lunedì 27 giugno 2011

Ancora sul fotovoltaico: quanto conviene ai privati?

Indagine su villette e condomini

Conviene l'impianto fotovoltaico, quanto? Mettiamo che a la domanda venga da un privato, che vuole sfruttare il tetto di casa propria. Alla prima di queste due semplici domande è facile rispondere: «Sì», mentre la seconda prevede argomentazioni un bel po' più complesse, perché le variabili sono tantissime. La più importante è dove è posto l'impianto, al Sud dove c'è più sole, o al Nord?

Poi quando verrà terminato? E quali sono i consumi familiari? 



Per rispondere Il Sole 24 Ore ha chiesto ad Enerpoint di elaborare due esempi, quello di due identici impianti, il primo sul tetto di una villetta al Nord (a Milano) e il secondo su una villetta al Sud (a Bari). Naturalmente a Bari è meglio: viene prodotta più energia, in parte autoconsumata e in parte venduta alla rete, perciò l'investimento si ripaga in minor tempo (otto anni invece di nove) e alla fine del periodo ventennale di esercizio agevolato con le tariffe del cosiddetto "conto energia" si finisce per incassare di più, in buona parte sotto forma di mancata spesa, cioè di risparmio sulla bolletta dell'energia elettrica ma in parte anche come soldi sonanti.

Tenuto conto di entrambi i criteri, al Sud è previsto un rendimento dell'investimento annuo del 12% e al Nord del 10%, ben più di quel che possono garantire investimenti finanziari a basso o medio rischio. Negli esempi riportati non si tiene conto del "bonus" del 10% in più delle tariffe, previsto per l'utilizzo di almeno il 60% di tecnologie Ue (si è in attesa di chiarimenti a proposito), né del premio per chi riduce del 10% i consumi di energia dell'immobile che, essendo alternativo fino al 31 dicembre alla detrazione fiscale del 55% sul risparmio energetico, al momento attira poco i cittadini. 



Sempre dai confronti emerge inoltre un altro fatto: a meno di farsi finanziare da una banca, l'impianto è, e resta, un investimento di lungo periodo.

Ciò significa che occorre sin da subito stanziare, nel caso in questione, 12.500 euro che verranno "ripagati" in otto o nove anni: solo dopo si inizierà veramente a guadagnare. Quindi investirà in fotovoltaico chi non prevede in breve tempo di dover avere spese notevoli e, in genere, chi conta di abitare nella stessa casa ancora per un lungo periodo e l'utilizza come abitazione principale. È vero che qualcuno potrebbe anche dire che con il fotovoltaico installato, la casa vale di più, in caso di successiva vendita, ma questa legittima aspettativa va confrontata, caso per caso, con la realtà, cioè con la sensibilità degli acquirenti di immobili che potrebbero o non potrebbero dare il giusto peso alle fonti rinnovabili come un valore aggiunto dell'immobile.

Gli esempi riportati prevedono che l'impianto sia "pronto per l'uso" a dicembre 2011, quando andranno in vigore certe tariffe incentivanti un po' meno interessanti di quelle vigenti oggi. Tuttavia, se l'installazione avvenisse mesi dopo, per esempio a settembre 2012, gli incentivi statali calerebbero di un bel po' (circa del 15,4%).



Ma allora il fotovoltaico è destinato a divenire sempre meno interessante, con il calo degli aiuti statali? Bisogna valutare la situazione. In realtà il passato ha dimostrato che esiste un altro trend: quello del calo progressivo dei costi degli impianti, in particolare dei pannelli al silicio e degli inverter, gli apparecchi a loro collegati, che ha ammortizzato del tutto la riduzione degli incentivi. 


Enerpoint ha stimato un costo impianto pari a 4.200 euro al kWp, ma è possibile ipotizzare un calo del 5% a dicembre del costo dell'investimento. E la previsione è concretamente realizzabile se si pensa che solo quattro anni fa lo stesso impianto di euro ne sarebbe costati 7.000. Certo, non si possono prevedere contui forti cali dei costi, via via che passano gli anni, anche perché quelli della manodopera restano pur sempre costanti (se non in lieve aumento). Ma non bisogna essere troppo pessimisti.

Tornando al confronto ci si può chiedere se quel che vale per una villetta si può applicare anche a un condominio.



 In teoria sì: a parità di superficie del tetto, non conta quello che ci sta sotto. A variare saranno in questo caso solo i consumi da conteggiare che per il condominio corrispondono a quelli tipici delle parti comuni (illuminazione scale e androni, ascensore, parte elettrica della caldaia centralizzata, cancelli automatizzati e così via). 


Tuttavia la pratica dimostra che l'installazione nei condomini è piuttosto rara per almeno due motivi. Il primo è che c'è da assumere una decisione in comune che, per quanto goda di quorum ridotti (la maggioranza dei millesimi, secondo l'articolo 26, secondo comma della legge 10/91) vede spesso i proprietari divisi. La seconda è che spesso in condominio i tetti sono popolati da antenne e soprattutto vi sporgono vani tecnici (casotto ascensore o casotto dell'autoclave). Tali elementi possono creare zona d'ombra sui pannelli che ne riducono, in modo spesso radicale, l'efficienza, perché il loro effetto si "propaga" anche ai pannelli non direttamente ombreggiati.

Ogni situazione va quindi valutata molto attentamente.

Fonte: Il Sole 24 Ore











Acquisto di immobile da privato per rivendita entro 3 anni : non è applicabile l'1% dell'imposta di registro

Società immobile acquista da privato per rivendere entro tre anni

Se a vendere l'appartamento a una società immobiliare è un privato non spetta l'applicazione dell'imposta di registro agevolata all'1 per cento. A chiarirlo è la Cassazione con l'ordinanza 13847/2011.

In base alla vigente normativa sul registro, se il trasferimento che ha per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricato è esente dall'Iva (articolo 10 del Dpr 633/72) ed è effettuato nei confronti di imprese, che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività la rivendita di beni immobili, si applica l'imposta di registro nella misura dell'1%, in luogo della tassazione ordinaria, a condizione che nell'atto l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro tre anni. Le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.

Nel caso esaminato una società immobiliare ha acquistato un appartamento da un privato e, dopo averlo ristrutturato, lo ha rivenduto nel triennio. L'impresa, successivamente all'acquisto, ha chiesto l'applicazione del registro in via agevolata in quanto il privato, che ha ceduto l'immobile, non ha applicato l'Iva. 

L'impresa ha presentato istanza di rimborso, che è stata rigettata. Contro tale decisione l'impresa si è rivolta alla competente commissione tributaria la quale ha ritenuto applicabile l'agevolazione. Ad analoga conclusione è pervenuta anche la commissione regionale cui si era appellata l'amministrazione finanziaria.

L'ufficio allora è ricorso per Cassazione lamentando la mancanza di uno dei presupposti previsti dalla norma per beneficiare dell'agevolazione: la vendita dell'immobile alla società immobiliare avrebbe dovuto configurare un'operazione esente Iva. Si è trattato invece di un'operazione fuori campo di applicazione del tributo in quanto la cessione è stata eseguita da un privato non soggetto Iva.

I giudici di legittimità hanno condiviso in pieno tale motivo evidenziando che, per beneficiare dell'aliquota agevolata all'1% del registro e delle imposte ipocatastali in misura fissa, fermo restando gli altri requisiti previsti (acquirente società immobiliare ed espressa previsione di rivendita dell'immobile nel triennio successivo) il venditore deve eseguire il trasferimento nell'ambito dell'esercizio di arte o professione o di impresa (operazione esente Iva). In caso di vendita da privato la cessione è fuori campo di applicazione del tributo e pertanto non spetta l'agevolazione.

Fonte : Il sole 24 Ore

Fotovoltaico : agevolati gli impianti sui tetti

I vantaggi per i tetti di capannoni commerciali e industriali

Buona disponibilità di superfici di tetto su cui disporre i pannelli solari: spesso centinaia ma a volte anche migliaia di metri quadrati, niente a che vedere con quelle che ricoprono villette o anche condomini. 

Possibilità di disporre di una fonte energetica a prezzo zero, preziosa soprattutto se i consumi, quali per esempio quelli di una fabbrica metalmeccanica, sono un'importante voce nel passivo aziendale. Costo dell'impianto ammortizzabile in bilancio e Iva sull'acquisto detraibile, fattori positivi di cui non possono godere i privati che installano gli impianti a fonti energetiche rinnovabili. Costi al metro quadrato degli impianti molto più bassi di quelli da preventivare per piccole installazioni.

Sono questi i punti più importanti che rendono le installazioni del fotovoltaico sui capannoni industriali e agricoli un'opportunità ancora più attraente di quella dei pannelli di piccolo taglio diffusi sui tetti delle abitazioni, con rendimenti che nel corso dei vent'anni di durata del "conto energia" possono essere più attraenti di quelli per il residenziale (il 15% a Milano, il 19 a Bari, secondo le tabelle messe a punto da Enerpoint).

Ma non è finita qui: i comuni tendono a porre meno ostacoli ai moduli posti sui tetti dei capannoni, che spesso sorgono in zone industriali o comunque di limitato interesse ambientale. In questo senso possono essere più svantaggiate solo le installazioni in zone agricole (soprattutto quelle poste a terra e meno quelle su immobili strumentali all'attività dell'agricoltore).

Tutti questi aut-aut hanno scatenato la caccia da parte di operatori ai tetti ampi, di cui viene proposto l'acquisto o l'affitto del diritto di superfice: l'azienda installatrice paga l'impianto e ne resta proprietaria, incassando le tariffe incentivanti, mentre al proprietario dell'immobile è pagato un canone oppure un corrispettivo anticipato o, infine, è proposta la costituzione di una società ad hoc. Eventualmente si stipula un contratto di leasing secondo cui, al termine di un certo periodo, la proprietà dell'impianto passa a chi è padrone del capannone, che perciò riuscirà a risparmiare sulle bollette future, senza aver investito un euro.

Ogni medaglia ha il suo rovescio. Le tariffe incentivanti decrescono via via che aumenta la potenza dell'impianto. Sopra i 200 kW è preclusa la strada dello "scambio sul posto" (anche se si può consumare l'energia prodotta) ed è possibile solo vendere l'energia immessa in rete, con guadagni minori, sia per la remunerazione al kWh assicurata sia per il fatto che la vendita è soggetta a prelievo fiscale. La scelta della vendita, anziché l'autoconsumo, resta comunque obbligata per le attività che non consumano energia, come i capannoni utilizzati a deposito. Poi c'è l'inciampo del credito: non rientra certo nella mentalità dell'imprenditore destinare la liquidità di cassa a un business, quello energetico, diverso da quello a cui si è destinata la propria attività principale. Quindi gli imprenditori ricorrono comunque a prestiti o mutui per finanziare l'investimento sull'impianto.

La proverbiale ritrosia delle banche italiane al capital financing le porta di fatto a non accontentarsi della garanzia ventennale delle tariffe incentivanti, ma a puntare su altri ammortizzatori del rischio: per esempio fideiussioni, analisi dell'effettiva solidità industriale della Pmi, ipoteche, cambiali. Inoltre, se si ricorre al mutuo, la sottoscrizione di una polizza viene imposta dagli istituti di credito, e invece di una scelta diviene un obbligo.
«Il fotovoltaico resta una scelta ancor più attraente per l'industria rispetto al residenziale - afferma Ivano Conte, direttore commerciale impianti di Enerpoint -, anche per i benefici aggiuntivi del 5% per aree industriali. Inoltre, in caso di sostituzione di tetti contenenti amianto (il famigerato "eternit", ancora diffusissimo su tanti capannoni), c'è l'opportunità di godere un incremento delle tariffe incentivanti di cinque centesimi di euro/kWh che non muta con il tempo (e con il calare delle tariffe dei nuovi impianti via via che i mesi passano)». Tale agevolazione è, almeno in parte, cumulabile con i contributi alla rimozione dei tetti in amianto previsti da molte regioni e comuni, con bandi periodici. Da segnalare anche il bonus del 10% se si installa il 60% di pannelli o inverter made in Europe.

Tra gli ostacoli, la connessione in rete: i tempi in cui va completata la connessione non sono sempre rispettati dai gestori delle reti, soprattutto se l'impianto sorge lontano da zone per infrastrutturate e ha alta potenza nominale. I tempi per la realizzazione della connessione vanno da un minimo di 30 giorni lavorativi a un massimo di 90 giorni (aumentato di 15 giorni per ogni km di linea da realizzare in media tensione eccedente il primo).

Fonte : Il Sole 24 Ore

N.B. Chiunque fosse interessato a realizzare un impianto fotovoltaico sul proprio tetto ci può contattare : abbiamo convenzioni con società su tutto il territorio nazionale e possibilità di farvi realizzare ottimi guadagni col vostro tetto spendendo il meno posssibile!

Affitto e abitabilità nella locazione commerciale

Locazione valida a determinate condizioni

Il locatore ha l'obbligo di ottenere il certificato di abitabilità per dare in affitto una unità immobiliare a uso commerciale, ma la mancanza del documento non ostacola la costituzione del rapporto di locazione se il conduttore ne era a conoscenza o se lo stesso ha utilizzato il bene secondo la destinazione d'uso convenuta.

La Cassazione (sentenza 12286/2011) si è nuovamente pronunciata in materia ribadendo che, in linea di principio, se mancano (e non sono ottenibili) le autorizzazioni o le concessioni amministrative che condizionano la regolarità dell'immobile sotto il profilo edilizio (in particolare l'abitabilità) e la sua idoneità all'esercizio di attività commerciale, ciò costituisce un grave inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 1578 del Codice civile, a meno che il conduttore fosse a conoscenza della situazione dell'immobile e non l'avesse consapevolmente accettata.


Le eccezioni da parte del conduttore possono riguardare, pertanto, vizi che diminuiscono, in modo apprezzabile, l'idoneità del bene all'uso pattuito, salvo che si tratti di vizi a lui noti o facilmente conoscibili (articolo 1578 del Codice civile). E il mancato rilascio di tali concessioni relative alla destinazione d'uso di un bene non è di ostacolo, di per sé, alla valida costituzione del rapporto di locazione purché vi sia stata da parte del conduttore concreta utilizzazione del bene secondo la destinazione d'uso convenuta.

Altrimenti, il proprietario è responsabile della mancata regolarizzazione urbanistica qualora la destinazione particolare dell'immobile costituisca il contenuto «dell'obbligo specifico dello stesso locatore di garantire il pacifico godimento dell'immobile in rapporto all'uso convenuto». 

Così con la sentenza 14772/2009, la stessa Cassazione aveva rigettato il ricorso di un conduttore. Quest'ultimo aveva stipulato un contratto di locazione per uso laboratorio odontotecnico, mentre in realtà il bene aveva come destinazione d'uso quella di "magazzino", deducendo poi di non aver potuto utilizzare l'immobile perché, in caso contrario, sarebbe andato incontro a sanzioni amministrative previste dal regolamento comunale di igiene che prevedeva, per lo svolgimento dell'attività artigiana, un'apposita autorizzazione comunale subordinata alla verifica dell'idoneità dei locali.

Il proprietario, al contrario, aveva evidenziato che il conduttore non solo era a conoscenza dei problemi inerenti la regolarizzazione sotto il profilo urbanistico sin dalla sottoscrizione del contratto, ma, soprattutto, che egli aveva utilizzato il bene senza dedurre né provare che alcuna lesione era avvenuta al pacifico godimento del bene, per cui il ricorso venne rigettato.

In assenza di tale violazione, ma anche di tali concessioni/autorizzazioni, i giudici di legittimità ritengono irrilevante la circostanza secondo cui il conduttore abbia, in seguito, proposto la domanda di concessione in sanatoria perché – secondo la sentenza 12286/2011 – «la domanda di risoluzione del contratto può essere proposta soltanto dopo che il provvedimento autorizzatorio sia stato definitivamente negato unicamente quando il conduttore sia a conoscenza della situazione dell'immobile alla data della conclusione del contratto o ne abbia accettato il rischio, non dichiarando l'uso al quale intende destinare i locali o manifestando di voler accettare l'immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trova». 

Qualora il certificato non sia ottenibile, infatti, si ha una situazione grave di inadempimento del locatore a fronte della quale il conduttore può richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno (Cassazione, sentenza 8409/2006)

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nuda proprietà ovvero acquistare casa con un notevole sconto

In Italia poco utilizzata


È un acquisto per chi non ha fretta ma scontato. Si può comprare una casa con una riduzione del prezzo che va dal 25% fino a picchi del 40-50% rispetto alle quotazioni di mercato, ma non bisogna avere necessità di disporne subito, o anche nel breve termine. In media sarà disponibile nell'arco di 15 anni circa. 

È la nuda proprietà.

È una forma di investimento immobiliare poco noto in Italia : circa 32.300 operazioni nel 2009 (Lombardia al primo posto con 5.370 transazioni) , in calo dalle 43.380 del 2000 (dati Agenzia del Territorio), ma molto diffuso all'estero soprattutto in Francia, paese dove questa formula di vendita è agevolata dallo Stato, che ne ha colto la valenza sociale per la sempre più ampia fascia della terza età.

Si basa sulla possibilità, riconosciuta dal nostro Codice Civile (art. da 978 a 1020), di spezzare in due la proprietà: da una parte l'usufrutto, il diritto di utilizzare la casa fino a che si è in vita, dall'altra la nuda proprietà, la proprietà senza il diritto di utilizzo. 

Alla morte dell'usufruttuario la nuda proprietà e l'usufrutto si riuniscono e si ricompone la piena proprietà.
Quello che si va a fare con la nuda proprietà è un contratto aleatorio, in cui venditore e compratore fanno una scommessa sul numero di anni che restano da vivere. Più il venditore è giovane, più alto è lo sconto (resterà a lungo a vivere nella casa), più è anziano, minore sarà il risparmio. E questo è l'aspetto più delicato della faccenda, quello che fa scattare le maggiori resistenze: nessuno ama vedersi nei panni di un avvoltoio appollaiato sul capezzale del venditore. Soprattutto se si considera che chi vende di solito ha in media intorno ai 70 anni e chi compra ne ha tra i 40 e i 50. In verità ci sono vantaggi economici, fiscali e sociali per tutti, più qualche incognita e alcuni rischi (vedi articolo). In assoluto è sconsigliato il fai-da-te.

Nella stima del valore della nuda proprietà, rispetto al valore di mercato dell'immobile, entrano infatti numerosi fattori (età del venditore, sesso, stato di salute, aspettative di vita, numero di persone che si riservano il diritto di usufrutto, etc) che comportano calcoli attuariali e statistici non alla portata di tutti. 

Un operatore inoltre può più facilmente incrociare domanda e offerta (soprattutto la prima è molto rarefatta) in una fetta di mercato ancora modesta, ma con potenzialità ampie considerato l'invecchiamento della popolazione italiana da un lato e, dall'altro, la disponibilità, in questo segmento, di case di pregio e d'epoca. 


Esiste comunque, per quanto concerne la forma di vendita della nuda proprietà, una forte discriminante sul trattamento fiscale. In Italia è possibile formulare un contratto praticamente identico a quello che si utilizza in Francia ma si deve pagare una pesante imposta di registro sulla costituzione di rendita vitalizia (ex art. 1872 e seguenti del C.C.) e, cosa ancora più assurda, la rendita viene tassata come un reddito.
Nel caso della Francia, in particolare della Costa Azzurra, lo Stato ha saputo valorizzare nel tempo le proprie risorse. A questo si aggiunge un rapporto qualità prezzo molto più interessante rispetto a luoghi analoghi in Italia (Liguria), un funzionamento della Pubblica amministrazione e una maggiore trasparenza e garanzia nella documentazione degli immobili. 

L'investimento è orientato di solito verso immobili tra 200.000 -500.000 euro che si possono acquistare pagando un "bouquet" (acconto) compreso tra 40.000-150.000 euro, oltre ad una rendita vitalizia da pagare al venditore compresa tra 500 -2.000 euro mensili.


Ad esempio un immobile con un valore di mercato pari a 400.000 euro, il cui proprietario venditore, è una donna di 80 anni, si può acquistare con un bouquet di circa 140-150.000 euro più una rendita di circa 1000 euro mensili ovvero 12.000 euro annui. 

L'aspettativa statistica di vita del soggetto venditore in questione è di 10, 5 anni circa e perciò basta fare due calcoli per rendersi conto che entrambi i contraenti fanno un affare assai vantaggioso.
In Italia, dove è diffusa la forma della nuda proprietà interamente pagata all'atto, l'investimento è paragonabile ad uno zero coupon rapportato alla aspettativa di vita residua dell'occupante del bene.

In Francia non è così: l'atto di costituzione non è tassato e la rendita lo è in minima parte e dopo i 75 anni si è esentati.


Qualcosa però si sta muovendo:Tecnocasa aveva nel suo portafoglio, lo scorso maggio, 400 immobili in nuda proprietà mentre a Torino è nata Viager, la prima agenzia immobiliare specializzata in intermediazioni di nuda proprietà.


In breve tutte le caratteristiche

Chi vende l'immobile in nuda proprietà è di solito un anziano ma molto spesso, in Italia, si tratta di genitori che la vendono ai propri figli assicurando così il passaggio del patrimonio di famiglia senza tasse di successione. Oppure viene utilizzata tra coppie, per tutelare il partner più debole.
Chi vende non perde il godimento della propria abitazione, conservando quindi le proprie abitudini domestiche e la conoscenza del quartiere, così importante per gli anziani.
Intasca subito una somma significativa, anche se scontata, e si garantisce, nel caso di pagamento misto (acconto+vitalizio mensile a vita) un ingresso costante di liquidità (attenzione però, il vitalizio è tassato) non andando così a gravare su figli e parenti. In alcuni casi, aumentati con la crisi economica, i soldi servono agli anziani genitori per aiutare i figli adulti a mantenere la propria famiglia.
Chi vende può anche affittare la casa che ha in usufrutto, traendone ulteriore beneficio.
Chi compra è di solito un padre/madre di figli adolescenti, a cui si cerca di garantire una casa quando saranno adulti. Ha la possibilità di acquistare un immobile con uno sconto importante (dal 20% a punte del 40-50%), che diminuisce in relazione alla sempre maggiore anzianità del venditore e quindi alla probabilità più vicina di entrare in possesso della piena proprietà.
Chi compra ha un risparmio fiscale sulle imposte, di solito dovute da chi acquista, può beneficiare delle agevolazioni sulla prima casa e deve pagare solo le spese condominiali straordinarie.
La nuda proprietà non va inserita nella dichiarazione dei redditi. Ogni anno il valore della nuda proprietà si rivaluta in media del 3% che si somma alla rivalutazione naturale dell'immobile nel tempo.


VANTAGGI

- la nuda proprietà si può rivendere in qualsiasi momento;
- non si pagano Irpef, Ici e spese condominiali ordinarie, oltre alla manutenzione, che sono a carico dell'usufruttuario;
- le imposte da pagare (registro catastale e ipotecaria) sono calcolate soltanto sulla percentuale di rendita catastale attribuita tramite precise tabelle stilate dal Fisco. La nuda proprietà non va inserita nella dichiarazioni dei redditi;
- si può comprare una casa che altrimenti, visti i valori della case libere, non ci si potrebbe permetter;
- si può usufruire della agevolazioni prima casa;
- è un buon investimento nel lungo periodo.


SVANTAGGI
- l'usufruttuario può cedere in affitto la casa o vendere l'usufrutto. Per evitare la possibilità di avere in casa un ospite indesiderato, il nudo proprietario può chiedere di inserire nel contratto una clausola di prelazione;
- di solito queste transazioni sono pagate in contanti. Per avere un mutuo bisognerebbe far firmare anche l'usufruttuario che, difficilmente , si accollerà il rischio di pagare la rata qualora il nudo proprietario non la versasse;
- le spese di amministrazione straordinaria sono a carico del nudo proprietario;
- se l'usufruttuario decide di lasciare la casa e trasferirsi altrove (per esempio una casa di riposo) può chiedere una buonuscita;.
- si paga l'imposta di registro sulla costituzione di una rendita vitalizia e tassazione del vitalizio.

Fonte : Il Sole 24 Ore

giovedì 23 giugno 2011

Trasformazione del balcone in veranda : serve il Permesso di Costruire

Nuova conferma della Cassazione

La trasformazione in veranda di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali, non costituisce intervento di manutenzione straodinaria, ma è opera soggetta a concessione edilizia e attualmente a permesso di costruire. A confermarlo la recente sentenza n. 18507/2011 della Cassazione che consolida l’orientamento già espresso negli anni precedenti. Con il termine ‘veranda’ si intende un nuovo locale utilizzabile autonomamente, non è opera precaria e accresce il godimento dell’immobile.

Il caso
Nel caso esaminato, un privato sosteneva di aver eseguito interventi allo scopo di proteggersi da infiltrazioni d’acqua e affermava che successivamente al lavoro era stato chiesto un permesso di costruire in sanatoria. Inoltre a sostegno della sua tesi veniva riportata l’approvazione da parte del Comune della realizzazione di lavori relativi a copertura con pensiline e balaustre per la protezione di aree esterne.
Un accertamento successivo ha, però, potuto constatare che le infiltrazioni di cui il privato riferiva riguardavano un’altra parte dell’immobile e che il locale realizzato era destinato a deposito.

La pronuncia della Corte
Con Sentenza 18507 del 11 maggio, la Corte di Cassazione penale ha confermato che i lavori di chiusura di balconi e terrazzi necessitano di permesso di costruire. La Sentenza 18507 dell’11 maggio ribadisce pronuce precedenti sia della stessa Corte sia del TAR.
Secondo la Cassazione, “la trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a concessione edilizia ed attualmente a permesso di costruire”.
In conclusione la sentenza precisa: “Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà trattandosi di opera destinata, non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile”.

Fonte : Casa XP

L' Euribor supera a metà mese l'1,5%

Dopo più di due anni l'Euribor a metà mese è saltato oltre l'1,5 %

Aumenta il costo dei tassi interbancari a tre mesi, punto di riferimento per gran parte dei mutui a tasso variabile. L'Euribor a tre mesi, infatti, ha superato per la prima volta da 27 mesi la soglia psicologica dell'1,5% toccando un livello che non raggiungeva dal 31 marzo 2009. Il movimento, secondo gli analisti, si spiega con le attese di un progressivo rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce che a luglio, secondo quanto lasciato intendere dal governatore Jean-Claude Trichet, dovrebbe decidere un nuovo incremento dall'1,25% all'1,5 per cento.

Il rialzo degli indici Euribor prosegue lentamente da diversi mesi e, stando alle previsioni del mercato dei future sull'Euribor a 3 mesi (il Liffe di Londra) dovrebbero continuare a salire. Le ultime indicazioni "vedono" questo parametro al 3% nell'autunno del 2013.

Ne consegue che i mutui a tasso variabile continueranno a veder crescere le rate nei prossimi mesi. A tal proposito va comunque aggiunto che il divario attuale tra mutui variabili e fissi è ancora, sulla base delle nuove offerte in partenza, nettamente a vantaggio dei primi il cui costo si aggira intorno al 2,5% contro il 4,8%-5% del miglior fisso.

Antitrust indaga sulle polizze vita agganciate ai mutui ipotecari

Per l'Antitrust sono troppo costose

L'Antitrust che ha aperto un'indagine «su istituti bancari sospettati di subordinare nei fatti la concessione dei mutui alla sottoscrizione di polizze vita particolarmente costose». Lo ha detto il presidente Antonio Catricalà nella relazione annuale alla Camera. Nel settore bancario, ha spiegato, l'Antitrust «ha accettato gli impegni di Abi e consorzio Bancomat che hanno reso possibili riduzioni per le commissioni interbancarie fino al 36 per cento.

Sono ora sotto indagine le polizze vita che rientrano nell'ambito delle cosiddette polizze Cpi (Credit protection insurance), pacchetti assicurativi spesso proposti ai mutuatari per assicurare il prosieguo del piano di rimborso in caso di determinati eventi: decesso, invalidità permanente, perdita d'impiego, inabilità temporanea al lavoro, malattia grave.

Le nuove regole sulle polizze Cpi
Innanzitutto si tratta di polizze facoltative e, dal 1 giugno 2011, da quando è entrata in vigore in Italia la nuova direttiva sul credito al consumo, il costo di queste polizze deve rientrare obbligatoriamente nel Taeg (Tasso annuo effettivo globale, comprensivo degli interessi e di tutti gli oneri accessori agganciati al mutuo) qualora, come spesso accade, vengano poste dalla banca come condizione necessaria ai fini dell'erogazione del prestito.

I mutuatari, quindi, devono verificare il rispetto della trasparenza. Ma, in ogni caso, qualora decidano di coprire il rimborso del mutuo (su cui la banca è già coperta da un'ipoteca iscritta mediamente su un valore circa il doppio rispetto al capitale prestato) dal verificarsi di determinati eventi legati allo stato di salute e/o al lavoro non devono trascurare questi altri due elementi. 

Come prima cosa non sono obbligati a sottoscrivare polizze Cpi con la stessa banca che eroga il mutuo (in questo caso ovviamente il costo non andrà incluso nel Taeg). 

Inoltre, devono fare molta attenzione al capitolo costi, sul quale l'Antitrust ha appunto aperto un'indagine.

Come risparmiare
E' bene sapere che è più conveniente la soluzione a premio unico (solitamente aggiunta al costo del finanziamento complessivo e quindi implementato nel piano di ammortamento) rispetto a quella premi ricorrenti annui. 
Alcuni istituti di credito offrono polizze Cpi complete al costo del 10% del capitale prestato mentre si possono trovare analoghi pacchetti presso banche meno care o, appunto, compagnie assicurative compresi tra l'1 e il 3 per cento.

Un altro elemento da considerare in tema di Cpi, che fa ballare sensibilmente il prezzo, è il periodo di copertura. 
Si può scegliere infatti se assicurare l'intera durata del mutuo o anche solo un periodo. Questa seconda ipotesi abbatte di molto il costo della polizza e, considerando che nalla maggior parte dei piani di ammortamento "alla francese" applicati dalle banche italiane gli interessi si versano quasi integralmente nella prima metà del mutuo, non è una soluzione da scartare nell'otticca dell'ottimizzazione costi/benefici.

Indagine sui conti correnti
Oltre ai mutui l'Antitrust ha aperto un'indagine anche sui conti correnti. 
«Per valutare - ha concluso il presidente dell'Authority - gli effetti della riduzione sui prezzi allo sportello, abbiamo avviato una seconda indagine conoscitiva sui costi dei conti correnti».

Fonte: Il Sole 24 Ore

Affitti in nero : cosa può fare l'inquilino

Un interessante articolo apparso qualche giorno fa sul Sole 24 Ore indica agli inquilini come comportarsi in caso di affitti in nero

«Signorina, noi queste cose non dovremmo neanche saperle». La prima risposta era stata un po' spiazzante. Milano, ufficio delle Entrate di via Ugo Bassi. La circolare 26/E non era ancora arrivata (sarebbe stata pubblicata solo l'indomani) e tra gli impiegati allo sportello le idee non erano ancora chiarissime. Di fronte a loro c'era un'inquilina (una giornalista, in realtà) che dichiarava di pagare l'affitto in nero e voleva incastrare il proprietario. La promessa di quattro anni ad affitto super-scontato fa gola a tanti, figurarsi a una giovane precaria. Insistere con l'impiegato, però, serviva a poco: «L'unica cosa che lei può fare è denunciare il proprietario al Sunia, il sindacato inquilini».

Nel frattempo, a Roma, un'altra inquilina faceva le stesse domande a un altro ufficio dell'Agenzia. Quartiere Tuscolano, via di Torre Spaccata. A prima vista, bollette intestate e qualche assegno di pagamento non bastavano. «Bisogna avere un contratto, anche se non registrato, altrimenti come dimostra di avere un affitto in nero? A meno che non faccia una denuncia verbale...». Quando poi si faceva notare che si era lì proprio perché è il contratto a mancare, l'impiegato invitava l'affittuaria a ritornare il giorno dopo.


Detto, fatto: il giorno dopo le informazioni erano più dettagliate: «Lei deve fare una denuncia dove dichiara sotto la propria responsabilità che da una certa data in poi è affittuario dell'immobile, specificando tutti i dati, anche quelli del proprietario». L'impiegato spiegava che la denuncia non andava indirizzata all'ufficio territoriale, ma consegnata a mano o spedita alla direzione provinciale di Roma 2 in via Canton, ufficio controlli.

Bollette intestate ed eventuali assegni di pagamento possono essere allegati (in copia) alla denuncia. E il contratto di affitto «4+4» con canone ridotto? «Scatta in una fase successiva. Una volta registrata la denuncia, l'ufficio competente innesca un procedimento di accertamento nei confronti di chi ha omesso e non registrato il contratto. A seguito dell'accertamento da parte dell'ufficio dell'agenzia delle Entrate, poi, ci sarà obbligatoriamente la registrazione del contratto 4+4 con quelle connotazioni che prevede la nuova normativa».

La circolare 26/E prevede che l'inquilino possa addirittura registrare il contratto, ma questa opzione non era ancora stata prospettata dall'impiegato. Un minimo di assestamento, del resto, era indispensabile, perché la circolare era appena uscita e l'applicazione delle nuove norme poneva diversi dubbi operativi.

Il copione seguiva la stessa falsariga anche con il call-center delle Entrate. Alla prima domanda, l'operatore confondeva la riduzione del canone con il mancato aggiornamento Istat del canone. Spiegandosi meglio, però, arrivavano risposte e consigli: «Lei può denunciare il proprietario, venga nei nostri uffici portando qualche documento dal quale si possa accertare che in effetti lei vive lì». E se le bollette fossero intestate al padrone di casa? In questo caso l'operatore suggeriva all'inquilino di pagare la futura bolletta con una modalità "tracciabile" come il bonifico bancario.

Per mettersi in regola poche possibilità di scelta. In via Boglione, dall'ufficio territoriale del quartiere Collatino a Roma, ai proprietari che lo richiedevano, rispondevano che «l'unica strada è quella dell'auto-denuncia, con il relativo pagamento di tutto ciò che compete al locatore in nero». Quanto alla possibilità di evitare le sanzioni: «Non sappiamo ancora come funzionerà questo aspetto specifico». Stessa situazione negli uffici milanesi di via della Moscova, dove il locatore voleva regolarizzare un contratto di finto comodato d'uso: «In teoria dovrebbe stipulare un contratto di locazione facendolo partire dalla data vera», risponde l'operatore. E aggiungeva: «Se il comodato è iniziato da meno di due anni, con il ravvedimento può avere uno sconto sulla sanzione». E se invece il proprietario volesse registrare il contratto irregolare come se fosse a tutti gli effetti un nuovo contratto che parte dal 6 giugno? «A quel punto si assume un rischio e deve sperare di non essere scoperto».

La strada da percorrere per accertare l'evasione su denuncia dell'inquilino sembra tuttavia irta di ostacoli. Indubbiamente, chi occupa l'immobile ricava dei vantaggi notevoli in caso di registrazione tardiva degli accordi contrattuali. Proprio per questo motivo, tuttavia, la denuncia dell'inquilino, in quanto "troppo" interessata potrebbe essere poco credibile. E' strana pertanto l'affermazione contenuta nella circolare n. 26/E delle Entrate, secondo cui non è necessario che venga prodotto un atto scritto. Certo, il fatto che il denunciante sia in possesso dei dati catastali dell'immobile nonché dei dati anagrafici completi del proprietario potrebbe  deporre a favore della credibilità della segnalazione. Il possesso di questi elementi, però, dovrebbe essere considerato un mero indizio, e non una prova, poiché, a ben vedere, si tratta di notizie reperibili da altre fonti.

Inoltre, davanti alle Commissioni tributarie, che potrebbero essere chiamate a decidere sulla lite conseguente, non è ammessa la prova testimoniale (articolo 7, Dlgs 546/92). Le dichiarazioni rese da terzi, quindi, non assumono mai, da sole, un valore decisivo, dovendo trovare conferme, seppure indirette, su base documentale.

Sarebbe senza dubbio più corretto considerare la denuncia dell'ipotetico inquilino come segnalazione per far scattare una procedura di accertamento. Ed i mezzi istruttori a disposizione delle Entrate sono molto incisivi:  verifica dell'intestazione delle utenze, controlli bancari. È evidente che se da tali indagini dovessero emergere movimentazioni non giustificate dai redditi dichiarati, la circostanza potrebbe confermare la denuncia.

La difesa del proprietario, allora, non potrebbe limitarsi a richiamare l'articolo 3, del Dlgs n. 23/11, nella parte in cui sancisce la nullità dei contratti non registrati. Non si tratta infatti di nullità civilistica, poiché se così fosse, neppure la registrazione tardiva sarebbe in grado di convertire un negozio nullo. Si tratta, in realtà, di una sanzione di inefficacia temporale del contratto. La difesa dunque dovrà negare l'esistenza di qualunque occupazione dell'immobile in capo al denunciante oppure nel qualificarlo come comodato gratuito. Giustificazione che potrebbe risultare particolarmente debole qualora tra il proprietario e l'occupante non vi fossero rapporti affettivi o di parentela di alcun genere. Non è inoltre da escludere che alla controversia tributaria si affianchi quella davanti al giudice ordinario, per accertare la vera natura del rapporto tra le parti. Anche per contrastare il diritto dell'inquilino a pagare il canone calmierato pari al triplo della rendita. In questo caso, sarebbe più facile trovare le prove e gli esiti del giudizio potrebbero divergere da quelli del processo tributario.

Fonte: Il Sole 24 Ore

martedì 21 giugno 2011

Dati ipotecari e catastali : dal 1 settembre 2011 più semplice utilizzarli

Immobili, ok al riutilizzo dei dati ipotecari e catastali 

Per agevolare la circolazione degli immobili via libera al riutilizzo commerciale dei dati ipotecari e catastali. 
Diviene dunque possibile, a partire dal 1 settembre 2011, riutilizzare per finalità commerciali e non commerciali i documenti, i dati e le informazioni catastali e ipotecarie richiesti per scopi inizialmente diversi, con l'unico limite del rispetto della normativa in materia di protezione del dati personali (c.d. privacy). 
È questo il contenuto dell'emendamento inserito nel corso dei lavori parlamentari al dl sviluppo in tema di semplificazione delle procedure relative alla circolazione ed al trasferimento dei beni immobili. La novità normativa in commento si inserisce infatti all'interno delle norme finalizzate ad agevolare il settore delle compravendite immobiliare e precisamente dopo le semplificazioni introdotte dal dl sviluppo in materia di comunicazioni alle autorità di pubblica sicurezza. 

Così come già avvenuto per la cedolare secca sulle locazioni abitative una volta che il decreto sviluppo sarà entrato in vigore, la registrazione dei contratti di compravendita aventi ad oggetto beni immobili o diritti immobiliari assorbirà anche gli obblighi di comunicazioni alle autorità di pubblica sicurezza attualmente previsti dall'articolo 12 del dl n.59/1978 convertito nella legge n.191/1978. 

L'emendamento inserito durante l'iter parlamentare prevede dunque che oltre alla suddetta semplificazione, siano aboliti anche gli attuali divieti posti dall'ordinamento al riutilizzo commerciale dei dati catastali e ipotecari concernenti i beni immobili. Di fronte a tale novità sarà proprio la stessa Agenzia del territorio che provvederà a fornire documenti, dati ed informazioni anche in formato elaborabile, secondo modalità, costi e tempi che verranno precisati con apposito provvedimento direttoriale. 
Oltre all'abolizione del divieto di riutilizzo dei dati e documenti catastali e ipotecari l'emendamento prevede anche la soppressione dell'importo fisso annuale e della maggiorazione del 20% stabiliti a carico dei riutilizzatori commerciali appositamente autorizzati in deroga al suddetto divieto. Le disposizioni relative all'abrogazione del divieto di riutilizzazione commerciale dei dati inerenti gli immobili e dei relativi costi acquisteranno efficacia, si legge nel testo dell'emendamento al dl sviluppo, a decorrere dal 1 settembre 2011.

Fonte: MEF
Cassazione civile, Sezione 2, sentenza n. 12864 del 10.06.2011

L’apertura di luci sul muro contiguo al fondo altrui, sia esso di proprietà esclusiva o comune, assume carattere di precarietà e si fonda essenzialmente sulla tolleranza del proprietario del fondo confinante.

L’art. 904 c.c. infatti attribuisce al vicino il potere di chiudere le luci, purché egli ne acquisti la comunione del muro ovvero costruisca in aderenza ad esso, esercitando le facoltà previste, rispettivamente, dagli artt. 874 e 877 c.c.; e nel caso in cui il muro sia stato reso comune, la chiusura è consentita sempre che la costruzione avvenga in appoggio e consista in un edificio.

Secondo l’orientamento dominante in giurisprudenza, il possesso di luci, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all’acquisto per usucapione della relativa servitù di luce, in quanto quest’ultima non soddisfa il requisito della apparenza richiesta, appunto, per l’acquisto del diritto di servitù fondato sul possesso prolungato nel tempo.

In particolare, la servitù di luce (che è negativa, risolvendosi nell’obbligo del proprietario del fondo contiguo di non operarne la soppressione) non è una servitù apparente, perché l’apparenza non consiste soltanto nella esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all’acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino, in modo da far presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Né la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarità se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito dalla legge, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima (Cass. civ., Sez. Un., n. 10285/96).

Il principio anzidetto incontra un’importante deroga con riferimento all’apertura di luci nell’ambito del Condominio, elaborata dalla giurisprudenza e confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, le aperture di luci che si trovano all’interno di un edificio condominiale o comunque all’interno di un complesso immobiliare integrante una proprietà condominiale, a differenza di quelle che si aprono sul fondo aperto altrui, sono prive di quella connotazione di precarietà e di mera tolleranza che caratterizza le luci contemplate negli art. 901 - 904 c.c. Ne consegue che esse sono sottratte alla disciplina generale e che, in ordine alle stesse, è ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, la possibilità di acquisto della relativa servitù di luce per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

Per invocare a proprio favore la deroga al principio generale della non usucapibilità della servitù di luce ed aria, è necessario affermare e dimostrare la natura condominiale del muro e la partecipazione al Condominio del beneficiario e del proprietario del fondo servente.


Fonte : Consulenza legale condominio

Distacco dal riscaldamento centralizzato: se non provoca danni o aggravio di spese l’assemblea non può impedirlo

Dalla Corte di Cassazione arriva l’ennesima conferma: a determinate condizioni il condomino può rinunziare all’uso dell’impianto di riscaldamento centralizzato, sottraendosi così alle relative spese, senza che l’assemblea possa in alcun modo vietarglielo. 


Soddisfatte le condizioni richieste (dalla giurisprudenza), infatti, ogni diversa statuizione dell’assise condominiale sarebbe lesiva del diritto individuale sulle cose comuni del singolo comproprietario. Questo, in sintesi, il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 6481 dello scorso 22 marzo.

La storia del distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato trae le proprie origini da lontano. Se in un primo momento la giurisprudenza negava tale possibilità, in virtù dell’irrinunciabilità della proprietà delle cose comuni, più recentemente la stessa Cassazione, come i Tribunali di merito, ha mutato il proprio orientamento. Il tutto ruota sulla distinzione rinuncia all’uso, rinuncia alla proprietà. La prima è possibile e dà luogo all’esonero dalle spese d’uso del bene cui si rinuncia ma non a quelle di conservazione, la seconda non è mai consentita.

Quanto all’impianto di riscaldamento, che è poi il bene sul quale in tema di rinuncia all’uso s’è incentrata l’attenzione della giurisprudenza, la Cassazione è oramai costante nell’affermare che “ la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, né squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del servizio ” (così Cass. n. 5974/04).

L’assenza di squilibrio termico e di aggravio di spese per gli altri condomini può essere dimostrata tramite la relazione d’un tecnico specializzato che spieghi, tecnicamente ed esaustivamente, perché dal distacco non possano derivare simili inconvenienti.

Che cosa accade se nonostante tale dimostrazione l’assemblea deliberi di non autorizzare il distacco?

La risposta è contenuta nella sentenza della Cassazione, n. 6481, citata in principio. E' stato chiaramente affermato che " il condomino può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, e, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell'impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini" (Cass., n. 7518 del 2006; Cass., 5974 del 2004; Cass., n. 8924 del 2001). La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è, invero, affetta da nullità, e non da annullabilità, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (Cass., S.U., n. 4806 del 2005)" (Cass. 22 marzo 2011 n. 6481).

In sostanza di fronte ad un immotivato diniego l’interessato potrà impugnare la deliberazione in ogni momento per fare valere il proprio diritto al distacco.


Fonte: Condominioweb.com

Rischia il carcere chi parcheggia la propria auto in modo tale da impedire all’altro condomino di uscire dal cortile condominiale

Suprema Corte, V Sez. Penale, sentenza del 28 febbraio 2011 n. 7592

L’auto parcheggiata in modo tale da impedire all’altro guidatore di uscire dal cortile condominiale può portare alla condanna per violenza privata e al risarcimento danni .

L’effetto pratico della condotta addebitata è impedire per lungo tempo al vicino di allontanarsi da casa come invece egli avrebbe voluto.

Nella specie i Giudici della Suprema Corte hanno confermato la condanna nei confronti del proprietario dell’auto parcheggiata in cortile che senza dare nessuna spiegazione teneva “prigioniera” la vettura del vicino. Il proprietario, infatti, è sceso a spostare l’auto soltanto dopo un’ora, giustificandosi di non aver trovato le chiavi.

Fonte: Condominioweb.com

Il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali

Corte di Cassazione, con la sentenza del 15 febbraio 2011 n. 3705Occorre considerare che le clausole del regolamento condominiale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà incidono sui diritti dei condomini, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca (Cass. 13164/2001); ne consegue che tali disposizioni hanno natura contrattuale, in quanto vanno approvate e possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo necessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica: certamente, tali disposizioni esorbitano dalle attribuzioni dell'assemblea, alla quale è conferito il potere regolamentare di gestione della cosa comune, provvedendo a disciplinarne l'uso e il godimento.

Ciò posto, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva (12028/1993). Dunque in linea di massima la clausola in esame è valida solo se assunta all'äunanimità.



Fonte: Condominioweb.com

Assemblea generale ed assemblea del condominio parziale

Assemblee di condominio: quando convocarle e che cosa decidono

Il condominio può essere definito sotto due punti di vista:
a) per ciò che concerne gli aspetti inerenti la proprietà quale particolare forma di comunione nella quale sussistono al fianco delle parti di proprietà esclusiva (le unità immobiliari) delle parti di proprietà comune (quelle indicate, in via esemplificativa, dall’art. 1117 c.c.); 

b) dal lato gestionale come insieme di persone (ente di gestione come dicono, pur non unanimemente, la dottrina e la giurisprudenza) che hanno competenza a decidere sull’amministrazione dei beni tra loro in comune. 

Nell’ambito di uno stesso condominio è plausibile rinvenire dei beni che non siano di proprietà di tutti i condomini. Al riguardo, con riferimento alla ripartizione delle spese, l’art. 1123, terzo comma, c.c. precisa che “ qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”. 

Si tratta del così detto condominio parziale. 

Secondo la giurisprudenza l’importanza di questa figura non può essere limitata ai soli aspetti afferenti la suddivisone dei costi avendo altresì valore per ciò che concerne una serie di altre vicende.

In tal senso, si legge in una pronuncia della Cassazione, “ numerose ed evidenti sono le conseguenze operative del condominio parziale. Alla differente attribuzione della titolarità, si riconducono implicazioni considerevoli per quanto attiene alla gestione ed imputazione delle spese. Relativamente alle cose, ai vizi ed agli impianti,dei quali non hanno la titolarità, per i partecipanti al gruppo non si pongono questioni di gestione e di obbligazioni di contribuire alle spese. In particolare, non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni, che della delibera formano oggetto e non sorge l'obbligazione di contribuire alle spese” (Cass. 27 settembre 1994 n. 7885).

In questo passaggio della succitata pronuncia si leggono due aspetti di fondamentale importanza. Si pensi al condominio Alfa composto da due scale, Gamma e Beta. Tizio e Caio, insieme ad altri, abitano la prima. Mevio, Sempronio e altri condomini la seconda. 

Se il titolo d’acquisto (atto di compravendita o regolamento contrattuale debitamente trascritto presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari) non dice nulla, i primi due condomini ed i loro vicini dovranno essere considerati proprietari della scala Gamma e gli altri citati di quella Beta. Ciò vuol dire che per tutte le decisioni afferenti questioni che hanno effetto solo per una scala (es. pulizia scale, tinteggiatura muti interni, ecc.) dovranno essere convocati esclusivamente i condomini proprietari di quelle parti comuni. L’assemblea generale avrà competenza per le vicende riguardanti il condominio nel suo complesso (es. nomina amministratore). Il tutto potrà avvenire anche nell’ambito di una singola riunione ma il diritto di voto andrà valutato in relazione ad ogni singolo punto all’ordine del giorno messo in discussione.

Fonte: Condominioweb.com

Cedolare secca e super-sanzioni

Entrate in vigore con la cedolare secca anche le super-sanzioni
Il termine concesso agli ultimi "pentiti" é scaduto il  6 giugno scorso. Da martedì 7 giugno, infatti, contro i proprietari che affittano case in nero sono operative le super-sanzioni introdotte insieme alla cedolare secca dal decreto sul Fisco municipale.

In pratica, chi viene scoperto a percepire un affitto non dichiarato dovrà riconoscere all'inquilino un canone a prezzo di saldo, inferiore fino al 90% rispetto ai valori di mercato. Il tutto per quattro anni a partire dalla registrazione del nuovo contratto, rinnovabili di altri quattro.

La regola non lascia scampo, perché il nuovo canone sarà pari al triplo della rendita catastale – indicatore dal carattere archeologico – e terrà così gli introiti del proprietario lontanissimi dai livelli di mercato, traducendosi in una perdita di svariate migliaia di euro sulla distanza dei quattro (o degli otto) anni. Nelle intenzioni del Governo la stangata dovrebbe far cambiare abitudine ai tanti italiani (almeno 500mila, secondo le stime più prudenti) che ogni anno nascondono i propri redditi da locazione all'Erario.

Ecco alcuni esempi che possono aiutare a disegnare bene i termini del problema: 

- chi dà in locazione un bilocale a Roma, in una zona semi-centrale, come per esempio nei dintorni di corso Trieste, chiede al proprio inquilino 1.200 euro al mese. Se non li denuncia tutti con puntualità e viene scoperto, il canone sprofonderà a 165 euro al mese, con un taglio d'ufficio che sfiora i 50mila euro nel corso della durata del contratto. 
Conseguenze simili si incontrano a Milano, mentre la differenza fra i canoni di mercato e quelli che sarebbero imposti dal Fisco si attenua un po' nelle altre città, pur rimanendo sempre salata per l'eventuale "colpevole".

In pratica, il peso reale di questa sanzione dipende dall'incrocio di due fattori: il tasso di aggiornamento delle tariffe d'estimo, su cui si calcola la rendita catastale, e i livelli di mercato. Questo spiega, per esempio, il fatto che la sanzione dell'affitto calmierato, se confrontata con quella delle altre metropoli, sia un po' più leggera a Torino, dove i valori catastali sono più elevati della media e il mercato chiede cifre decisamente più contenute rispetto a Milano o a Roma. Molto dipende anche dalle caratteristiche del singolo immobile: se l'edificio è di recente costruzione, o se il proprietario ha fatto rilevanti lavori di ristrutturazione e ha aggiornato la rendita, la differenza rispetto ai valori correnti sarà più contenuta. 
Una sanzione così com'è congegnata dovrebbe avere un doppio effetto: oltre al deterrente per i proprietari, infatti, c'è l'incentivo alla denuncia da parte degli inquilini, che additando l'evasore all'Erario riuscirebbero a ottenere un mega-sconto almeno quadriennale sull'affitto da pagare. 
È il "contrasto d'interessi", da anni evocato come arma finale contro il nero immobiliare e oggi arrivato al debutto ufficiale. Nemmeno ora, però, le cose appaiono così semplici: a parte le iniziali incertezze degli uffici, che potrebbero benevolmente essere spiegate con la novità del meccanismo, tutto dipenderà dalle carte che avrà in mano l'inquilino.

Chi riscuote un canone completamente ignoto al Fisco, spesso ha l'accortezza di non intestare all'affittuario nessuna utenza, proprio per non lasciare tracce, e di farsi pagare solo in contanti.

E naturalmente pochissimi padroni di casa sono così ingenui (o sprovveduti) da firmare e consegnare all'inquilino le ricevute di pagamento o addirittura la copia cartacea del contratto non registrato. 

Per superare questa impasse, la circolare 26/E dice chiaramente che l'inquilino può registrare di propria iniziativa il contratto d'affitto, e quindi far scattare il canone scontato, anche «in assenza di un apposito contratto scritto». E questo anche se si tratta di evidenziare l'esistenza di un canone reale più elevato di quello dichiarato al Fisco. In entrambe queste ipotesi, però, l'inquilino deve presentare all'ufficio una denuncia in doppio originale e il «modello 69» compilato. Il che vuol dire possedere i dati catastali dell'immobile affittato e i dati anagrafici del proprietario. Altrimenti, se mancano gli elementi per compilare il modello, l'unica via appare quella di una segnalazione alle Entrate, che poi faranno le proprie indagini ed eventualmente emetteranno un avviso di accertamento, registrando d'ufficio il contratto super-scontato.
Ma in questo caso, è ovvio, i tempi si allungano.

Inoltre, bisogna considerare le possibili difese del proprietario: 50mila euro di mancati guadagni valgon bene una causa, e un bravo avvocato potrebbe comunque tentare di contestare la natura del rapporto sotto il profilo civilistico e dire, ad esempio, che l'inquilino non era un vero inquilino, ma solamente un ospite.

Fonte : Il sole 24 Ore

Il mercato immobiliare tedesco

Perché acquistare immobili in Germania
Acquistare oggi immobili in Germania è molto vantaggioso, per il semplice motivo che i prezzi e gli interessi sono bassi. Oggi è possibile acquistare immobili a Belino e in quella che era il Germania dell’Est a prezzi molto favorevoli, contrariamente alla Germania occidentale, dove i prezzi degli immobili sono molto più alti. 

Questa situazione è causata dal fatto che l’interesse nell’ acquistare i immobili in quella che precedentemente era la Germania est è stagnante a causa della disoccupazione molto alta. Inoltre, al momento della riunificazione delle due Germanie si pensava che molta gente, specialmente politici, membri del Parlamento, si sarebbe trasferita a Berlino, che nel frattempo era ritornata ad essere la capitale. Questa massiccia immigrazione nella nuova capitale però non è avvenuta e come conseguenza si è venuta a creare un’offerta enorme di immobili che per il momento sono vuoti: secondo l’associazione degli agenti immobiliari tedeschi vi sono nella sola città di Berlino 140.000 appartamenti vuoti e nel resto della Germania est ca. 1.000.000. 

Come conseguenza della grande offerta i prezzi sono bassissimi. 

Come esempio si può citare un appartamento di due locali, con una superficie di ca.75 mq., completamente rinnovato, in vendita per un prezzo di euro 70.000, prezzo di molto inferiore a quello necessario per acquistare un appartamento a Roma o a Milano. 

Dato che Berlino, nonostante la crisi economica attuale, è la capitale della Germania si ritiene che i prezzi aumenteranno notevolmente nei prossimi 10 anni e si avvicineranno al livello delle altre capitali europee. Il tasso degli interessi oggi è basso ( sotto il 5%), i prezzi sono spesso trattabili e pertanto vi sono condizioni molto favorevoli per gli italiani che desiderano fare un investimento per esempio in vista della pensione, oppure usare l’appartamento per ferie, soggiorni di studio o per lavoro. 

Tuttavia fino ad ora pochi italiani hanno sfruttato questa possibilità. 

Per gli italiani il posto più conveniente per investire il proprio denaro è senza dubbio Berlino. È possibile raggiungere Berlino in un’ora di volo da Milano e il biglietto d’aereo ha prezzi molto convenienti. Berlino è una grande città a carattere internazionale con una ricca possibilità di attività come shopping, musei, teatri, varietà, concerti ecc. Berlino è inoltre la città con la più vasta area di canali e vie d’acqua ed è la capitale più “ verde” d’Europa. I dintorni di Berlino sono inoltre altrettanto interessanti ed eccitanti come la città stessa e i molteplici canali e laghi che si trovano nei boschi appena fuori città danno la possibilità di fare passeggiate, escursioni e di navigare in barca a vela o in canotto. 

Un cittadino straniero può comprare un immobile in Germania senza stabilirci la residenza e senza avere un permesso speciale. 
Nel caso in cui l’immobile venga venduto entro 10 anni dall’acquisto deve essere pagata una tassa sull’aumento di valore della casa. 
Dopo 10 anni un privato può vendere l’immobile senza pagare alcuna tassa sull’eventuale aumento di valore dell’immobile. 
È possibile trovare l’immobile desiderato rivolgendosi ad un agente immobiliare. La lista degli agenti immobiliari tedeschi si trova sull’internet all’indirizzo: www.immobilien.de. È anche possibile trovare l’immobile desiderato direttamente consultando il sito: www.immobilienscout24.de. 

Quando si è trovato l’immobile, è consigliabile rivolgersi ad un avvocato, che è in grado d’assistere e consigliare negli aspetti giuridici della vendita. 
L’agente immobiliare ha infatti come compito solo quello di mostrare l’immobile e di mettere in contatto il venditore con il compratore, ma non di raccogliere o esaminare i vari documenti riguardanti l’immobile come per esempio copia del registro catastale e degli immobili.
Inoltre un avvocato esamina il contratto di compravendita e tutti i documenti annessi per accertarsi che tutto sia in regola. 
Si consiglia di contattare un avvocato di lingua italiana che assieme ad un avvocato di lingua tedesca è in grado di dare la migliore consulenza. Lo studio, il rogito e le eventuali ipoteche vengono elaborate dal notaio che in Germania viene scelto e pagato dall’acquirente, ma il notaio, in Germania come del resto in Italia, è neutrale e pertanto non dà consulenza a nessuna delle parti. Tutti i documenti e il rogito notarile sono in lingua tedesca. Quando il rogito è pronto, il notaio convoca le parti per la sottoscrizione. Il notaio chiede innanzitutto se tutti i presenti sono in grado di capire la lingua tedesca. Se così non è, deve essere nominato un interprete autorizzato per coloro che non hanno conoscenza del tedesco. Alternativamente puó essere nominato un procuratore che sottoscrive per conto di una o per entrambe le parti. 

I costi a carico dell’acquirente sono i seguenti: 
- Tassa da pagare allo stato tedesco al momento di trasferimento dell’immobile pari al 4%; 
 - Notaio: ca. 1,5% – 2,5% del costo dell’immobile; 
- Agente immobiliare: dal 4% al 6% del costo dell’immobile.
 A tali costi vanno aggiunti il costo della consulenza dell’avvocato e il costo di eventuali traduzioni oppure di un interprete presente all’atto notarile.

lunedì 20 giugno 2011

Comprare casa a New York : la procedura e i costi


Tutto quello che serve sapere per acquistare casa a New York


FIRMA DEL COMPROMESSO


Una volta selezionato l’appartamento ed aver raggiunto un accordo verbale sul prezzo di acquisto inizia la procedura di acquisto vera e propria. Nello stato di New York, la vendita di un immobile avviene attraverso più’ passaggi. La firma del Contract of Sale(letteralmente, contratto di vendita) e’ il primo di questi.
La funzione del Contract of Sale , pur nella diversa natura, e’ per certi versi paragonabile al compromesso in Italia. Nel Contract of Sale in pratica, il venditore si impegna a passare la proprietà’ del bene all’acquirente e quest’ultimo si impegna a pagare il prezzo pattuito al venditore. Solo una volta che il Contract of Sale e’ stato firmato sia dal venditore sia dall’acquirente le parti sono legalmente vincolate l’una con l’altra. Prima della firma di questo documento le parti possono disdire senza rischiare nessuna conseguenza qualunque precedente promessa fatta o accordo raggiunto. Per questo motivo, se l’acquirente non vuole correre rischi di veder sfumare l’affare, e’ importante non far passare troppo tempo tra il raggiungimento dell’accordo con la controparte e la firma del Contract of Sale, specie se si e’ riusciti a spuntare un prezzo vantaggioso per l’immobile.
Nel Contract of Sale si decidono in dettaglio tutti gli aspetti della compravendita: costi, tempi, modalità’ di pagamento, garanzie date all’acquirente, ed eventuali condizioni sospensive o risolutive quali ad esempio l’ottenimento di un mutuo. In questa fase e’ normale e altamente consigliabile essere assistiti da un avvocato di fiducia. L’avvocato infatti, oltre che negoziare per conto dell’acquirente le clausole del Contract of Sale preparato dall’avvocato del venditore, verificherà’ la regolarità’ della documentazione prodotta dal venditore. In particolare l’avvocato dovrà’ studiare l’Offering Plan (ossia il documento ufficiale che descrive l’immobile sia da un punto di vista legale che tecnico architettonico), depositato originariamente dal costruttore presso l’Attorney General (un alto funzionario statale con funzioni di garanzia e potere di certificazione, una sorta di notaio pubblico), nel quale sono contenuti i documenti attestanti l’abitabilità dell’immobile, il frazionamento e le dimensioni reali. L’avvocato verificherà inoltre l’esatto ammontare delle Common Charges (spese condominiali) e delle Real Estate Taxes(tasse sull’immobile).


VERSAMENTO DELLA CAPARRA


La firma del Contract of Sale viene normalmente accompagnata dal pagamento da parte dell’acquirente di un anticipo pari al 10% del prezzo di acquisto concordato a titolo di caparra.
L’avvocato ha un’ulteriore ed importantissimo ruolo nel proteggere l’investimento dell’acquirente. Detta somma pero’ non viene consegnata al venditore, ma viene versata su un Escrow Account (conto fiduciario) gestito dal proprio avvocato, il quale girerà’ la somma al venditore solo al momento della stipula dell’atto di passaggio di proprietà’, quindi solo a condizione che l’acquisto si sia concluso senza intoppi. In pratica, il versamento del denaro su un conto fiduciario gestito dal proprio avvocato permette all’acquirente di recuperare velocemente ed in sicurezza la somma versata qualora la compravendita dovesse saltare per colpa del venditore.


Anche se il corretto utilizzo del denaro versato sul conto fiduciario e’ garantito e sorvegliato dalla rispettata New York Bar Association (l’ordine degli avvocati dello stato di New York), e nonostante casi di malversazioni siano molto rari (un avvocato che non si comportasse correttamente con i soldi del cliente, oltre a perdere sicuramente la licenza necessaria all’esercizio della professione, rischierebbe severe sanzioni penali), e’ sempre consigliabile utilizzare un avvocato che abbia una buona reputazione e che sia abituato a lavorare a Manhattan (sconsigliamo un avvocato di Long Island o di Brooklyn, che, anche se meno cari, non hanno la reputazione dei loro colleghi di Manhattan). Il suggerimento che diamo ai nostri clienti e’ di farsi presentare un avvocato dalla loro banca di riferimento. Siamo comunque disponibili a fornire i contatti di diversi professionisti seri con i quali abbiamo collaborato nel corso degli anni, molti dei quali parlano perfettamente l’italiano.


Il venditore, una volta firmato il Contract of Sale, non può’ più’ tirarsi indietro e dovrà’ obbligatoriamente trasferire la proprietà’ dell’immobile all’acquirente. Da parte sua, l’acquirente rischia di perdere la caparra se per sua colpa non procede al saldo del prezzo di acquisto nei tempi pattuiti nel Contract of Sale.


PRESENTAZIONE DELL’ACQUIRENTE AL CONDOMINIO


A meno che non si stia comprando direttamente dal costruttore, il passaggio successivo alla firma del Contract of Sale consiste nella presentazione da parte dell’acquirente dell’Application (letteralmente ‘domanda’) al Condominio.


Con la Application l’acquirente chiede la rinuncia (Waiver) al diritto di prelazione (Right of First Refusal) sull’appartamento che desidera acquistare. Infatti, per legge, tutti i condomini hanno il diritto di prelazione sulle vendite all’interno del Condominio. Per concedere la rinuncia a tale diritto viene chiesto agli aspiranti condomini di completare un questionario abbastanza complesso e di produrre alcuni documenti contenenti informazioni sull’acquirente quali dichiarazione dei redditi e qualche lettera di referenze scritta da vicini, amici o parenti.


Questa regola esiste per permettere ad un altro condomino di impedire l’arrivo di un nuovo vicino, considerato per qualunque motivo indesiderabile, acquistando l’appartamento al suo posto. Non c’e’ pero’ motivo di preoccuparsi, infatti il diritto di prelazione, anche se esistente in teoria, in pratica non viene mai esercitato. Ad ogni modo, anche se si tratta di nient’altro che una noiosa formalità’, occorre dare con diligenza le informazioni richieste al fine di ottenere ilWaiver, senza il quale non si può procedere al passaggio di proprietà’.


La documentazione dell’aspirante acquirente viene presentata al Board (il consiglio di amministrazione del condominio) il quale si riunisce per votare la rinuncia alla prelazione. Questa fase, che può’ prendere un po’ di tempo specialmente d’estate, può’ richiedere dalle due alle cinque settimane.


Molti dei documenti da produrre per l’Application possono tornare utili se l’acquirente e’ anche intenzionato a cercare di ottenere un mutuo da un istituto bancario per finanziare l’acquisto dell’immobile.


ASSICURAZIONE DI PIENA PROPRIETA’


Prima di completare la procedura di acquisto, l’acquirente dovrà’ verificare la regolarità’ del titolo e l’assenza di pesi sullo stesso. L’assicurazione sulla piena proprietà del bene compravenduto e l’assenza di ipoteche, riserve fiscali o altro, che in Italia e’ garantita dall’intervento del notaio, negli Stati Uniti si ottiene acquistando una Title Insurance (letteralmente, “assicurazione sul titolo”).


La Title Insurance e’ un titolo assicurativo preparato da una primaria compagnia di assicurazioni la quale, dopo aver fatto tutte le verifiche nei pubblici registri che in Italia sono i notai a fare, assicura l’acquirente per l’intero ammontare del prezzo di acquisto contro il rischio di evizione. Con questo sistema l’acquirente ottiene una doppia garanzia: da un lato la Title Insurance certifica la piena proprietà’ del bene in capo al venditore e la libertà’ dello stesso da debiti, ipoteche o altri vincoli che perdurerebbero anche dopo l’acquisto; dall’altro lato la Title Insurance funziona come un normale contratto assicurativo con cui la compagnia che l’ha rilasciata si impegna ad indennizzare l’acquirente qualora irregolarità’ non scoperte con i controlli dovessero emergere in futuro.


Il costo della Title Insurance e’ regolato dai singoli stati e nello stato di New York varia tra lo 0,50% e lo 0,75% del prezzo di compravendita (e’ proporzionalmente più’ cara per gli immobili di minor valore). Anche in questo caso e’ il proprio avvocato a preoccuparsi di ottenere la Title Insurance.


STRUTTURA PROPRIETARIA


Prima di terminare l’acquisto, occorre aver deciso se si vuole acquistare in nome proprio, attraverso una società’ o intestare l’appartamento a terzi. In generale le alternative sono:


a) Acquisto a nome proprio o in comunione di beni (Joint Tenancy) con o senza diritto di accrescimento (Right to Survivorship)
b) Acquisto della nuda proprietà’ e separatamente dell’usufrutto (Life Estate)
c) Acquisto attraverso una LLC ( Limited Liability Company ), parzialmente paragonabile ad una Srl di diritto italiano
d) Acquisto attraverso una Corporation, parzialmente paragonabile ad una Spa di diritto italiano
e) Acquisto attraverso un fondo immobiliare o Real Estate Investment Trust (REIT)


E’ meglio farsi consigliare dal proprio avvocato e/o dal commercialista americano.


STIPULA E ATTO DI PROPRIETÀ’


L’ultima fase nella compravendita di un immobile consiste nel Transfer of Deed (trasferimento del titolo di proprietà’) dal venditore all’acquirente.


Una volta che il Waiver e’ stato rilasciato e dal controllo fatto per l’emissione della Title Insurance non sono emerse irregolarita’ o fatti non dichiarati dal venditore, l’acquirente trasferirà’ il rimanente 90% del prezzo di acquisto sul conto fiduciario gestito dal proprio avvocato. A questo punto l’avvocato si recherà presso lo studio dell’avvocato del venditore assieme al rappresentante della compagnia assicurativa che ha rilasciato la Title Insurance e utilizzando i fondi trasferiti dall’acquirente pagherà il saldo dovuto. In cambio del prezzo pattuito, l’avvocato riceverà’ il titolo di proprietà (Deed) che la compagnia assicurativa, coordinandosi con l’avvocato, provvederà’ a far registrare presso gli uffici pubblici competenti assicurando cosi’ all’acquirente la piena proprietà’ dell’immobile.


Per la stipula finale non è necessaria la presenza dell’acquirente il quale può delegare al proprio avvocato anche il compimento di questa fase. Le deleghe possono essere rilasciate anche dall’Italia e trasmesse a New York utilizzando i servizi notarili dei consolati americani all’estero.


LE TASSE DA PAGARE


Le tasse che normalmente ricadono su un investimento immobiliare a New York sono cinque:


1) Transfer Tax – viene pagata dall’acquirente solo quando a vendere è un promotore (developper) e quindi si tratta di un primo frazionamento – Negli appartamenti acquistati da una rivendita ( preowned) – la tassa è pagata dal venditore – L’importo, comprensivo di tassazione cittadina, statale e federale è di circa l’ 1,85% e si paga una sola volta alla stipula.


2) Se il bene compravenduto è scambiato a un prezzo uguale o superiore al milione di dollari, alla tassa di trasferimento si aggiunge la ‘Mansion Tax ’ (Tassa sul Lusso) pari all’1% del prezzo di vendita; la Mansion Tax è pagata sempre da chi acquista ; anche questa tassa si paga una sola volta alla stipula.


3) Tasse locali o Real Estate Tax, note come R.E. T. (equivalenti alla nostra ICI) – sono pagate semestralmente dal proprietario; il loro importo varia a seconda dell’ampiezza dell’appartamento, del lusso del palazzo, della posizione dello stabile. In alcuni nuovi palazzi – o in palazzi totalmente ristrutturati – è possibile usufruire di un abbattimento decennale delle tasse che quindi risultano inizialmente molto basse – in media le tasse immobiliari in un palazzo di lusso variano tra i 90 e i 120 $/mq per anno. Le tasse inizialmente abbattute entrano a regime gradualmente nel corso di 10 anni ma si puo’ sapere da subito quale sarebbe stato il loro valore senza abbattimento – e’ un’informazione molto importante perche’ quasi sempre i palazzi che godono di un abbattimento fiscale iniziale hanno delle tasse finali molto alte. Alcuni palazzi dove risiedono affittuari in equo canonei godono di tasse immobiliari piu’ basse relativamente alla categoria del palazzo. L’importo delle tasse immobiliari iniziali e a regime e’ un elemento indispensabile di valutazione dell’appartamento perche’ due appartamenti pressoche’ identici possono avere tasse immobiliari molto diverse.


4) Tasse sul Reddito ( Income Tax ): Le tasse sul reddito vengono pagate annualmente solo sulle proprietà messe a reddito e calcolate deducendo dal reddito lordo o canone di locazione le seguenti voci:
tutti gli interessi passivi
un ammortamento pari al 3,7% annuo del costo di acquisto per i primi 27 anni
tutte le spese di gestione, comprese spese condominiali, costi amministrativi e di gestione riparazioni, eventuali spese telefoniche, di viaggio, legali, pubblicitarie e tasse locali


In genere la somma di tutte le deduzioni rende il reddito imponibile molto basso se non nullo almeno per i primi 5 / 10 anni di proprieta’. Su questo (eventuale) reddito imponibile si pagano le tasse sul reddito che variano dal 28% al 37%


In Italia la legge richiede che il reddito imponibile, calcolato secondo la legge fiscale americana, quindi in genere molto limitato, sia denunciato in dichiarazione dei redditi unitamente alle eventuali tasse già pagate negli USA. 


5) Tassazione delle Plusvalenze ( Capital Gains Tax ): la plusvalenza è calcolata sommando al prezzo d’acquisto tutte le spese di acquisto comprese spese legali, eventuali ristrutturazioni, assicurazione di piena proprietà, ragionevoli spese legate all’acquisto (ad esempio viaggio aereo e permanenza in hotel durante la fase di ricerca) – e detraendo tutti gli ammortamenti utilizzati.


Sulla plusvalenza calcolata come sopra si pagano tasse federali del 15% per le persone fisiche e del 28% per le persone giuridiche piu’ altre tasse statali e cittadine che si aggirano complessivamente attorno al 14% della plusvalenza.


S A L V O avvalersi del ‘like kind exchange 1031’ ovvero salvo acquistare – ovunque negli Stati Uniti – un’altra proprietà simile a quella venduta e di valore non inferiore. In tal caso la tassa è rimandata alla vendita successiva; questa possibilità può essere usata più di una volta nel tempo; alcuni “fondi immobiliari” noti come TIC (tenancy in common) con reddito abbastanza alto – circa 7% medio – possono essere acquistati per avvalersi della ‘sospensione’ di tassazione. – A volte è possibile ottenere un prestito bancario garantito e pagato (collateralizzato) dai TIC – ottenendo quindi la liquidità che deriverebbe dalla vendita senza però pagare le tasse di plusvalenza fino alla vendita dei TIC.


Oltre alle tasse sopra elencate occorre considerare anche le seguenti tasse che si verificano solo in condizioni particolari:


6 Tassa di Registrazione del Mutuo (Mortgage Recording Tax): 2,8% dell’importo dell’eventuale mutuo. I mutui per legge possono essere ripagati in ogni momento senza penalità.


7 Alle tasse sopra elencate si aggiunge la Tassa di Successione (Estate Tax) che e’ molto alta per gli stranieri non residenti, e’ quindi importante pianificare bene questo aspetto con il proprio legale. Come indicato in precedenza la Vivaldi fornisce agli utenti iscritti all’ Area Clienti una serie di documenti confidenziali e riservati che, senza avere la pretesa di offrire una consulenza legale o fiscale, possono comunque aiutare l’acquirente ad inquadrare le alternative ed ottenere una maggiore efficienza nel discutere le possibili strutture proprietarie con il proprio avvocato e/o commercialista americano.


ALTRE SPESE


Oltre alle spese di carattere fiscale l’investitore dovra’ sostenere altre spese all’acquisto, durante il periodo di gestione e alla vendita


1) Spese legali: tipicamente per una residenza la parcella del legale varia tra i $3000 e i $5000 (di più per investimenti importanti) – N.B. quando si acquistano condomini in costruzione o comunque appena costruiti, occorrera’ studiare con particolare attenzione sia il compromesso che l’Offering Plan (Documento costitutivo del Condominio, che lo definisce nei dettagli sia da un punto di vista legale che tecnico architettonico, Depositato presso l’Attorney General che rappresenta un’autorita’ pubblica assimilabile al Prefetto). In questo caso i costi legali possono facilmente raddoppiare rispetto al caso standard.


Nel caso di acquisto attraverso una societa’ (Corporation, Inc., Limited liability company ) occorrera’ preventivare una spesa costitutiva addizionale di $ 4000 salvo il caso in cui siano necessari complessi patti parasociali, per il quale la parcella puo’ aumentare di molte migliaia di dollari.


2) Title Insurance (garanzia pagata una tantum sulla piena proprietà del bene, libero da ipoteche e vincoli) – la Title Insurance non è necessaria, ma consigliabile – ad un costo variabile, a seconda del valore di acquisto, trà lo 0,8% e il 0,5%. Una primaria società assicurativa garantisce la piena proprietà ed in caso di problemi, si assume l’onere di correggerli o reimborsare all’acquirente l’intero costo d’acquisto


3) Brokers fee (commissioni di agenzia): Chi acquista un appartamento a New York, di norma non paga alcuna commissione (le commissioni sono pagate dal venditore).


Per certe proprietà di importo rilevante, in genere interi palazzi e uffici, è comune che l’acquirente paghi il suo broker ed il venditore paghi chi lo rappresenta. Le commissioni in tal caso variano tra l’ 1% e il 2% del valore di acquisto e raggiungono il 3% per importi inferiori ai $ 10 milioni.


4) Processing Fees (Costi Amministrativi), si tratta delle spese legate all’ottenimento della rinuncia al diritto di prelazione del condominio (waiver). Si tratta di processing fees che variano molto a seconda del lusso del palazzo e in genere non superano i $ 3000 pagati una tantum all’acquisto. In genere il costo complessivo si aggira intorno ai $ 1000.


5) Nel caso in cui si accenda un mutuo occorrera’ pagare una Tassa di Registrazione (Mortgage Recording Tax) pari al 2,8% dell’importo ottenuto dalla banca; i mutui per legge possono essere ripagati in ogni momento senza penalità.


SPESE ALL'ACQUISTO DELL'IMMOBILE


1) Spese Legali: Gia’ elencate sopra.


2) Brokers fee (commissioni di agenzia): normalmente si tratta del 6% del prezzo di vendita per la vendita di singoli appartamenti; per importi alti (transazioni commerciali) la commissione viene riconosciuta dal proprietario solo al broker che lo rappresenta in importi variabili tra l’ 1% e il 3% mentre il broker che rappresenta l’acquirente sarà pagato dall’acquirente.


3) FIRPTA: Ai venditori stranieri lo stato richiede un deposito del 10% del prezzo di vendita che sarà restituito dopo pochi mesi avendo l’autorità verificato il pagamento di tutte le tasse dovute. Spesso l’avvocato potrà preparare le carte per tempo in modo che tale deposito possa essere evitato (waived).


4) Transfer Tax : si veda sopra.


SPESE DURANTE IL PERIODO DI POSSESSO DELL'IMMOBILE


1) Gestione condominiale (Common Charges o CC) : è pagata dal proprietario anche quando l’appartamento è locato; il valore dipende dai servizi del palazzo ed in genere comprende riscaldamento, acqua calda, a volte condizionamento, personale, assicurazione per le strutture comuni, etc. Si tratta di cifre importanti rispetto agli importi prevalenti in Italia (possono arrivare e superare i $ 10/mq per mese!)


2) Amministrazione: può essere conveniente appoggiarsi ad un’agenzia locale per la gestione del bene. L’amministratore si occupera’ dell pagamento di tutte le spese, la riscossione delle locazioni, la disponibilità locale a risolvere eventuali problemi – seguire ristrutturazioni, selezionare eventuali affittuari. La Vivaldi offre vari programmi – quello base prevede un costo mensile di $ 200 per appartamento.


3) Dichiarazione dei Redditi (Tax Return) : $ 500/anno per un privato, $ 3000/anno per una corporation.


4) Assicurazioni responsabilita’ civile e incendio : da $ 500 a $ 1000/anno.


5) Mance ai Portieri (Gratuities) e’ uso regalare delle mance di una certa entita’ al personale di servizio. Nei palazzi con 15 / 20 persone il totale delle mance puo’ essere di varie centinaia di dollari (non meno di 300).


Fonte: Vivaldi Real Estate