interesse ad essere tutelato. Va aggiunto che le banche, normalmente, non rilasciano fidejussioni per contratti di locazione se non sono sicuri che l’inquilino paghi tutti i mesi, per questo il solo fatto che la banca acconsenta alla garanzia è già una buon inizio per il proprietario.

Bisogna però tenere in considerazione alcuni aspetti. Non tutte le fidejussioni sono uguali.

Bisogna controllare per quanti anni essa sia valida (normalmente un anno). Se vi sia la presenza di un importo massimo, fuori dal quale la banca non copre. Se sono indicati, a prescindere dall’ importo, il numero massimo di mesi che la garanzia copre. Per ultimo, ma forse più importante, la “fidejussione con escussione a prima richiesta” la quale obbliga la banca al pagamento dei canoni prima ancora (e a prescindere) della richiesta al conduttore stesso; ciò significa che se manca questa clausola nella fidejussione, non si potrà chiedere il pagamento alla banca se prima non si è iniziata un'azione legale nei confronti del conduttore, col rischio di vedere i soldi molto, ma molto tempo dopo.

La fidejussione assicurativa
Per quanto riguarda la fidejussione assicurativa invece, questa viene appunto rilasciata da un’agenzia di assicurazioni, la quale dietro pagamento di “un premio” si obbliga a garantire l’adempimento del conduttore. Sebbene in grandi linee le caratteristiche coincidono con la fidejussione bancaria, con la garanzia prestata da un’assicurazione alcuni aspetti cambiano. Ad esempio il premio viene pagato ogni anno e, nel caso in cui non venga pagato il premio alla scadenza dell’anno assicurato, la compagnia può recedere dal contratto unilateralmente, facendo cosi terminare il periodo di garanzia. Inoltre, le compagnie assicurative non procedono al risarcimento delle mensilità se prima il proprietario non ha proceduto contro l’inquilino; in questo modo la garanzia non ha molto senso, perché ci vorranno mesi (se non anni) per percepire i canoni di locazione spettanti. 

Ultimo aspetto legato alla “persona” del conduttore; il fatto che un soggetto abbia rapporti con una banca, permette a quest’ ultima di conoscere quelle che sono le “possibilità economiche” del conduttore in questione, in modo tale da poter valutare il rischio che si corre rilasciando la garanzia. Per questo motivo, la garanzia rilasciata dalla banca permette di sapere in anticipo che “tipo” di inquilino è, e se la fidejussione viene rigettata il proprietario affitta l'immobile a proprio rischio e pericolo.

Manovra fiscale: più colpite le regioni del Nord Italia

Nelle regioni del Nord le città più colpite dagli aumenti delle tasse

Firenze, Bari e Venezia a far compagnia alle regioni del Nord: sono queste le città più colpite dagli aumenti delle tasse e dai tagli alle agevolazioni previsti dalla manovra finanziaria 2011 approvata a tempo record venerdì scorso dal Parlamento.

Il conto più salato di questo manovra sarà pagato dalle regioni del Nord Italia. La Cgia di Mestre ha calcolato l'impatto dei provvedimenti economici del governo ed è emerso che tra maggiori tasse e tagli alle pensioni ed alle agevolazioni Irpef, la media delle regioni settentrionali sarà di 282,2 euro pro capite contro i 226,6 euro a testa che peseranno sui cittadini del mezzogiorno.

A subire gli effetti più pesanti saranno i cittadini del Trentino Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia e della Liguria: i primi subiranno un aggravio di 300,7 euro pro capite, i secondi, di 296,7 euro e i terzi, di 293,3 euro. Al Sud, invece, si registreranno aumenti pari a 226,6 euro a testa, differenziale che nasce essenzialmente dal fatto che al Nord i livelli reddituali sono superiori a quelli del Sud.

Le regioni del Nord saranno affiancate da città come Firenze, Venezia e Bari che, sempre secondo le elaborazioni della CGIA di Mestre, subiranno pesanti rialzi. A Firenze, secondo una elaborazione condotta dalla CGIA di Mestre, l'aggravio di imposta per una famiglia monoreddito con un imponibile Irpef di 40.000 euro percepito da un impiegato di buon livello e con 2 figli a carico sarà, nel 2014 (anno in cui andranno a regime gli effetti della manovra correttiva), di 1.077 euro in più rispetto al 2010.

Peggio andrà a Bari, dove per una famiglia con un reddito di 50.000 euro dove entrambi i coniugi sono impiegati con un figlio a carico, gli effetti della manovra e dell'aumento delle tasse porterà maggiori imposte, rispetto al 2010, per un importo di 1.184 euro.

La stangata peggiore toccherà a Venezia: se Firenze e a Bari non sono state interessate dall'aumento dell'addizionale comunale Irpef e dell'aliquota provinciale sulle Rc auto, i veneziani si ritroveranno con un +0,2% dell'addizionale comunale Irpef e con l'incremento di 3,5 punti sulle Rc auto. Ciò signifca che una famiglia composta da 2 coniugi entrambi operai con un figlio a carico e con un reddito di 38.000 euro, pagherà, nel 2014, 1.204 euro in più rispetto al 2010.

Fonte: Business online

Il costo della manovra nelle Marche

Una stima del Codacons

La manovra economica varata dal Governo Monti determinerà una stangata per i cittadini delle Marche pari a 600 milioni di euro. Lo stima il Codacons, che ha effettuato delle elaborazioni sulla base delle nuove misure introdotte dal premier Monti, calcolando le relative ricadute sulle famiglie della regione.

Considerando il ritorno dell’Ici, l’aumento dell’Iva, i nuovi estimi, i rincari sulla benzina, i tagli agli enti locali e le varie imposte, una famiglia media di 4 persone si troverà a sborsare circa 1.580 euro su base annua solo per gli effetti della manovra economica.

Solo per l’aumento delle aliquote Iva, la famiglia media dovrà affrontare una maggiore spesa pari a 675 euro: 418 euro per l’Iva al 23% e 257 euro per l’Iva al 12%, calcolando il solo effetto diretto, senza considerare gli arrotondamenti al rialzo.

I provvedimenti varati dal Governo – spiega il Codacons – porteranno ad un generale impoverimento delle famiglie marchigiane, con inevitabili ripercussioni sul potere d’acquisto e sui consumi, che verranno ulteriormente ridotti a danno dell’economia della regione.


Fonte: Il Resto del Carlino

martedì 6 dicembre 2011

Indagine del Sole 24 Ore sulle città più vivibili d'Italia

È Bologna la città più vivibile d'Italia.

Lo certifica la classifica annuale stilata dal Sole 24 Ore, che da 22 anni confronta la qualità della vita nei capoluoghi di Provincia italiani. Sei i parametri presi in considerazione per assegnare le pagelle: tenore di vita, affari e lavoro, servizi/ambiente/salute, popolazione, ordine pubblico e tempo libero.

Le prestazioni ottenute in tutte queste “materie” hanno permesso a Bologna di recuperare ben 8 posti in graduatoria rispetto al 2010, scalzando Bolzano (ora seconda, davanti a Belluno) dalla testa della classifica. Molto buona soprattutto la performance in materia di salute, servizi ed ecologia, ma anche per quanto riguarda il tenore di vita i bolognesi sembrano passarsela piuttosto bene.

Va decisamente peggio a Foggia, che ottiene la posizione peggiore, soprattutto a causa dell'ordine pubblico e dei dati, piuttosto scoraggianti, relativi alla disoccupazione giovanile e femminile. Per quanto riguarda le grandi città, il giudizio migliore spetta a Milano, che si colloca in 19ima posizione. Roma fa leggermente peggio, fermandosi alla 23ima piazza, ma fa un discreto balzo in avanti rispetto al 2010, quando si era collocata 12 posizioni più in basso. Ancora peggio Torino, in 51ima posizione, e Napoli, che con il suo 105imo posto sfiora la maglia nera.

Piuttosto marcato, in generale, il divario tra nord e sud del Paese, tanto che per trovare una città meridionale bisogna scorrere la classifica fino alla 45ima posizione, occupata da Olbia-Tempio. Anche nelle graduatorie “parziali” la spuntano quasi sempre delle città del nord: Treviso nel tenore di vita, Ravenna in affari e Lavoro, Trieste in servizi e ambiente, Piacenza nella popolazione e Rimini nel tempo libero. Unica eccezione, Oristano che conquista la prima posizione in materia di sicurezza.

Da notare che non sempre la cosiddetta qualità della vita coincide con la felicità. Il Sole 24 Ore, infatti, ha condotto anche un'indagine sulla "felicità personale" degli abitanti nei 107 capoluoghi. I bolognesi, nonostante la palma d'oro della vivibilità, risultano solo 57imi nella classifica della serenità, mentre al primo posto c'è Palermo, con il 20% di intervistati felici, in barba al 102imo posto nella classifica generale. Risultati sorprendenti anche nella graduatoria delle province più "desiderate". Tra i luoghi dove si vorrebbe vivere, ad esempio, Roma e Napoli risalgono rispettivamente al secondo e al 18imo posto. Non sempre, insomma, "vivibilità" fa rima con "felicità".

Fonte: il Sole 24 re

Mercato immobiliare : Italia

Indagine biennale Tecnoborsa
La quarta edizione dell’Indagine biennale Tecnoborsa sulle famiglie che vivono nelle sei maggiori città italiane (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova) evidenzia come la situazione di crisi del mercato immobiliare non ha subito significative variazioni rispetto alle Indagini svolte nel 2009 e nel 2007: non è stato recuperato il calo di oltre due punti percentuali rilevato nel 2005, mentre la città più attiva è stata Roma.

Per quanto riguarda gli immobili acquistati nel biennio 2009-2010 (4,7%), l’Indagine evidenzia al primo posto l’abitazione principale (73,9%). Al secondo posto rimane la motivazione dell’acquisto come seconda casa vacanze (11,2%), la cui percentuale, è salita di 2,5 punti. Al terzo posto si colloca l’acquisto di una casa per parenti prossimi (6,7%) e al quarto l’acquisto per investimento (5,9%).

Per coloro che hanno acquistato un’abitazione principale, i due requisiti-base continuano a essere superficie (72,5%) e prezzo (61,6%). Il taglio più richiesto resta il trilocale (33,4%), ma rilevante è anche la richiesta del bilocale (29,5%); seguono i quadrilocali, ricercati dal 16,6% delle famiglie, e le abitazioni con più di cinque vani (13,6%); bassa, invece, la richiesta di monolocali (6,9%).

Invece, per quanto riguarda gli immobili venduti nel biennio 2009-2010, questi hanno riguardato il 3,1% degli intervistati e le città più attive sono risultate Genova e Roma. Sono state vendute prevalentemente le abitazioni principali (48%); al secondo posto le case vacanze (17,3%); al terzo le case destinate a parenti prossimi (16,6%), infine, quelle per investimento (11,8%). Tra le motivazioni predominanti c’è la sostituzione con un’altra abitazione principale per il 43,2% delle famiglie.

Dall’esame degli acquisti previsti per il biennio 2011-2012 si rileva che il 3% degli intervistati ha intenzione di acquistare ma si continua a assistere a un moderato calo della quota di coloro che vorrebbero farlo nel prossimo futuro. Come per chi ha già comprato una casa, anche chi pensa di farlo è spinto dalla necessità di acquistare un’abitazione principale (34,4%); al secondo posto, c’è chi pensa di acquistare per investire (31,1%).

Spostando l’analisi dalla parte delle vendite previste, nel biennio 2011-2012 il 2,1% delle famiglie intervistate ha intenzione di vendere. La motivazione predominante è l’esigenza di liquidità (28,6%); mentre al secondo posto vi è chi pensa di effettuare altri investimenti immobiliari (14,3%); al terzo, a parità di punteggio (10,7%), c’è chi intende acquistare un’altra abitazione principale o una casa per parenti prossimi oppure una casa per le vacanze; infine, vi sono coloro che desiderano effettuare investimenti finanziari.

Molto elevato il ricorso al mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale (65,1%). L’85% del campione intervistato lo ha reperito presso la propria banca; il restante 15% tramite canali specializzati, come altri istituti di credito, canali on-line, broker, finanziarie.

Il 37,8% di coloro che hanno acquistato nel biennio 2009-2010 ha richiesto un prestito che copre fino al 20% del prezzo pagato. Tale percentuale si spiega con il fatto che oltre il 50% di chi ha venduto un immobile lo ha fatto per acquistarne un altro, dunque aveva già un buon capitale di partenza e necessitava solo di un mutuo per integrazione; inoltre, i rilevanti importi dei prezzi delle case nelle grandi città fanno sì che al 20% di mutuo corrisponda spesso a una cifra già consistente.

Dall’analisi emerge infine che le banche spesso richiedono ulteriori garanzie a tutela del prestito: nel 25% dei casi, oltre all’ipoteca sul bene acquistato, è stata pretesa una garanzia aggiuntiva: il 27,4% ha ipotecato anche un secondo bene; il 51,6% è ricorso alla fideiussione bancaria di un terzo; infine, il 48,4% ha sottoscritto una polizza assicurativa a copertura di parte del capitale erogato.

Fonte: Tecnoborsa

Mercato immobiliare: i giovani e la casa

Prezzi alti anche per gli affitti

Dai risultati di un questionario sulla condizione abitativa dei giovani tra i 18-35 presentato dal sindacato degli inquilini Sicet emerge che solo 
una persona su quattro è riuscita a trovare casa e a mettere su famiglia.

Il primo dei freni all’autonomia dei ragazzi italiani è il caro alloggio. Dalla ricerca risulta che il 63% dei giovani vive in locazione, mentre il 37% è in un’abitazione di proprietà; tra coloro che sono in affitto il 55,82% ha un contratto registrato, per quasi il 6% il contratto non è registrato e oltre il 38% è senza un contratto d’affitto scritto.

Rispetto al tipo di soluzione abitativa, i 2/3 vivono in un alloggio – appartamenti e case singole – mentre il 16,67% dei giovani ha in affitto una camera; analoga percentuale per la soluzione dell’affitto di un posto letto, tipologia che riguarda generalmente gli studenti. Per quanto riguarda i prezzi degli affitti, per il posto letto si va da un minimo di 200 a 400 euro/mese; per la camera, minimo 250 sino a 500 euro/mese; per l’abitazione il minimo è 450 sino a un massimo di 1.320 euro/mese.

Le rate mensili di mutuo vanno invece da un minimo di 360 euro a un massimo di 780 euro. Infine, dalle indicazioni dei redditi percepiti si evidenzia che molti studenti svolgono lavoretti per 300/400 euro/mese, mentre il dato medio indicato da chi lavora è tra i 700 e i 1.200 euro/mese. È evidente la forte divaricazione tra redditi e spesa per la casa.

Un’analisi del portale Casa.it evidenzia, dal canto suo, la difficoltà crescente delle famiglie italiane nel far fronte alle spese di affitto per i figli che studiano lontano. Le possibilità economiche dei genitori risultano infatti del 6% inferiori ai reali costi del mercato immobiliare. Si scelgono, quindi, abitazioni in zone più periferiche. Rispetto al 2010, è stato rilevato che il divario tra la capacità di spesa delle famiglie e il costo dell’offerta immobiliare è passato dal -4% al -6%. Emerge, inoltre, una sempre maggiore tendenza alla richiesta di soluzioni più economiche, optando quindi per appartamenti lontano dai poli universitari.

È Milano a registrare lo scarto maggiore tra il potere di spesa dei genitori, disposti a spendere una media di 750 euro/mese per una metratura compresa tra i 50 e i 70 mq, e la reale offerta che si colloca in media intorno agli 850 euro/mese. Roma, che si conferma la città universitaria più cara d’Italia, mostra invece un divario minore: il canone medio mensile per un bilocale è di 880 euro, contro una capacità di spesa che sui 820 euro.

Fonte: Tecnoborsa

Mercato immobiliare: in Italia immobili in eccesso

In Italia immobili in eccesso destinati a crescere

Secondo l’ultimo rapporto di Nomisma, una delle più importanti società italiane di studi economici, la produzione edilizia è risultata in crescita nell’ultimo decennio (2000-2009), a tassi via via più sostenuti, fino al 2007, per poi scendere al di sotto dei livelli di inizio periodo, nel biennio 2008-2009. In questi ultimi due anni le nuove costruzioni iniziate ammontano in media annua a 36.409 fabbricati residenziali, per uno sviluppo complessivo in termini di superficie pari a 23 milioni di mq/anno e una dimensione media di 634 mq per fabbricato.

Nello stesso periodo i fabbricati non residenziali concessi all’anno risultano 8 mila, per uno sviluppo di superficie pari a 13,4 milioni mq/anno e un dimensionamento medio del singolo fabbricato di poco inferiore a 1.700 mq. Tali numeri approssimano l’offerta di nuova edilizia che si è riversata sul mercato tra il 2010 ed il 2011.

I 13 mercati monitorati da Nomisma rappresentano circa il 30% della superficie concessa in Italia e sono stati investiti da un calo ritardato e di minore intensità, rispetto al resto del Paese.

Nel decennio, l’incremento dello stock di abitazioni, dovuto perlopiù alle nuove costruzioni, è stato notevolmente superiore alla crescita dei nuclei familiari, che approssimano la domanda di nuove abitazioni, così da far ritenere che si sia in presenza di un eccesso di offerta che, al di là della congiuntura, faticherà a essere assorbito dal mercato (il rapporto tra nuove abitazioni e nuove famiglie che, a livello nazionale, è pari a 1,7, nell’insieme dei 13 maggiori mercati sale a quasi 3).

Il dato congiunturale riferito al 2011 ha confermato la tendenza dell’offerta a crescere, a cui si contrappone il proseguimento del calo della componente di domanda.

Sul mercato tali dinamiche si sono tradotte in un nuovo calo delle quantità compravendute che, secondo le stime, a fine anno potrebbe risultare del 6% per la componente residenziale e del 3,6% per quella degli immobili per l’impresa (uffici, negozi e laboratori e capannoni).

Il recente calo delle transazioni si inserisce in una tendenza ormai consolidata che ha prodotto un ridimensionamento delle quantità, per effetto della congiuntura negativa, a partire dal 2007.

In termini numerici, mediamente ogni anno si realizza un volume di transazioni inferiore al 23% per abitazioni e del 30% per gli immobili d’impresa, rispetto ai livelli di attività del periodo 2005-2007.

La logica conseguenza dell’attuale fragilità è rappresentata dall’ulteriore inevitabile allungamento dei tempi medi di compravendita e di locazione, arrivati ad attestarsi su livelli record in tutti i settori.

Se confrontati con i tempi di vendita rilevati a fine 2007, l’allungamento è di un mese e mezzo per le abitazioni e di 2-2,5 mesi per uffici e negozi.

Il protrarsi delle difficoltà congiunturali del settore ha indotto l’offerta a rivedere le strategie di prezzo e con esse gli sconti praticati sui prezzi richiesti, che hanno fatto segnare una riduzione per le abitazioni e una crescita per uffici e negozi.

Questo comportamento dicotomico sembra dipendere da una diversa percezione circa l’evoluzione dei prezzi: nel segmento abitativo l’offerta sembra avere preso finalmente atto di una congiuntura che permane sfavorevole, optando per un rapido adeguamento al fine di perseguire gli obiettivi di realizzo; nei segmenti degli immobili per l’impresa, continua, invece, a prevalere un atteggiamento di maggiore esosità iniziale, che ha portato a un innalzamento dello sconto in virtù della flessione dei prezzi d’acquisto.

Fonte: NewsAttico.it

Finanziamenti alternativi: i mutui liquidità

Mutui liquidità

Una tipologia di finanziamento che permette di disporre di un capitale elevato senza doverne giustificarne l’utilizzo.

In tempi di crisi la casa continua a confermarsi il bene rifugio per eccellenza e anche un validissimo aiuto nel caso in cui il proprietario volesse fare nuovi investimenti o affrontare delle necessità emergenti. Le cause sono diverse: chi deve affrontare spese non previste, chi vuole aiutare i figli a comprare casa o a studiare, chi ha bisogno di una grossa somma, ma vuole evitare i tassi d’interesse dei prestiti personali, che sono notoriamente più elevati. Ma per ottenere il mutuo, la casa da impegnare non deve avere altre ipoteche.

La richiesta media per questo tipo di finanziamento è di 116.000 euro, pari al 48% del valore dell’immobile che s’intende ipotecare. In media, gli utenti dichiarano di voler rimborsare la cifra in 20 anni. In quanto ai tassi. il tasso variabile è più richiesto del tasso fisso. L’età media al momento della richiesta è di 40 anni.

Il mutuo liquidità ha una procedura d’istruttoria più rigorosa ed è legato anche alla professione del richiedente: un lavoratore dipendente, nella maggior parte dei casi, può ipotecare fino al 70% del valore dell’immobile; un libero professionista, invece, non può superare il 50% del valore. C’è quindi una diversità di trattamento: ben il 76% del totale arriva da lavoratori a tempo indeterminato, i liberi professionisti sono il 17%.

Fonte: NewsAttico.it

Agevolazioni prima casa con la comunione dei beni

E' possibile ottenerla solo se entrambi i coniugi sono presenti all'atto

Per la legge italiana, se un soggetto, coniugato con regime di comunione dei beni, compra un appartamento, questo diventa di proprietà di entrambi i coniugi, a prescindere dal fatto che tutti e due firmino il contratto. Ma se per l'acquisto i coniugi richiedono l' agevolazione "prima casa", entrambi, secondo il Fisco, devono recarsi al rogito di persona: non è ammesso, infatti che uno dei due non sia presente, per una qualunque ragione, perché l'agevolazione viene negata a chi, non presente al rogito, comunque approfitterebbe dell'acquisto in comunione.

È questo il comportamento che alcuni uffici dell'Agenzia delle Entrate (per fortuna, non tutti) tengono con il malcapitato di turno, il quale non riesce a capire perchè, essendo assente dal rogito, il proprio coniuge riesce sì a fargli acquistare un appartamento, ma non riesce a fargli ottenere l'agevolazione fiscale a cui ha diritto, trovandosi nella condizione di poterne beneficiare.



Inoltre il Fisco, negando all'assente l'agevolazione "prima casa", gli nega pure il diritto ad avere la base imponibile determinata su base catastale (invece che sul prezzo dichiarato nel rogito, che è da tre a cinque volte più alto) nonché il diritto di richiedere il credito d'imposta derivante dal fatto di effettuare un acquisto entro un anno dalla vendita di una abitazione precedentemente posseduta.

Qual' è allora il motivo per cui il Fisco "punisce" il coniuge assente al rogito? È la considerazione (derivante dalla circolare delle Entrate 38/2005) secondo cui chi è assente al contratto non può rendere le dichiarazioni a cui la legge subordina la concessione dei benefici fiscali (ad esempio, la dichiarazione di non possedere altre abitazioni).

Ma come è possibile che un coniuge possa acquistare un bene per la comunione legale a prescindere dalla presenza (e persino dal volere) dell'altro coniuge oppure che possa compiere da solo atti di conservazione, di miglioramento e di gestione ordinaria del patrimonio comune  e che poi egli possa chiedere agevolazioni fiscali solo per sé, senza farne partecipe anche l'altro coniuge? E perché mai, il Fisco, di fatto, disincentiva il ricorso alla comunione dei beni, che il legislatore ha invece promosso definendolo «legale» e cioè operativo a meno che non espressamente derogato?


Fonte: Il Sole 24 Ore

venerdì 2 dicembre 2011

Mercato immobiliare Italia 2012: ripresa rinviata al 2014?



Comprare casa oggi o aspettare sperando di spuntare prezzi migliori? Questa è la domanda di fondo alla quale i privati cercano di rispondere. Ma dare una risposta è difficile soprattutto con gli scenari economico e immobiliare che abbiamo davanti.

I prezzi delle case nelle grandi città

La crescente fragilità delle famiglie italiane, il brusco innalzamento del costo del credito e la rigidità della concessione dei mutui, il divario progressivamente sempre più ampio tra l'offerta crescente di abitazioni e la domanda in calo, trend iniziato nel 2005, mettono sotto pressione il mercato immobiliare.

Una pressione ribassista che si sta traducendo in un circolo vizioso di recessione per valori e volumi la cui durata potrebbe essere decisamente non breve. È quanto emerge dall'Osservatorio semestrale che Nomisma ha presentato ieri sull'andamento del mercato del mattone nelle 13 principali città italiane. Per intenderci i capoluoghi nei quali si concentra il 30% della superficie concessa in Italia.

«La prima variabile a fare le spese della crisi è il volume delle compravendite, spiega Luca Dondi, responsabile dell'area real estate per Nomisma, che a fine anno, secondo le previsioni, dovrebbe addirittura scendere a quota 565mila (-7,7% sull'anno), nello scenario più pessimistico, dalle 575.165 precedentemente stimate».

Quindi il livello più esiguo di transazioni realizzato dal 1997. Nelle 13 principali città analizzate il numero di compravendite residenziali si dovrebbe attestare a fine 2011 a poco meno di 237mila, il valore minimo dal 2000, mentre il volume massimo di transazioni ha sfiorato nel 2006 le 329mila vendite (quell'anno furono 845mila le transazioni in Italia). D'ora in poi sotto pressione dovrebbero essere le quotazioni, sulle quali già si è delineata una parabola discendente anche se non tale da far ripartire il mercato. La perdita secca dei prezzi nominali nel residenziale è stata pari all'8,6% dal secondo semestre del 2008 a oggi (-14% se si tiene conto del tasso di inflazione del periodo). Il calo continuerà nel 2012 fino al 2014, quando secondo le stime di Nomisma tornerà il segno più. Nel dettaglio Firenze e Bologna hanno registrato i cali medi più accentuati dei prezzi nel semestre (-3%). Cali che nell'anno sono stati pari, per Firenze al -4,2% e per Bologna al -3,7%, seguiti dal -3,4% di Venezia e dal -3,1% di Genova. Invariate le quotazioni a Bari, mentre Milano si avvicina alla parità con un calo dello 0,6% nell'anno.

In questo scenario si sta registrando anche un picco nei tempi di vendita nei 13 maggiori mercati italiani a quasi 7 mesi, un mese e mezzo in più rispetto a fine 2007. E chi vuole vendere casa in tempi brevi deve adeguarsi a politiche di prezzo sempre più flessibili. Nel semestre che sta per terminare i maggiori sconti (rispetto allo stesso periodo 2010) sono stati praticati a Padova, Catania e Milano, sconti che sono cresciuti di oltre un punto percentuale rispetto al passato. Il divario medio tra prezzo iniziale richiesto e prezzo effettivo realizzato ha raggiunto il 15% a Napoli (dove il prezzo medio ponderato si aggira sui 2.140 euro al metro quadro), il 13,8% a Catania, il 13,6% a Bari, il 13,1% a Torino e il 13% a Genova. Lievemente sotto il 10% di sconto resiste solo Milano (dove i prezzi medi sintetici secondo Nomisma si aggirano sui 3.500 euro al metro quadro, con picchi a 7mila euro medi al mq per il pregio).

Quale il futuro delle quotazioni del mattone residenziale nelle previsioni di Nomisma? Nel 2012 le città che vedranno i prezzi sotto pressione saranno soprattutto Firenze (-2,9% è il calo annuale previsto) e Bologna (-2,3%), mentre a Roma, Torino, Bari e Milano i valori potrebbero addirittura mettere a segno un lieve incremento. Solo nel 2014 il segno più riconquisterà la maggioranza delle 13 città (previsioni a valori correnti), mentre i valori scenderanno ancora a Firenze e Catania. La domanda per investimento, che vive fasi alterne in un contesto difficile, può beneficiare di rendimenti annuali lordi da locazione pari al 5,4% a Cagliari e al 5,3% a Roma e Palermo. Il rendimento più basso si registra a Venezia città.

Tra le cause della situazione critica vissuta dal mercato residenziale ci sono anche le implicazioni di un minor interesse degli investitori stranieri per il mercato immobiliare italiano in generale e, soprattutto, il progressivo deterioramente del mercato dei mutui. E senz'altro le voci del ritorno dell'Ici e di una patrimoniale sugli immobili ingessano ulteriomente un mercato già asfittico.

Fonte: Casa24Plus

Lo sfratto nelle locazioni abitative

Quando si può avviare un procedimento di sfratto
Il proprietario di un immobile può avviare il procedimento di sfratto nei seguenti casi
per morosità dell'inquilino, nel caso di mancato pagamento del canone di affitto

- per necessità, quando il conduttore intende riutilizzare l'alloggio per motivi di bisogno previsti dalla legge

- per finita locazione

- per inadempimenti gravi da parte dell’affittuario.

Per avviare la procedura, il locatore deve trasmettere all'inquilino la disdetta del contratto di locazione. Se questo rientra nella vecchia disciplina dell'equo canone, la disdetta deve essere comunicata, con raccomandata A/R, almeno sei mesi prima della scadenza; se si tratta di un contratto con patti in deroga, il termine è di almeno un anno prima della prima scadenza e di almeno sei mesi per le successive.

Nei casi di affitti basati sulla normativa vigente valgono i sei mesi per icontratti liberi e regolati, mentre la disdetta è automatica per i contratti cosiddetti liberissimi (regolati solo dal Codice civile, tipo l'uso turistico), senza bisogno di comunicazione preventiva.

Se il giudice ha concesso un provvedimento di proroga allo sfratto, questo è impugnabile dal proprietario con opposizione regolata dall’articolo 618 Codice di procedura Civile.

Nel caso di sfratto per morosità dell’inquilino, il conduttore può scrivere una lettera raccomandata A/R in cui si sollecita il pagamento degli affitti arretrati entro una data precisa e rivolgersi ad un avvocato per l’avvio della pratica legale.

 Come funziona la procedura di sfratto

Quando il giudice convalida lo sfratto in genere concede un rinvio da sei mesi ad un anno rispetto alla scadenza contrattuale.

Durante i periodi di rinvio dell'esecuzione il canone aumenta per legge del 20%. 
Se l'inquilino non paga la maggiorazione, e diventa quindi moroso, rischia di accelerare i tempi del rilascio. 
Dopo il primo rinvio, il proprietario notifica tramite l'ufficiale giudiziario l'atto di precetto nel quale si chiede all'inquilino di liberare l'appartamento entro 10 giorni. 
Nell'atto di precetto devono risultare: gli estremi di registrazione del contratto di locazione; gli estremi dell'ultima denuncia ICI; gli estremi delle ricevute di versamento dell'ICI relative all'anno precedente; gli estremi dell'ultima dichiarazione dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto è stato dichiarato. 
Nel caso in cui questi non fossero in regola con il fisco, l'inquilino può opporsi allo sfratto.

Trascorsi dieci giorni il legale della proprietà deposita la richiesta di esecuzione dello sfratto presso gli ufficiali giudiziari.
L'inquilino sotto sfratto può però chiedere un ultimo rinvio al giudice che decide tenendo conto della situazione specifica. 
Di norma la proroga non può superare 6 mesi, che diventano 18 nei casi di disagio tutelati dalla legge: 
- famiglie con più di 5 figli; 
- anziani con oltre 65 anni; 
- disoccupati, cassintegrati o lavoratori in mobilità; 
- malati terminali o portatori di handicap; 
- se l'inquilino è prenotatario di un appartamento in cooperativa; 
- se l'inquilino prova di essere in attesa di un appartamento in costruzione o di un alloggio formalmente assegnato di edilizia residenziale pubblica o di enti previdenziali o assicurativi.

Nella domanda, che va presentata alla cancelleria dell'Ufficio esecuzioni immobiliari o graduazione sfratti del Tribunale civile, si deve chiedere la fissazione di una nuova data dell'esecuzione del rilascio, ai sensi dell'articolo 6 della legge numero 431 del 9 dicembre 1998. 
E’ bene conservarne una copia da esibire all'ufficiale giudiziario che si presenta ad eseguire lo sfratto. 
Alla domanda vanno allegati i seguenti certificati:
- provvedimento di sfratto; stato di famiglia; 
- redditi di tutti i componenti del nucleo familiare; 
- modelli dell'ufficio di collocamento, per cassintegrati e disoccupati; 
- scheda di mobilità, per gli iscritti alle liste di mobilità;
- documentazione comprovante l'assegnazione di un alloggio da parte del Comune o di pubblica proprietà, di un ente previdenziale o assicurazione; 
- rogito notarile o compromesso di acquisto di abitazione in costruzione; 
- certificato di portatore di handicap, con specificata diagnosi e percentuale di invalidità; 
- certificati medici e cartelle cliniche.

Particolarità

Nei Comuni ad alta densità abitativa e nei capoluoghi di provincia, per gli sfratti per finita locazione, è previsto che l'inquilino possa richiedere al magistrato di fissare nuovamente il termine di rilascio, concedendo unaproroga che normalmente non può superare i sei mesi.

L’inquilino deve allegare all’istanza ogni documento utile ai fini della valutazione del suo stato di bisogno e di necessità della proroga. La data indicata dal giudice non è prorogabile nei casi di necessità, morosità e inadempienza contrattuale.

Esauriti tutti i termini di proroga, se l'inquilino non riconsegna l'immobile, il proprietario ha diritto ad eseguire il provvedimento ricorrendo alla forza pubblica. Tuttavia la legge prevede che possano eseguire gli sfratti soltanto i proprietari che siano in regola con il fisco.

L’inquilino può dunque fare ricorso al giudice dimostrando l’eventuale irregolarità anche nei casi di sfratti per necessità, morosità o inadempienza contrattuale.

Ravvedimento operoso: come funziona

Affitti e locazioni: ravvedimento operoso per tardiva oppure omessa registrazione dei contratti
Dal 1 febbraio 2011 sono aumentate le sanzioni previste dall’art. 13 Legge n. 472/1997, ossia quelle previste nei casi in cui si intenda utilizzare i benefici concessi dal “Ravvedimento operoso“.

Vediamo cosa è cambiato per le locazioni immobiliari.

I contratti di affitto e locazione

Tutti i contratti di locazione e affitto di beni immobili (compresi quelli relativi a fondi rustici e quelli stipulati dai soggetti passivi Iva) devono essere obbligatoriamente registrati dall’inquilino (conduttore) o dal proprietario (locatore), qualunque sia l’ammontare del canone pattuito, versando contemporaneamente le imposte dovute (registro e bollo).

La registrazione va effettuata entro 30 giorni dalla data di stipula del contratto.

Se la durata del contratto non supera i 30 giorni complessivi nell’anno, non si è obbligati alla registrazione del contratto.

Registrazione dei contratti di locazione entro il 31.01.2011
Qualora la richiesta di registrazione del contratto di locazione venga effettuata in ritardo il ravvedimento operoso permette di regolarizzare la posizione
- entro 90 giorni dalla scadenza con una sanzione del 10% dell’imposta di registro;
- entro un anno dalla scadenza con una sanzione del 12% dell’imposta di registro.
Rinnovi, proroghe e cessioni del contratto entro il 31.01.2011
Nel caso di omesso versamento dell’imposta di registro per le annualità successive alla prima, la sanzione per il tardivo versamento dell’imposta di registro, è pari:
- al 2,5% se il versamento avviene entro 30 giorni;
- al 3,0% se il pagamento è effettuato entro un anno dalla scadenza.
Registrazione dei contratti di locazione a partire dal 01.02.2011
Nel caso di omissione della richiesta di registrazione del contratto di locazione è possibile regolarizzare la posizione con il ravvedimento operoso:
- con la sanzione del 12% se il pagamento avviene entro 90 giorni dalla scadenza prevista;
- con la sanzione del 15% qualora la regolarizzazione venga eseguita entro un anno dal termine di scadenza.
Rinnovi, proroghe e cessioni del contratto a partire dal 01.02.2011
Nel caso di omesso versamento dell’imposta di registro per le annualità successive alla prima, la sanzione per il tardivo versamento dell’imposta di registro, sarà pari:
- al 3%, se il pagamento viene eseguito entro i 30 giorni dalla scadenza prevista;
- al 3,75%, se il pagamento viene effettuato entro un anno dalla scadenza prevista.
Interessi legali

Ai versamenti vanno sempre aggiunti gli interessi legali nella misura dell’1% fino al 31.12.2010 e dell’1,5% dal 1 gennaio 2011.
Riferimenti normativi:

Ravvedimento operoso: art. 13 del D.Lgs n. 472/1997
Aumento delle sanzioni segnalate in questo articolo: Legge 13.12.2010 n. 220 (Legge di stabilità 2011).

N.B. Nel caso di dubbi o incertezze, per non sbagliare gli importi in eccesso oppure in difetto, i funzionari dell' AdE fanno volentieri il calcolo di quanto dovuto.