martedì 21 giugno 2011

Cassazione civile, Sezione 2, sentenza n. 12864 del 10.06.2011

L’apertura di luci sul muro contiguo al fondo altrui, sia esso di proprietà esclusiva o comune, assume carattere di precarietà e si fonda essenzialmente sulla tolleranza del proprietario del fondo confinante.

L’art. 904 c.c. infatti attribuisce al vicino il potere di chiudere le luci, purché egli ne acquisti la comunione del muro ovvero costruisca in aderenza ad esso, esercitando le facoltà previste, rispettivamente, dagli artt. 874 e 877 c.c.; e nel caso in cui il muro sia stato reso comune, la chiusura è consentita sempre che la costruzione avvenga in appoggio e consista in un edificio.

Secondo l’orientamento dominante in giurisprudenza, il possesso di luci, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all’acquisto per usucapione della relativa servitù di luce, in quanto quest’ultima non soddisfa il requisito della apparenza richiesta, appunto, per l’acquisto del diritto di servitù fondato sul possesso prolungato nel tempo.

In particolare, la servitù di luce (che è negativa, risolvendosi nell’obbligo del proprietario del fondo contiguo di non operarne la soppressione) non è una servitù apparente, perché l’apparenza non consiste soltanto nella esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all’acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino, in modo da far presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza. Né la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarità se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito dalla legge, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima (Cass. civ., Sez. Un., n. 10285/96).

Il principio anzidetto incontra un’importante deroga con riferimento all’apertura di luci nell’ambito del Condominio, elaborata dalla giurisprudenza e confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza in commento.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, le aperture di luci che si trovano all’interno di un edificio condominiale o comunque all’interno di un complesso immobiliare integrante una proprietà condominiale, a differenza di quelle che si aprono sul fondo aperto altrui, sono prive di quella connotazione di precarietà e di mera tolleranza che caratterizza le luci contemplate negli art. 901 - 904 c.c. Ne consegue che esse sono sottratte alla disciplina generale e che, in ordine alle stesse, è ipotizzabile, in favore di chi ne beneficia, la possibilità di acquisto della relativa servitù di luce per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

Per invocare a proprio favore la deroga al principio generale della non usucapibilità della servitù di luce ed aria, è necessario affermare e dimostrare la natura condominiale del muro e la partecipazione al Condominio del beneficiario e del proprietario del fondo servente.


Fonte : Consulenza legale condominio

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